ROMANZI
«La scrittura della Vanderbeke è meravigliosa È davvero difficile sottrarsi al canto di questa lingua piena di grazia.» Berliner Zeitung
Che ci fa una costruzione di un famoso architetto giapponese, in una piccola e tranquilla cittadina del sud della Francia? Ci deve essere lo zampino della signora Choi che è arrivata dalla Corea con velleità imprenditoriali. Nessuno s’interessa inizialmente né al suo passato, né alle sue intenzioni. Indisturbata, e con grande abilità, la signora Choi trasforma in poco tempo una vecchia locanda in un tempio della cucina coreana per buongustai, il Bapguagup, attirando clienti da tutta Europa e, con il successo, l’invidia e la diffidenza dei nuovi concittadini. A qualcuno però non sfugge una strana coincidenza. E se la straordinaria carriera della signora Choi fosse legata alla strana catena di morti improvvise?
Mescolando sapientemente i miti del sud della Francia e la saggezza coreana, Birgit Vanderbeke scrive una raffinata storia criminale, con tono elegante e satirico. Dietro l’intrigo, quasi un pretesto, si affrontano temi di pressante attualità sociale e culturale, come la crisi economica, il consumismo sfrenato delle moderne società occidentali, la percezione e la difesa dell’identità e l’integrazione dei migranti e delle “altre” culture. “La straordinaria carriera della signora Choi” esce il libreria per Del Vecchio editore il 24 novembre.
Settembre 1938: una tempesta si abbatte sull’oceano indiano e quasi porta al naufragio la Ibis, una goletta a due alberi che per conto della Compagnia delle Indie orientali sta trasportando da Calcutta a Mauritius il suo lucroso carico: detenuti condannati ai lavori forzati. Quando il mare finalmente si placa, cinque uomini sono scomparsi: due lascari – i leggendari marinai delle più diverse etnie che lavorano al soldo dei colonizzatori inglesi – due prigionieri e uno dei passeggeri. Forse la tempesta ha messo fine anche alla vita di coloro che si trovavano a bordo della Anahita, una nave della stessa compagnia che trasportava oppio a Canton? E quale destino si è invece abbattuto sui passeggeri della Redruth, un possente brigantino a due alberi partito dalla Cornovaglia e diretto anch’esso a Oriente? Tra la varia umanità imbarcatasi sulle navi britanniche c’è Bahram Modi, un ricco commerciante d’oppio parsi partito da Bombay, il fratello per metà cinese Ah Fatt, l’appassionata di botanica Paulette e un eterogeneo mondo di altre persone in cerca di avventure e ricchezze. È stata la violenza della natura, del cielo e del mare, a deviare il tragitto delle loro navi, oppure questo era il loro destino, alla mercé di forze ancor più possenti? Le navi inglesi approdano infine sulle coste della Cina. A Canton e negli altri porti commerciali del grande paese asiatico scambiano i loro carichi d’oppio con scatole di tè, seta, porcellana e argento. E a nulla valgono i tentativi dell’Imperatore di fermare quei traffici della tremenda sostanza che rende schiava la popolazione e rischia, mese dopo mese, approdo dopo approdo, di distruggerla tra le volute del suo fumo. Tra i vicoli e i canali affollati della Canton del diciannovesimo secolo, europei e asiatici cercano di far fronte ai personali drammi di ciò che ciascuno di essi ha perduto – e qualcuno anche a una nuova, inimmaginabile libertà. Affascinante e coinvolgente secondo romanzo della trilogia dedicata alla nascita dell’India moderna,Il fiume dell’oppio è uno dei grandi libri della letteratura indiana contemporanea.
“Il fiume dell’oppio” di Amitav Ghosh, Neri Pozza editore. Dal 23 novembre in libreria.
“Quest’alba radioattiva” è un libro di Giuseppe Sofo edito da Las Vegas edizioni. Dal 23 novembre in libreria.
Un racconto d’amore crudo, vivo, radioattivo, come albe viste sempre dalla parte sbagliata, dalla parte di chi deve ancora andare a letto.
