ROMANZI
Molly Allen vive a Portland, ma il suo cuore è rimasto nel Tennessee, assieme all’uomo che ha lasciato anni prima. Ed è sicura che l’amore non tornerà mai più a bussare alla sua porta. Ryan Kelly vive a Nashville, ha il cuore spezzato e non riesce a dimenticare Molly e le ore meravigliose trascorse insieme, ai tempi del college, in una piccola, deliziosa libreria chiamata The Bridge: un luogo magico, fuori del tempo, dove rifugiarsi per leggere e per volare con l’immaginazione. E ora, proprio in quella libreria, dopo tanto tempo e diversi eventi che hanno colpito la vita di quel luogo tanto amato, il destino fa rincontrare Molly e Ryan e regala loro una seconda occasione per scrivere insieme il lieto fine della storia di cui sono protagonisti. Del resto, la libreria si chiama “The bridge” perché per il proprietario, e per i suoi clienti, i libri sono stati un “ponte” tra presente e passato, un elemento di svolta nella propria vita, una seconda opportunità. Pagine d’amore è un’incantevole favola contemporanea per chi crede ancora nel potere delle parole, delle emozioni e dei sogni. Per chi non vuole perdere la speranza. Per chi ama le deliziose vecchie librerie.
“Pagine d’Amore” di Karen Kingsbury, Tre60 editore.
Vengono qui raccolte, in prima traduzione per l’Italia, tutte le nove prose di Charles Dickens dedicate espressamente al tema poliziesco e pubblicate sulle colonne delle due riviste da lui dirette, «Household Words» e «All The Year Round» tra il 1850 e il 1867. L’autore di Oliver Twist si interessò moltissimo a questo tema e lo utilizzò per descrivere la sordida realtà della Londra povera e malfamata del suo tempo. Allo stesso tempo, in questi scritti Dickens illustra la nascita della moderna polizia inglese e i metodi di indagine investigativa adottati nel XIX secolo. I personaggi sono tutti reali e realmente esistiti, così come tutti i celebri casi giudiziari dell’epoca cui Dickens fa riferimento: ogni singolo aspetto che Dickens racconta era stato visto e spesso vissuto in prima persona. Narrativa e indagine giornalistica si incontrano e si mescolano a formare una lettura avvincente e di grande realismo, spietata nel descrivere quanto acuminata nell’evidenziare i problemi sociali dell’epoca. Inoltre, il lettore non faticherà a rintracciare in queste pagine temi e ambientazioni che Dickens riutilizzerà poi per i propri romanzi, in una sorta di interessantissimo laboratorio dello scrittore.
“Guardie e ladri, racconti polizieschi” di Chaarles Dickens, Clichy editore.
Un giovane e ingenuo studente di cinema si innamora di una dolce studentessa di psicologia. Fin qui niente di strano. È l’amore. E lui è convinto che sarà per sempre. Per questo abbandona tutto e si trasferisce in campagna, per vivere con lei e mandare avanti la fattoria di suo padre. «Quando si è innamorati, si diventa un po’ matti, e visto che un po’ matto lo ero già, ero capace di tutto. Se suo padre fosse stato un pescivendolo, mi sarei messo a fare il pescivendolo». Ma la felicità non è così a portata di mano e la vita non è come il cinema. La campagna è dura, è lenta, è morta. E l’amore a volte non basta a sopportare ciò che non ci appartiene. Abbandonando tutti i possibili clichés sul cittadino inadatto alla terra, sulla durezza del lavoro quotidiano e sulla solitudine dei contadini, Jean-Louis Fournier, un autore già amato dai lettori italiani, ci accompagna con delicatezza e humour in questo viaggio dentro il cuore della vita di campagna. E grazie alla sua abituale tenerezza, al suo spirito e al suo inarrivabile senso del romanzo, riusciamo a sorridere di questa situazione, quasi da incubo, nella quale il suo ingenuo e sognante eroe si è cacciato.
“Poeta e contadino” di Jean-Louis Fournier, Clichy editore.
Teo ha otto anni e, piú ancora dello Skifiltor, desidera una famiglia felice. Ma i suoi genitori litigano sempre, ogni battaglia quotidiana sembra persa. Cosí Teo decidedi combatterla lui, questa battaglia, al posto loro. Per sapere come vincerla però deve chiedere a uno che di battaglie se ne intende. Uno come Napoleone, la cui storia sta leggendo su un libro. Ma Napoleone è morto: come si fa a incontrarlo? E sarà in paradiso o all’inferno? L’inferno, tra l’altro, pare sia molto caldo, quasi come Porto Ercole d’estate. Pare sia sotto terra, ma allora perché quando fanno gli scavi per la metro non lo trovano? In paradiso invece ci arrivi con l’aeroplano privato di Dio, e solo se non dici parolacce. Poi san Pietro controlla se sei in lista. Teo bombarda gli adulti di domande disarmanti e traccia su un quaderno schemi dall’irresistibile effetto comico, per tentare di capire come funzioni: con la morte, il bene e il male, il silenzio di Dio. Il suo sguardo buffo ci mette davanti alle paure che non sappiamo affrontare. Prima fra tutte, quella di sentirci sconfitti.
“Teo” di Lorenza Gentile, Enaudi editore.
