OLTRE LA PENNA di… Giorgio Ponte

A casa mia gira da sempre una leggenda secondo la quale, quando ancora non andavo all’asilo, avrei chiesto a mia nonna il racconto di una fiaba nazional-popolare (di quelle che hanno conquistato una versione Disney, per intenderci), salvo poi interromperla a metà della narrazione.

“No, nonna, ti sbagli” pare abbia detto. “La storia non fa così”.

“E come fa?”

“Te la racconto io”.

E giù, con una storia completamente diversa.

Alla fine del racconto (di cui purtroppo la leggenda familiare non conserva traccia), mia nonna mi avrebbe chiesto dove avessi sentito una storia simile e io avrei risposto: “L’ho inventata io, nonna. Da grande voglio fare questo: raccontare storie. Voglio fare lo scrittore”.

“Bimbo mio, ma come, se non sai nemmeno scrivere?”

“E che problema c’è, nonna? Io detto e tu scrivi”.

Sorvolando sui chiari segni di squilibrio da delirio di onnipotenza che già allora mi caratterizzavano, vera o no la leggenda, è certamente vero che scrivere, per ciò che ricordo, è stata da sempre la mia più antica e duratura passione.

No, non scrivere: raccontare storie.

A prescindere da quale sia la propria leggenda personale, però ciò su cui oggi vorrei soffermarmi, è la domanda che secondo me ogni scrittore dovrebbe fare a se stesso prima di prendere in mano una penna (o aprire un pc), e decidere di dannarsi per un anno, un anno e mezzo, alla ricerca di un risultato soddisfacente.

Perché farlo? Perché scrivere, insomma?

Cosa c’è dietro questo bisogno di raccontare storie? Ammesso che di bisogno si tratti.

Autocelebrazione, notorietà, voglia di introspezione?

Ad esempio, molti in questi giorni mi stanno chiedendo cosa abbia portato il mio romanzo “Io sto con Marta!” a diventare un libro ‘vero’, da un semplice sogno di selfpublisher. Cosa ha spinto tante persone a leggerlo al punto da convincere un vero editore a investirci dei soldi?

Qualcuno si perde a far calcoli su quale genere sia meglio affrontare rispetto alle “esigenze del mercato”. Ragionamenti del tipo: una commedia in un momento storico duro come questo può vendere tanto; se poi le diamo un taglio da Chick Lit vuoi che non ci sia uno stuolo di gallinelle (come le vorrebbe il termine) pronte a leggerla e comprarla?

E tutte le volte che mi vengono poste queste domande mi ritrovo a spiegare che sì, forse è vero, forse parte del seguito di Marta è dovuto al fatto che sia anche una commedia . Ma non è per questo che io l’ho scritta.

O meglio non ho scritto una commedia sulla base del fatto che il mercato di oggi richieda commedie (cosa peraltro non necessariamente vera).

Io credo infatti che uno scrittore vero, ciò che io aspiro ad essere, non possa scrivere sulla base del mercato, ma sulla base della passione. Di più: nessun essere umano che si definisca tale, dovrebbe vivere se non in nome di ciò che lo appassiona.

È solo per la passione, infatti, che siamo pronti a giocarci la vita. Solo per passione siamo disposti a morire a noi stessi.

Ecco, la mia passione è la Speranza. Ho sempre voluto raccontare storie per questo: aiutare la gente a sperare; a credere che la vita riserva in sé un potenziale inespresso di Bene, che sta solo a noi cercare di cogliere.

Nelle storie, in ogni storia, questo potenziale c’è. Compito dello scrittore, secondo me, è quello di mostrarlo; sollevare il lembi della realtà per mostrare alla gente la trama che lega le nostre vite le une alle altre, e che complotta segretamente per aiutarci a conseguire il nostro lieto fine.

Così che le persone, leggendo, possano chiudere ogni libro con un maggiore senso di fiducia nella vita, e decidano di trovare il modo per essere protagonisti e autori della loro personale storia di speranza. Vorrei che chi scrivesse aiutasse sempre il lettore a credere nell’esistenza di un senso, anche in quelle esperienze che lo tengono inevitabilmente nascosto.

Se ciò che scrivi sarà mosso dalla passione, sarà quella passione che conquisterà il mondo.

Se scrivi per dare ciò che sei, la gente crederà in ciò che scrivi.

E tu? Perché lo fai?

giorgio ponte

Giorgio Ponte è diventato famoso grazie al suo libro autopubblicato “Io sto con Marta”, diventato un successo nel Febbraio 2014. Successivamente è passato alla Mondadori.

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