Una lettera senza francobolli con la quale il protagonista racconta a Greta tutto ciò che ha amato, luoghi, persone e cose, per dirle chi è stato fino al giorno in cui l’ha conosciuta, e chi sarà di fianco a lei.
SAGGI
“La decisione dell’arbitro deve essere presa d’istinto e deve essere istantanea. L’arbitro fotografa il momento e se lo imprime nella testa mentre accade. Se ne impressiona. Più aspetta a decidere, più cambie- rà il quadro, visivo e psicologico che gli si para davanti: il difensore non è più l’ultimo uomo, l’attaccante colpito si sta rialzando”.
Quando si entra in campo, gli occhi dei tifosi sono puntati sui 22 uomini in calzoncini corti,pronti a giocarsi il risultato. Poi ci sono gli altri 3, vestiti di nero, con il fischietto e le bandierine. Difficilmente qualcuno è andato allo stadio per loro eppure, senza di loro, nulla potrebbe avere inizio. Può sembrare un triste destino quello dell’arbitro, spesso capro espiatorio dei risultati negativi dei propri beniamini, sempre nell’occhio del ciclone nonostante la sua apparente invisibilità.
Uno dei più grandi arbitri italiani, Roberto Rosetti, conosce bene que- sto meccanismo e la sua ottima carriera sul campo ha vissuto un mo- mento difficile e delicato quando, durante i Mondiali sudafricani, un suo fischio mancato è diventato per un attimo il fischio più celebre del mondo. Argentina-Messico, ottavi di finale, gol dell’argentino Tevez, in fuorigioco ma convalidato: in un soffio cambiano le sorti di una partita e di migliaia di tifosi. Ma prima di arrivare a quell’istante della scelta c’è una vita, fatta di allenamenti, preparazione, lavoro e campetti di pro- vincia, fino alle grandi partite, ai successi e all’ultima, nuova avventura come responsabile degli arbitri in Russia.
In questo avvincente racconto, Roberto Rosetti ripercorre la sua storia. “Nessuno parla dell’arbitro”, dal 22 novembre in libreria. Add editore.
Il 23 novembre per Ponte alle Grazie editore esce in libreria “Finanza cattolica” di Ferruccio Pinotti.
Che il mondo laico cerchi il profitto a ogni costo potrà non piacerci. Ma che finanzieri osservanti, pii banchieri, uomini di Chiesa, esponenti politici che fanno pubblica professione di fede pratichino comportamenti economici che di caritatevole non hanno nulla, suscita forte repulsione in un’epoca in cui molte famiglie e individui non arrivano alla fine del mese. Sulla base di una rigorosa documentazione, Finanza cattolica racconta le vicende – clamorose e spesso inedite – di banche grandi e piccole, società, personaggi molto in luce o molto in ombra: tutti riconducibili al potere dei cattolici, cardine del nostro Paese. Dai casi scabrosi di molte casse rurali alle tante gestioni deviate di opere assistenziali, fondazioni e istituzioni religiose; dalla bancarotta Sindona alle vicende del Banco Ambrosiano, dallo IOR fino agli ultimi sviluppi della Popolare di Lodi; dai successi del grande patron della finanza cattolica Giovanni Bazoli ai disastri del governatore Antonio Fazio; dai depositi vaticani offshore, creati da Pacelli, Montini, Wojtyla e Ratzinger fino alla nascita di Berlusconi, vero miracolo delle banche cattoliche; dalle «guerre di religione» con la finanza laica al cinismo con cui sono state finanziate imprese decotte o venduti titoli spazzatura: un panorama completo, di grande leggibilità, che per la prima volta mostra un fatto di enorme gravità: ampi settori della finanza e dell’imprenditoria cattolica agiscono tradendo l’etica, in nome di una fede ogni giorno vilipesa.