Nell’estate del 1959, un medico tedesco fugge da Buenos Aires e a bordo di una Citroën si addentra nel deserto della Patagonia, diretto a Sud. Lungo il percorso si imbatte in una famiglia argentina che attira la sua attenzione: il marito ha tratti indigeni, ma la moglie è di origine tedesca e i figli sono biondi con gli occhi azzurri, perfetti. Anche se la ragazzina, Lilith, è troppo piccola di statura per i suoi dodici anni. Eppure la sua esuberanza adolescenziale e il suo corpo minuto costituiscono un richiamo irresistibile per quel medico, che ha votato la sua esistenza alla perversa ossessione di realizzare la perfezione della razza: l’uomo infatti non è altri che Josef Mengele, rifugiatosi in Sudamerica dopo la disfatta del nazismo. Nonostante sia braccato dagli agenti del Mossad, più forte della paura di essere catturato è per lui la smania di tentare un ultimo, audace esperimento. E Lilith, lusingata da tanto interesse, è felice quando il forestiero decide di proseguire il viaggio insieme a loro, entrando con prepotenza nelle loro vite, giorno dopo giorno, fino a stabilire con lei una speciale complicità. In un crescendo di tensione, Josef si installerà con la famiglia di Lilith nella comunità di Bariloche, trasformandosi da ospite invadente in presenza indispensabile, all’interno di una rete di sospetti e connivenze sempre più soffocante.
“Il medico tedesco – wakolda” di Lucìa Puenza, Guanda editore.
Il David di Michelangelo è un po’ come Pinocchio; con le dovute differenze di grandezza e di materiale, s’intende, ma in sostanza resta un fantoccio di marmo con s e m b i a n z e u m a n e c h e v o r r e b b e struggentemente diventare una persona vera. In una notte buia e tempestosa alla Galleria dell’Accademia, il destino sembra concedergli un’opportunità, facendogli incontrare un’improbabile fata turchina del ventunesimo secolo, che per la testa ha tutt’altro che fiabe a lieto fine: Vera, ladra e appassionata d’arte, sfiora per un capriccio questo colosso di marmo e se lo ritrova davanti vivo, in carne e ossa, ma senza cuore. Da qui inizia l’avventura di una creatura scolpita nel 1504 catapultata nel Duemila, e di una ragazza che, suo malgrado, si deve fare carico di un uomo di pietra e aiutarlo a diventare un uomo vero.
“L’uomo di marmo, non dite che l’arte è senza cuore” di Miriam Ghezzi, Book Salad editore.
Anna ha sedici anni e vive nella Oslo di oggi. È una ragazzina come tante, con una fervida fantasia che la porta ogni tanto a isolarsi dalla realtà e un grande amore per la natura, unito alla preoccupazione per i danni che l’uomo sta facendo all’ambiente. Niente di grave, come assicura uno psicologo che la visita su richiesta della madre dopo che a scuola hanno segnalato la distrazione della ragazza. Eppure Anna fa strani sogni, uno in particolare, molto vivido, in cui incontra Nova, la sua pronipote che vive nel 2082 in un mondo completamente devastato dall’uomo. Ci sarà ancora una possibilità per la terra?
“Il mondo di Anna” di Jostein Gaarder, Longanesi editore.
Quando la piccola Hadiyyah scompare dalla sua casa di Londra non c’è nulla che il padre, il microbiologo professor Taymullah Azhar possa fare, visto che a portar via la piccola è stata la madre, che si è trasferita a Lucca per seguire il suo nuovo amore. Ma cinque mesi dopo la bambina sparisce davvero da un mercato della cittadina e sul caso si accendono i riflettori dei media. A indagare sul probabile rapimento della bambina è il sergente Barbara Havers, di Scotland Yard, che insieme al suo mentore e superiore Thomas Lynley dovrà affrontare una situazione delicata in cui si mescolano questioni razziali, difficoltà linguistiche e la determinazione di un magistrato italiano di trovare un colpevole a ogni costo.
“Un piccolo gesto crudele” di Elizabeth George, Longansi editore.
New York, notte. Jack Reacher è solo, come sempre e come ama essere, e si concede uno dei suoi vizi più grandi: un caffè caldo. Ma qualcosa attira la sua attenzione fuori dal locale, strani movimenti attorno a una Mercedes. Per tutti un episodio insignificante, ma non per Reacher, che ha un fiuto speciale per cacciarsi nei guai. L’uomo che si è avvicinato alla macchina è infatti Edward Lane, capo di un’agenzia di contractors, che sta pagando il riscatto per il rapimento della moglie e della figlia. Un milione di dollari, ma della sua famiglia nessuna traccia. Lane chiede aiuto a Reacher, che glielo darà nel solo modo che conosce, quello più difficile…
“Un passo di troppo” di Lee Child, Longanesi editore.
«Vuoi sposarmi?» Abby non ha dubbi: è Travis l’uomo che vuole accanto a sé per tutta la vita. Lui è l’unico in grado di leggerle dentro, l’unico a sapere cosa c’è nel profondo della sua anima. «Sì.» La risposta di Travis arriva direttamente dal suo cuore. Un cuore ferito. Un cuore che era chiuso in una corazza impenetrabile finché non è arrivata lei, Abby. Timida e silenziosa, ma la sua insicurezza nasconde in realtà un grande coraggio.Qualcosa di speciale unisce Abby e Travis. Qualcosa di intenso e indescrivibile. Ma lei sa bene che i guai non sono mai troppo lontani con un ragazzo come Travis nei paraggi. Per questo hanno davanti una sola scelta per realizzare il loro sogno: volare a Las Vegas. Quando il fatidico momento si avvicina Abby e Travis inaspettatamente sono nervosi. I loro dubbi si risvegliano all’improvviso: sono giovani e si conoscono da pochi mesi. E soprattutto, lui è il ragazzo sbagliato per eccellenza e lei una ragazza in fuga da sé stessa e da un segreto difficile da confessare. Eppure davanti all’altare, mano nella mano, occhi negli occhi, non c’è più nulla da temere. Ci sono solamente loro e tutto quello che li ha portati fin lì: quella scommessa da cui ogni cosa è cominciata, i tentativi di stare lontani l’una dall’altro, le promesse disattese, la scoperta di essere perdutamente innamorati. Finalmente sono marito e moglie, per sempre. Sono una cosa sola. E quando il passato tormentato di Travis arriva a chiedere il conto, insieme devono imparare ad affrontarlo. Abby è pronta a proteggere il loro amore contro tutto e tutti e Travis sa come ricambiarla. Perché l’oceano è pieno di onde, ma c’è sempre un porto sicuro a cui approdare.