Nel suo libro più arrabbiato, Luca Telese raccoglie la sfida di raccontare l’Italia ai tempi della crisi, e lo fa intrecciando la propria passione professionale, quella di un «giovane quarantenne» che ha firmato il primo vero contratto dodici anni dopo aver iniziato a lavorare, con le storie raccolte da un osservatorio privilegiato quale è quello del cronista. Ci guida nella terra dei precari, del popolo «viola» speranzoso e deluso, di quello «black» furioso e iconoclasta, di talenti e fuoriclasse, di creativi cassintegrati e di operai sbeffeggiati. Questo libro comincia con la sfida tra Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci, che è il primo grande confronto fra l’integralismo e l’informazione, l’anno zero della modernità e anche del giornalismo. Prosegue con un lungo viaggio, che conduce dai caratteri al piombo a Internet, la lingua del nostro tempo. Attraverso volti e narrazioni, delinea una ricetta, che è quasi un manifesto generazionale: oggi, non domani, è il momento giusto, per i giovani italiani, di tirare fuori l’amore (per quello che si fa, per quello che si è) e la rabbia, che non significa distruzione cieca, ma coraggio di volere il cambiamento. Solo così la speranza può tornare a vincere.
GIALLI E THRILLER
“IL RITRATTO DELLA PRINCIPESSA PIÙ SPREGIUDICATA E RIBELLE DELLA STORIA.”
Vienna nel xviii secolo è una delle città più affascinanti e ricche d’Europa. Maria Antonietta, la giovane arciduchessa d’Austria, è cresciuta qui, assieme a fratelli e sorelle, nel lusso più sfrenato e nella magnifica opulenza della corte imperiale. La sua è una vita fatta di balli, ricevimenti, feste; i suoi amici sono nobili e re, i suoi parenti decidono il destino di interi popoli. Ma quell’esistenza idilliaca è solo una menzogna, l’immagine di felicità e perfezione che la circonda non è che un vuoto inganno. Sua madre, la terribile imperatrice, è pronta a sacrificare persino i figli pur di soddisfare la sua sconfinata ambizione. E ben presto per la giovane principessa il tempo delle scintillanti serate di gala e dei magnifici banchetti finisce: le logiche del potere la obbligano a sposare un ragazzo goffo e scontroso, il futuro Luigi xvi, e a partire per la Francia. E la strada per diventare regina è lunga e disseminata di pericoli: nessuno è al suo fianco per aiutarla ad affrontare gli intrighi e le gelosie di corte, i nemici interni ed esterni, la rivoluzione. Maria Antonietta è sola, e ha un compito troppo grande. Il ritratto vero e appassionato di una donna che è diventata una leggenda nera, che ha suscitato odio e invidia, e ha cambiato il corso della Storia.
“Il diario proibito di Maria Antonietta” di Juliet Grey, in libreria dal 24 novembre per Newton Compton.
Svegliarsi e ritrovarsi chiusi in una stanza. Al centro della stanza c’è un tavolo e sopra il tavolo una valigia e dentro la valigia qualcuno che si divincola.
All’inizio la missione del protagonista è quella di scrivere e immortalare le gesta di quattro sadici. È l’unica possibilità, forse, per uscire vivo da quella stanza, per non finire lui stesso nella valigia. Ma da qui prende vita un gioco infernale fatto di vittime e carnefici senza distinzione, con continui colpi di scena, dove l’istinto di vendetta diventa l’unica risorsa disponibile e la libertà si guadagna solo accettando di perdere l’ultimo briciolo di innocenza.
“La notte raccolgo fiori di carne” è un libro di Giorgio Pirazzini edito dalla giovane casa editrice Las Vegas. Dal 23 novembre in libreria.