“Un disastro è per sempre” di Jamie McGuire, Garzanti editore.
Adèle passeggia per le strade del suo quartiere a Parigi, e sembra fragilissima nel suo cappotto sbilenco di lana beige. Ha ottant’anni, e la città si schiude davanti ai suoi occhi come un paesaggio lontano ed estraneo: gallerie d’arte al posto di calzolai, corniciai e bot teghe passate per secoli di padre in figlio; corridoi di supermercati anziché la lun ga e rassicurante fila di negozietti di un tempo.
Sébastien, suo figlio, vive a Londra, dove continua a trascurarla e a non condividere con lei pensieri e affetti. Il giorno in cui, dopo il secondo ictus, suo marito se n’è andato, Adèle ha pianto, ma soltanto perché si è sentita colpevolmente sollevata. Era diventato irriconoscibile, come «una statua con gli occhi strabuzzati», ha osato confessare a Martha, la giovane donna che vive con la figlia di tre anni nell’appartamento affianco al suo. Fino a qualche tempo fa Martha era sposata e, da agente immobiliare, aveva la testa piena di nozioni di estimo, norme di diritto, leggi fiscali, regolamenti edilizi. Poi divorzio e disoccupazione hanno vinto per lei ogni altra combinazione di problemi.
Ora, dopo aver accompagnato la piccola Eline a scuola, fa colazione da sola con le calze ai piedi e le briciole dei biscotti della figlia sul tavolo.
Un modo come un altro per ritardare l’inizio della giornata. A volte se ne va al parco e a zonzo per il quartiere con Eline recitando filastrocche, cantando e rientrando col pane dell’ultima sfornata. A volte sale al piano di sopra dove rigoverna l’appartamento di Jacob Lundman, un uomo con una voce profonda e morbida e gli occhi così neri che la pupilla si confonde con l’iride. Adèle piace così tanto a Eline che la piccola non capisce perché non vivano insieme dato che abi tano sullo stesso pianerottolo, porta a porta, e dato che Adèle è sola e anche loro lo sono. Eline le lascia ogni tanto dei disegni sullo zerbino e Adèle risponde con cara melle, biglietti di ringraziamento o filastrocche che la bambina recita con la madre prima di dormire, come una preghiera. Adèle, Martha, Eline: tre donne sole e inquiete, alla ricerca di un posto del mondo dove stare e ritrovarsi o, come dice la più piccola delle tre, di una strada che le riporti a casa. La solitudine sembrerebbe irrimediabile, se l’amore, «il dolore più gran de e la più grande consolazione» secondo le parole di Adèle, non facesse nuovamente irruzione nella loro vita a indicare che è nel cuore che c’è una strada per Parigi.
“Dentro c’è una strada per Parigi” di Nòvita Amadei, Neri Pozza editore.
Nel 1937 Manuel Chaves Nogales approda a Montrouge, un sobborgo operaio alle porte di Parigi. Fugge da un Paese, la Spagna, dove è un tipo «perfettamente fucilabile» dai due contendenti in guerra: dai comunisti guidati da Mosca, e dai fascisti foraggiati da Roma e Berlino. È, come lui stesso ama definirsi, un «cittadino di una repubblica parlamentare e democratica» che, andata velocemente in malora, non concede altra scelta che l’esilio a un giornalista e scrittore figlio della piccola borghesia liberale sevigliana. A Montrouge, la République gli procura un appartamento popolare d’antico decoro dove sistemarsi con moglie e figli. Reportero di fama, autore di una brillante biografia di Juan Belmonte – il grande matador, il torero bohémien che frequentava artisti e leggeva Maupassant – Chaves si ritrova a Parigi «insieme agli scarti dell’umanità che la mostruosa macchina degli Stati totalitari va producendo». Un demi-monde di esclusi, reprobi, sconfitti: pope russi, ebrei tedeschi, rivoluzionari italiani. Accomunati tutti da «un obiettivo inaccessibile»: ottenere «una patria d’elezione, una nuova cittadinanza» nel Paese che, ai loro occhi, è «una creazione spirituale ottenuta in venti secoli di civiltà», il luogo dove impera da sempre «la fede naturale dell’uomo in ciò che è umano». Verranno traditi, e le pagine di questo libro costituiscono la cronaca diretta, vertiginosa, iconoclasta, scritta a caldo di tale tradimento che trova il suo culmine nel giorno di giugno del 1940 in cui le truppe naziste occupano Parigi, ma che ha un lungo e doloroso decorso.Nell’agosto del 1939, alla firma del patto Hitler-Stalin, la Francia scatena la caccia al Rosso e a tutto quanto gli assomigli. I comunisti, «sottoposti a inutili e costanti vessazioni da parte della polizia», vengono spinti nell’illegalità. Il 3 settembre 1939, dichiarata guerra alla Germania, indesiderabile non è più soltanto il Rosso ma lo straniero tout court, anzi lo sporco straniero, le sale métèque, la schiuma della terra, secondo la tetra espressione diventata poi il titolo del celebre libro di Arthur Koestler. Si internano antifascisti spagnoli, italiani, tedeschi, est-europei. E tutto precipita. Si sfascia. In una indolente apocalisse. Nell’«inumana indifferenza delle masse». La Francia, lo Stato «erede della civiltà greco-latina», crolla e scompare per sempre e il suo popolo cade in schiavitù «senza che l’autobus abbia smesso di passare a un’ora precisa». In un domenicale après-midi, mentre i nazistidilagano, a Parigi la gente sciama fuori dai cinema. In tempo per l’aperitivo al bistrot…
“Agonia della Francia” di Manuel Chaves Nogales, Neri Pozza editore.
Nella New York dei primi anni del secolo scorso, Lily Bart vive tra i sontuosi ricevimenti dell’alta società, i viaggi all’estero e i soggiorni nelle residenze degli amici. Le sue uniche doti sono la bellezza e l’intelligenza, che usa per muoversi in un ambiente ipocrita di cui vuole ostinatamente far parte e nel quale spera di trovare marito.Un sentimento forte e contrastato la lega a Lawrence Selden, giovane avvocato che vive del suo lavoro: Lily sa bene che non rinuncerebbe mai agli agi tra cui è cresciuta e che è stata educata a desiderare, tuttavia non riesce a staccarsi da lui. Inorridita dalla prospettiva della povertà, tenta di conquistare il rampollo di una celebre dinastia, ospite come lei di amici comuni, ed è allora che la parabola disegnata dalla sua vita tocca il culmine per poi iniziare un’inesorabile discesa. Incapace di vivere della rendita mensile che le passa la zia, la giovane donna si indebita al tavolo da gioco e chiede in prestito una consistente somma di denaro. La sua bellezza diventa arma di ricatto per gli uomini e motivo di cieca gelosia per le donne. Nel momento più tragico della sua vita, tuttavia, Lily acquista di colpo lo spessore di una figura eroica: la rettitudine e l’integrità morale, un tempo apparentemente insospettabili, le impediscono di vendersi al miglior offerente. Con una scrittura moderna e implacabile nell’indagare l’anima e la psiche dei suoi personaggi, Edith Wharton costruisce un romanzo dall’architettura narrativa perfetta, ritraendo impietosamente l’alta società newyorchese dei primi del Novecento, in un contesto di splendori e miserie umane attuale anche a distanza di un secolo, e dando vita a una delle figure femminili più luminose della letteratura.
“La casa della gioia” di Edith Wharton, Neri Pozzi
Mancano poche settimane a Natale, quando una donna cerca di fuggire a un misterioso inseguitore, infilandosi nelle gallerie della metropolitana di una Oslo buia e fredda. Quello stesso giorno, dalle gelide acque del porto viene ripescato il corpo senza vita di Sveinung Adeler, giovane funzionario ministeriale impiegato al dipartimento delle Finanze. Aveva trascorso la sera precedente a brindare in un locale, forse aveva bevuto troppo? Potrebbe essere scivolato dal pontile? La polizia dubita che si tratti di un incidente: si dice che Adeler stesse lavorando a un delicato rapporto destinato al Fondo petrolifero norvegese, uno dei più ricchi del pianeta; e pare che a festeggiare con lui, poco prima che finisse nell’acqua a meno venticinque gradi, ci fosse una donna, un noto membro del Parlamento. È Lena Stigersand, il nuovo ispettore al fianco di Gunnarstranda, a occuparsi delle indagini. Poco più che trentenne, Lena è un’attraente poliziotta dai capelli rossi, temprata da lunghi allenamenti sulle piste da fondo, che l’amore per un giornalista fascinoso e imprevedibile rende ora vulnerabile. Una magnifica figura femminile, dolce e tenace, capace di affrontare gli ostacoli con determinazione e di rialzare la testa anche dopo i colpi più duri. Il caso è delicato, sono coinvolti personaggi di spicco, ma Lena vuole la verità, per quanto scomoda possa rivelarsi.
“Il corpo di ghiaccio” di Kjell Ola Dahl, Marsilio Editori.
Il Pubblico Ministero Jakob Dekas, al riparo dal caldo umido che attanaglia Bolzano in pieno agosto, riceve una visita inattesa: è Milena Roman, ancora una volta a chiedere aiuto. Il suo ex fidanzato è uno stalker, le dà il tormento, la tempesta di telefonate, si apposta sotto casa, compare e scompare sul bus ogni giorno. Per Dekas si tratta di un caso seccante: l’uomo in realtà non commette alcun reato. Dopo alcuni mesi, il cadavere del vecchio Otto Pixner viene ritrovato in pieno inverno nel giardino di Villa Clemens, residenza del noto avvocato Lukas Plattner, amico fidato con cui condivideva la passione per il gioco d’azzardo. Un malore, e l’assideramento durante la notte. Tutto normale, se non fosse per un sospetto del medico di base del vecchio che chiede l’autopsia. Pixner godeva di ottima salute. Mentre Dekas è impegnato a risolvere il caso Pixner, una mitomane si fa largo nella sua vita professionale. Una giovane donna che accusa un prete di aver abusato di lei quando era ancora ragazzina. Per molti anni la violenza sarebbe rimasta confinata in chissà quale meandro nascosto del suo cervello, per poi riaffiorare gradualmente, grazie all’aiuto di una psicoterapeuta. Cosa hanno in comune tre casi all’apparenza slegati? Cosa si nasconde dietro la bellezza incantata dell’enrosadìra delle Dolomiti, tra le pieghe di una società moralista e politicamente corretta?