BAMBINI E RAGAZZI
Aldwyn è un gatto randagio che vive alla giornata nella terra di Vastia. Mentre sta scappando dalle grinfie di un accalappiagatti, finisce in un negozio che vende famigli, animali con poteri magici che da sempre aiutano i maghi e le streghe nelle loro avventure. Ma Aldwyn non sa nulla di magia: le sue uniche abilità sono rubare il pesce, dormire sui tetti, e scappare da cani e pescivendoli infuriati. Eppure, tra tanti altri animali, è proprio lui a venire scelto dal maghetto Jack che lo porta a Stone Runlet, dove il potente mago Kalstaff guida con la sua infinita saggezza e le sue arti una famosa scuola di stregoneria. Qui il micio conoscerà gli altri due giovani apprendisti di Kalstaff, Marianne e Dalton, con i loro famigli: una raganella verde, Gilbert, che dovrebbe avere la capacità di predire il futuro ma in realtà pensa solo a catturare mosche, e una ghiandaia blu, Skylar, saccente e altezzosa. Ma Kalstaff non avrà il tempo di insegnare ai suoi allievi tutto ciò che sa. Nel cielo appaiono tre stelle che danzano nella volta celeste. È il segno di un’antica profezia, che indica che tutta Vastia è in pericolo. Solo la forza e la magia di tre giovani eroi possono salvarla. E quando i maghi vengono rapiti, tocca al gatto randagio,alla raganella e alla ghiandaia partire per un’incredibile avventura,affrontando orrobestie furiose, streghe cannibali, occhi volanti e tutti i pericoli che la magia nera può scagliare sul loro cammino… I DIRITTI SONO STATI VENDUTI IN 13 PAESI. “The familiars” di Adam Jay Ebstein e Andrew Jacobson. Newton Compton.
VARI
«Io non sono un manager della ristorazione; non sono un architetto o un pittore del piatto; non sono micragnosa nelle porzioni… quando ci si alza dalla mia tavola si è sazi.» Ecco Anna Dente, in tutto il suo splendore di cuoca vulcanica, animata da una simpatia contagiosa e dalla gioia di fare bene il proprio lavoro: preparare da mangiare in modo verace, buono, indimenticabile per chi ha la fortuna di sedersi alla sua tavola.
Personaggio televisivo noto al grande pubblico (innumerevoli le sue ap- parizioni a programmi di cucina sui più importanti canali nazionali), Anna è però soprattutto una custode della tradizione della Cucina Ro- mana, una cucina povera, fatta di conoscenza attenta delle materie prime e di pochi piccoli segreti che rendono ogni piatto unico e straordinario. Al dente come Anna, scritto con il figlio Emilio Ferracci, non è un sem- plice ricettario, ma un percorso attraverso i sapori e gli ingredienti di tutti i giorni, per conoscerli e saperli abbinare al meglio. In simpatia: proprio come Anna. “Al dente come Anna” dal 22 novembre in libreria. Add editore.
Dopo le oltre 30.000 copie vendute con Gli ingegneri non vivono, funzionano! ecco il ritratto dell’ingegnere tipo alle prese con la paternità.
Fazi editore ci regala un’altra perla per mano di Federico Bellucci. Gli ingegneri, si sa, prendono le cose seriamente. E diventare padre per loro è la massima realizzazione possibile: in ballo c’è la creazione di un “oggetto” speciale. Dove i comuni mortali vedono solo un problema, l’ingegnere vede una sfida, un’opportunità, un modo di mettere a frutto le sue conoscenze e i suoi studi. Se troverete un ingegnere elettronico intento a studiare carte stellari ed ecografie pelviche, non preoccupatevi: sta solo calcolando quale sarà il giorno migliore per avere un figlio. E così per le visite specialistiche che gli permetteranno di verificare l’efficacia degli ultimi ritrovati di scienza e tecnologia. Divenuto padre, il parco giochi sarà il vero e proprio laboratorio per la rappresentazione pratica di molte delle teorie studiate al primo anno di università: il piano inclinato a pendenza variabile con variazione di energia cinetica (lo scivolo), il pendolo (l’altalena), la leva di prima specie con carico variabile (il dindolò). “La data del concepimento”, “La cameretta”, “Il lettino”, “Le storie della buonanotte” sono solo alcuni dei capitoli e degli argomenti affrontati in questo libro che ripercorre dal punto di vista degli ingegneri l’esperienza della paternità: Analisi e Progettazione, Realizzazione, Collaudo. Esilarante. “Gli ingegneri non procreano, costruiscono”. Dal 23 novembre in libreria.