“ Ovunque tu vada” di Katia Tenti, Marsilio Editori.
Siamo attorno all’anno Mille. Emma di Normandia ha quindici anni quando attraversa la Manica per andare in sposa al vecchio re Etelredo d’Inghilterra, mai incontrato prima. Circondata da cortigiani ostili e intriganti, con un marito che non le dà fiducia, figliastri gonfi di risentimento, una ammaliante rivale che aspira alla sua corona, Emma deve difendersi contro minacce di ogni genere. Per far ciò, intesserà alleanze con uomini influenti e conquisterà l’affetto del popolo inglese. Ma il crescente amore per un uomo che non è suo marito e il pericolo di un’invasione vichinga metteranno a rischio la sua vita e la sua posizione. Al centro del desiderio di quattro uomini potenti, Emma dovrà saper trovare la via che cambierà il corso della Storia.
“L’ombra sulla corona” di Patricia Bracewell, Sonzogno editore.
La sera del primo settembre 1814, una giovane donna sbarca all’isola d’Elba. È la contessa polacca Maria Walewska, arrivata in incognito per incontrare l’uomo che l’ha amata: Napoleone, in esilio sull’isola da qualche mese. Si ritrovano per una notte, che trascorrono insieme sulle alture di Marciana Marina, nella tenda dell’imperatore. È la notte dei ricordi, dei rimpianti, dei sogni struggenti. Napoleone si prepara a riconquistare la Francia, alla gloriosa e inutile impresa dei Cento giorni. Maria, con il piccolo Alessandro, avuto da Bonaparte, ripartirà in una notte tempestosa per cominciare un’altra vita, breve e infelice. Nel racconto toccante e suggestivo di un’ultima notte, l’imperatore e la bellissima Maria rivivono la loro vita di corsa, il primo incontro in cui lui la folgorò, l’orgoglio di lei quando fu lui a innamorarsi perdutamente, il loro inseguirsi per tutto l’impero – proprio come in una fiaba -, i momenti d’immensa felicità… e infine le scelte strazianti, le cocenti delusioni, l’incapacità di arrendersi alla Storia. Nella notte stellata dell’Elba, Napoleone e la sua sfortunata amante si danno un ultimo bacio prima della riconquista di Parigi e della sconfitta di Waterloo. L’imperatore e la contessa Walewska, che portano sulle proprie spalle tutto il destino dei loro popoli, diventano un uomo e una donna qualsiasi. E la Francia napoleonica il palcoscenico di un dramma universale e attualissimo, quello degli amanti costretti dagli eventi a dirsi addio. Massimo Nava dà vita in queste pagine a un rigoroso e vasto affresco della grande Storia in uno dei suoi momenti fatali; e insieme tratteggia con sapienza un’appassionata avventura umana, nella quale la politica e l’amore, il calcolo e i sogni si intrecciano nel destino di un uomo e di una donna nei quali tutti, oggi, ci possiamo riconoscere.
“Infinito amore” di Massimo Nava, Mondadori editore.
Per Leo, che ama il mare, vivere è una continua, incerta navigazione. A trentacinque anni sente di avere poche sicurezze e troppe rotte da correggere: la sua e quelle dei suoi alunni. Insegnante alle scuole superiori, ogni santo giorno cerca di condurre in porto sana e salva una classe che a volte gli sembra una flottiglia di zattere improvvisate, destinate a perdersi nella tempesta del proprio tempo. In gergo marinaresco, Leo lo sa bene, l’opera viva è la parte sommersa di un’imbarcazione, quella che lavora con l’acqua per generare il moto, mentre l’opera morta, la parte visibile, è solo il guscio esterno. Ed è convinto che anche nelle persone sia la parte sommersa quella decisiva. Come ogni marinaio, Leo incontra una sirena incantatrice, ma per fortuna – così sostiene lui – riesce a tapparsi le orecchie in tempo. Anche se ha una patente nautica per andare ovunque, preferisce navigare a vista, senza mai lasciarsi troppo andare. Sospetta sia proprio questo a guastare i suoi rapporti con le donne, gli amici, i colleghi, gli alunni… No, con gli alunni no. Anzi, sono loro l’oceano sul quale a volte si distende per riposare e sentirsi vivo. Ma solo un istante, perché è lui a dover tenere strette le cime che gli lanciano dai banchi ed evitare che la sua flottiglia naufraghi. Di naufragi Leo ha grande esperienza, anche sulla terraferma, e ha imparato che un naufragio può insegnare molto, purché si sia pronti a riprendere subito il mare e si abbia qualcuno a cui raccontare lo scampato pericolo. Il mare è un labirinto indifferente che si compone e scompone a ogni istante, ma basta saper cogliere quello giusto per ritrovare la rotta. La navigazione nel mare aperto della vita e l’educazione di ragazzi che della vita devono apprendere tutto; un tema che non cessa di riguardarci ed emozionarci e che si fa ancora più intenso in virtù di una scrittura esatta ed energica come un colpo di remo, nutrita di suggestioni letterarie eppure calata nel quotidiano, attentissima alle persone e alle cose, di cui sa captare e restituire con immediatezza la complessità: asperità e dolcezze, il lato tragico e quello comico, tutta la bellezza che si nasconde appena sotto la superficie.
“L’opera viva” di Sergio De Santis, Mondadori editore.
SAGGI
Il libro di Fant è la cronaca dell’avventura cristiana di una combriccola di punk e del loro incontro con fratel Ettore Boschini «l’Ettore dei poveri di cui Emanuele ha già ripercorso la biografia in un meraviglioso, e giustamente fortunato, spettacolo di marionette. […] Emanuele fa finta di raccontare di sé e dei suoi amici, creste comprese, ma in realtà è sempre di fratel Ettore che sta parlando: un uomo di Dio che volentieri si lascia scomporre nelle storie degli altri uomini, preferibilmente derelitti ed eventualmente sbalestrati, com’era appunto Emanuele nel fosco splendore dei suoi vent’anni» dalla prefazione di Alessandro Zaccur.
“La mia prima fine del mondo” di Emanuele Fant, Monti editore.
1914-2014. Cento anni fa, per la prima volta, il mondo intero venne devastato da una guerra mondiale che costò 25 milioni di morti e aprì un secolo di sangue e di distruzioni. Di solito i libri di storia raccontano le cause, le vicende e i retroscena di questa tragedia collettiva di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze e che portò a un’altra guerra mondiale ancora più devastante e a decenni di guerra fredda e di ulteriori tragedie. Questo libro non affronta la Grande Guerra da questi punti di vista. Questo libro racconta semplicemente i fatti per come si sono svolti, in un’appassionante cronologia talmente completa ed esaustiva da diventare un esempio mai realizzato. Leggendo questo apparentemente asettico elenco di momenti e di avvenimenti ci si accorge di leggere la storia come se fosse uno straordinario romanzo, e si ha la possibilità di avere tutti gli elementi necessari a capire quel che avvenne esattamente cento anni fa e per interpretare anche l’oggi. Il piano dell’opera prevede: gli antecedenti, la cronologia dei fatti, i ritratti dei protagonisti, i personaggi minori, l’indice completo dei nomi e dei luoghi.
“La Grande Guerra giorno per giorno” di Roberto Raja, Clichy editore.
Questo libro è una specie di miracolo: pensavamo di aver già letto la migliore letteratura sulla Resistenza, quella scritta dai diretti protagonisti, ma non avevamo ancora scoperto la voce viva, limpida, smaliziata e potente dei racconti di Giulio Questi. Ex partigiano poi regista di culto, oggi novantenne film-maker di cortometraggi che spopolano in rete, Giulio Questi ha partecipato giovanissimo alla guerra di liberazione tra Val Seriana e Val Brembana, e di quell’esperienza ha scritto nell’immediato dopoguerra dando vita a racconti portentosi, crudi e umanissimi, veramente folgoranti, amati tra gli altri da Elio Vittorini, che li pubblicò sul «Politecnico». Su quei temi l’autore è tornato cinquant’anni dopo, a completare una raccolta che vede ora per la prima volta la luce. In mezzo, tutta una vita piena di incontri e avventure, ma soprattutto di cinema: attore, sceneggiatore e regista, negli anni Sessanta ha girato Se sei vivo spara, uno spaghetti-western poi osannato da Enrico Ghezzi e Quentin Tarantino, in cui è proprio l’esperienza resistenziale a trovare un’originalissima trasfigurazione. Con uno sguardo «fenogliano» (proprio con Fenoglio, poco prima della sua morte, Giulio Questi stava ragionando su una trasposizione cinematografica di Una questione privata), questi racconti ci restituiscono tutta la complessità di una scelta morale, vitale e violenta insieme, riuscendo a mescolare magistralmente realismo e visionarietà. La Resistenza di Giulio Questi è lontana da ogni retorica: nelle sue storie a volte feroci, ma sempre accese dall’ironia e dall’intelligenza, la guerra e la giovinezza si sovrappongono in una grande avventura che comprende il terrore e la sconsideratezza, il coraggio, la dignità, la fame, il freddo, la casualità dei gesti e l’impellenza dei desideri. Ma ci sono anche racconti onirici, d’indagine psicologica, che trascinano il lettore nel tempo e nello spazio, fin nella Colombia di Gabriel García Márquez, continuando in fondo a raccontare i fantasmi dell’animo umano, le sue crepe e anche la sua inesauribile vitalità.
“Uomini e comandanti” di Giulio Questi, Enaudi editori.
Roberto Settembre, ex magistrato, conosce bene i fatti drammatici accaduti nella caserma di Bolzaneto di Genova nei giorni del G8 tra il 20 e il 23 luglio 2011. Giudice a latere della Corte d’Appello nel processo a 43 pubblici ufficiali, accusati di aver commesso più di cento reati contro oltre duecento parti offese, Settembre ripercorre violenze, maltrattamenti, umiliazioni inflitte a centinaia di cittadini italiani e stranieri dai loro aguzzini. Gran parte di quei reati efferati non sarebbero caduti in prescrizione se li avessimo chiamati con il loro nome: torture. Come quelle subite, nelle parole di una testimone, da alcuni ragazzi: «gridavano e piangevano. Quando sono passati davanti alla cella si vedeva su di loro il sangue fresco». Ventisei anni dopo la Convenzione dell’Onu, la Commissione di giustizia discute tra le polemiche un decreto legge – al ribasso – che introdurrà nel codice penale italiano il reato di tortura.