“Italiani” di Livio Frittella. Neri Pozza editore. Dal 23 novembre in libreria. Esiste uno stereotipo dell’Italia e degli italiani? Domanda oziosa. Certo che esiste. Il nostro Paese visto dall’estero è tutto pizza, spaghetti, mandolino, mafia, mammismo, inaffidabilità, ecc. Visto dal di dentro, da noi stessi che lo abitiamo, è tutto furbizia, menefreghismo, individualismo, familismo amorale, disamore per le istituzioni, e chi più ne ha più ne metta. Lo stereotipo dunque esiste, eccome. E mai come nel caso di questo libro, tante voci autorevoli di letterati, studiosi, personalità di spicco – all’interno e all’esterno dei nostri confini – concorrono nel definirlo e nello smentirlo allo stesso tempo. Perché gli italiani sono imprevedibili e pieni di contraddizioni. Si va dalla «marmaglia miserabile» (Paul Klee) e dal «popolo senza sensibilità o immaginazione » (Percy Bisshe Shelley), dagli italiani che «passano il loro tempo a deridersi scambievolmente, a pungersi fino al sangue» (Giacomo Leopardi) e per i quali è normale «il cambiar facilmente bandiera, la servilità verso i grandi, la mendicità di pensioni e premi» (Giuseppe Prezzolini) al «popolo impressionante», «primogenitura dell’Europa» (Jacob Burckhardt), di cui si deve «lodare la naturalezza, l’animo schietto, le belle maniere» (Johann Wolfgang von Goethe), con il «numero di geni, innovatori, santi, eroi» sempre «notoriamente superiore alle nostre necessità nazionali» (Luigi Barzini) e dotato dell’«allegria di passeggiare sullo spettacolo dell’esistenza come primi attori o trionfali comparse » (Pietro Citati). Così, se da una parte c’è l’Italia dove «si viene in cerca della vita» (Edward Morgan Forster), che fa dire a Stendhal «provo un incanto, in questo Paese di cui non mi posso rendere conto: è come nell’amore», «bella, è fatta di uomini bizzarri e di eroi» (Mario Tobino), «Paese unico al mondo, di una bellezza e di una molteplicità e varietà incredibile» (Giorgio Bassani), dall’altra c’è l’Italia «caduta nelle mani della plebaglia» (Guy de Maupassant), «dove il carattere della gente appare mutato in misura così minima dai cambiamenti politici e tecnologici» (W.H. Auden), il «Paese ridicolo e sinistro» (Pier Paolo Pasolini), in cui l’unica cosa «che funziona è il disordine» (Leo Longanesi). Scorrendo gli alti e bassi descrittivi della nostra gente e del nostro Paese, si evince che siamo uno dei popoli più inclini a fare autocritica (Ennio Flaiano: «Dongiovanni sul piede di casa che all’estero si lamentano del cattivo caffè e a casa consumano più brillantina che carta»), più pronti a ridere sopra le proprie disgrazie (Paolo Rossi: «Quello che succede in Italia è più vicino alla scaletta di un musical»), più disposti – quando serve – ad esaltare le proprie non esigue qualità (Carlo Goldoni: «Italia in oggi dà regola nella maniera di vivere. Unisce tutto il buono delle nazioni straniere, e lascia lor tutto il cattivo»). E anche uno dei popoli più giudicati dagli osservatori stranieri: contraddistinto da «assoluta spudoratezza» (Arthur Schopenhauer) e da «generosità immensa, controllo totale» (Tim Parks), dal quale «si può imparare soltanto dopo aver buttato via ogni idea che ci si è fatti prima» (Ingeborg Bachmann) e che preferisce «il tangibile e il concreto al visionario e all’astratto, il definito all’indefinito, ciò che è dei sensi a ciò che è ideale» (John Addington Symonds). Insomma, italiani brava e cattiva gente al medesimo tempo. E, per questo, pieni di umanità e di fascino.
Tra una settimana un altro appuntamento con le nostre “Anteprime”!
Gli editori interessati a far segnalare i loro titoli in questa sezione della nostra testata sono pregati di contattarci all’indirizzo editori@gliamantideilibri.it.