“Gridavo e piangevo” di Roberto Settembre, Enaudi editore.
Kryon descrive con grande amore e chiarezza l’energia in cui ora tutti siamo immersi, sia chi percorre un cammino di sviluppo spirituale sia chi teme il cambiamento e tenta inutilmente di opporvisi. Le parole trasmesse da Kryon tramite queste canalizzazioni sono fondamentali per comprendere i tempi attuali, sia dal punto di vista personale che planetario. I grandi cambiamenti messi in moto dall’energia che si è riversata entrando nel nuovo millennio sono evidenti e inarrestabili, ma la direzione che essi prenderanno e come cambieranno il nostro futuro dipende solo da ognuno di noi. Ogni singola persona può “fare la differenza” nella creazione della realtà personale e collettiva. Mai come in questo periodo abbiamo avuto una tale libertà di scelta, poiché l’energia del nuovo millennio porta alla luce tutto ciò che era nascosto, e ci invita a scegliere con coraggio il Nuovo abbandonando il Vecchio. Il futuro non è più scritto, stiamo percorrendo un cammino che si materializza davanti a noi ad ogni istante, quello che ci aspetta è il risultato di ogni scelta che stiamo compiendo in questo momento.
“Kryon – Varcare la Soglia” di Lee Carroll, Macro editore.
«Incominciai a pensare che era giunto il momento di stabilire con me stesso a quali condizioni avrei accettato l’ingaggio per il viaggio. Ero già al corrente del fatto che nella baleniera non pagano salario, ma tutto il personale, compreso il capitano, riceve alcune quote dei profitti, chiamate pertinenze; queste pertinenze sono proporzionate al grado di importanza dei rispettivi compiti. Sapevo anche che, essendo novellino della baleniera, la mia pertinenza non sarebbe stata troppo grande; ma, dato che ero abituato al mare, che potevo governare una nave, impiombare una gomena e tutto il resto, non avevo alcun dubbio che, da tutto quanto avevo udito, mi sarebbe stata offerta la 257esima pertinenza e cioè la 257esima parte dei proventi netti del viaggio, a qualunque cifra potessero ammontare.» Herman Melville in Moby Dick immagina che nel Pequod, la baleniera comandata dal capitano Achab, viga un sistema che non discrimina, perché ciò che conta è il merito individuale, e che assegni a ciascun lavoratore-capitalista una «pertinenza», un salario, basato sulle competenze individuali e sui profitti, cosicché a tutti convenga che il capitale frutti il più possibile. È un sistema simile che in queste pagine Renato Brunetta propone anche per il nostro Paese per superare la crisi, «una grande occasione per ristrutturare, per soffermarsi a capire il mondo e le sue trasformazioni, e reinterpretare idee e teorie»: una riforma radicale che preveda il passaggio da una società a retribuzione fissa verso sistemi di partecipazione dei lavoratori ai rischi d’impresa. Solo così, realizzando un «socialismo liberale» dove il salario non sarà più una variabile fissa e incomprimibile, si potrà compiere la transizione da un mondo di salariati in perenne bilico sul nulla della disoccupazione a un pianeta della piena occupazione. «Facciamo respirare la nostra società, i nostri giovani. Sviluppiamo. Investiamo. Facciamo manutenzione del nostro territorio, delle nostre case, del nostro patrimonio urbano. Restauriamo e ristrutturiamo. Modernizziamo. Costruiamo le reti del nostro futuro. Togliamo la gente dalle scrivanie della pigrizia statale. Aggiusteremo la rotta in mare aperto. … Non abbandoniamoci alla marea del pensiero unico e meschino. Decidiamo. Certo, per scegliere bene occorre conoscere. Ma anche immaginare con coraggio. Vedere più in là. Questa è l’utopia positiva.»
“La mia utopia” di Renato Brunetta, Mondadori editore.
Mr Darcy era perfetto. (Quasi perfetto, se si esclude che aveva moglie e figli.) Stesse origini, stesse montagne intorno alla loro infanzia, il primo bagno nello stesso mare, stessi anni all’università nella stessa città. Ma lui e lei si conosceranno solo da adulti, per un miracolo di coincidenze. E allora innamorarsi sarà un attimo, a dispetto dello stato civile di lui. Lei, una giornalista di un importante quotidiano nazionale, è sentimentalmente libera. Lui è un manager, sempre in viaggio per lavoro. Abitano in città lontane, ma la distanza sembra svanire. Si incontrano ogni volta che è possibile, a casa di lei, come due fidanzati. E gli ostacoli paiono superabili. Lo spazzolino nel bicchiere, le cialde di caffè ristretto comprate apposta per lui, l’accappatoio blu accanto a quello rosso sulla porta del bagno diventano le tracce di una convivenza imperfetta. Perché lei è l’Altra, anche se non si sente mai tale, almeno all’inizio. E perché lei e Darcy vivono dentro una bolla di felicità, i cui confini diventano, giorno dopo giorno, più stretti e fragili. Lui, ogni sera, torna dalla famiglia vera, nella sua casa vera, di cui quella milanese è la copia contraffatta. L’Altra è la storia di un’amante, etimologicamente colei che ama, in questo caso un uomo che non è libero. Comincia con l’innamoramento, la prospettiva che cambia nella vita dei protagonisti, i progetti fatti insieme la notte e disfatti il mattino successivo. Poi il racconto prende coraggio e va in profondità, descrivendo le rinunce dell’Altra, che non solo non può sognare a occhi aperti matrimonio o figli, ma non può nemmeno condividere con l’innamorato le feste comandate o programmare le vacanze. E deve accontentarsi di briciole di tempo, di briciole di felicità, in una vita parallela che non è mai quella ufficiale. Eppure anche quando diventano sempre di più le occasioni mancate, e gli amici più intimi smettono di credere che la loro storia possa durare, lei continua a concedere ultimatum regolarmente disattesi. E si interroga: com’era la relazione tra quel marito e quella moglie prima che arrivasse lei? L’Altra è il resoconto di un anno pieno di amore, ma anche di dolore, di riflessioni scomode, anzitutto quelle che la protagonista fa con se stessa, come quando la sua parte più femminista si ribella perché ha smesso di progettare una qualunque cosa che fosse svincolata dalle indecisioni di lui. O come quando realizza che la moglie di Darcy non è un mostro, ma lei pure una donna, e non necessariamente distratta o poco innamorata. Per scoprire se trionferà l’amore e per chi, il lettore dovrà arrivare all’ultima pagina di questo racconto serrato, romanticissimo, ma anche autoironico, che non fa sconti a nessuno. Perché l’happy end, se ci sarà, avrà un prezzo. Per tutti.
“L’altra” di Elvira Serra, Mondadori editore.
Sessant’anni fa il settimanale «Candido» di Giovannino Guareschi pubblicava due lettere datate gennaio 1944 e firmate da Alcide De Gasperi, in cui si esortavano gli angloamericani a bombardare Roma, affinché il popolo insorgesse insieme ai «nostri gruppi Patrioti». Il prestigioso statista democristiano aveva dunque tradito durante i mesi più tragici della seconda guerra mondiale? Com’era possibile? La polemica che ne scaturì, condotta sulle colonne di quotidiani e settimanali dell’epoca, si rivelò furibonda. Persino editori importanti come Mondadori e Rizzoli, fiutando un possibile scoop, si interessarono all’affare (in ballo sembrava esserci anche il fantomatico carteggio Churchill-Mussolini), con l’unico risultato di rimetterci parecchi milioni di lire in caparra. C’era una sola domanda a cui nessuno sembrava rispondere in maniera convincente: De Gasperi le aveva davvero scritte, quelle lettere? A decidere, nell’aprile del 1954, fu il tribunale di Milano. La sentenza – pur rinunciando alla perizia grafologica -; sancì la falsità delle missive e Guareschi fu condannato a un anno di reclusione. Il noto scrittore e vignettista, indignato dalla «sentenza politica», si considerò vittima di un’ingiustizia, rinunciò a ricorrere in appello e varcò le porte del carcere: sopporterà con fierezza la pena, ma ne uscirà indelebilmente segnato. La vicenda scosse in maniera profonda anche De Gasperi, costretto a difendersi di fronte all’opinione pubblica da un’accusa così infamante. Demoralizzato e debilitato, il segretario della Democrazia cristiana si spense il 19 agosto 1954. Grazie alla scrupolosa analisi di una vasta documentazione inedita (conservata negli archivi di Alcide De Gasperi, di Giovannino Guareschi e di Giorgio Pisanò),Bombardate Roma! ha il merito di delineare i contorni di una vicenda ancora avvolta nel mistero, ma soprattutto di chiarire un vero «giallo della Prima Repubblica», sul quale sono state avanzate le più disparate ipotesi. L’indagine di Mimmo Franzinelli dimostra infatti l’esistenza di un «livello segreto», ossia di un piano messo a punto da un gruppo neofascista che ideò e fece costruire gli apocrifi per motivazioni squisitamente politiche. E che manovrò un certo Enrico De Toma, chiacchierato «faccendiere», ex sottufficiale delle Brigate Nere, affinché le lettere «degasperiane» avessero la massima diffusione. Caduto in un sottile, ben architettato tranello, Guareschi aveva, insomma, preso per veri degli apocrifi. Conclude il libro un saggio della grafologa giudiziaria Nicole Ciccolo, che dimostra incontestabilmente l’origine e la natura delle lettere «degasperiane», individuando gli autografi dai quali vennero ricavate e riutilizzate mediante tecnica fotolitografica – le parole servite alla costruzione dei falsi. Documentato e rigoroso,Bombardate Roma! si legge come un avvincente romanzo, nel quale interagiscono – a fianco di Guareschi e De Gasperi – personaggi noti e meno noti, dall’allora giovane sottosegretario Giulio Andreotti a Enrico Mattei, ex partigiano, deputato Dc e factotum dell’Eni, dagli esponenti del servizio segreto militare Sifar ai nostalgici della Repubblica sociale italiana. E i colpi di scena si susseguono, con il riaffiorare di ulterori scritti attribuiti a De Gasperi, utilizzati in un gioco ricattatorio e scandalistico internazionale, tra Italia e Svizzera, Francia e Brasile, di cui solo ora è possibile ricostruire la trama, i protagonisti e le vittime.
“Bombardate Roma” di Mimmo Franzinelli, Mondadori editore.
FANTASY e RAGAZZI
Alec e Maj sono scappati da Inferno, creando così una frattura nel mondo strettamente controllato da eserciti e tecnologia. Hanno dimostrato che opporsi è possibile e hanno dato il via a tanti piccoli focolai di rivolta. Per questo l’Oligarchia deve trovarli ed eliminarli al più presto. Intanto i due ragazzi hanno raggiunto un’isola che l’Oligarchia non sa nemmeno esistere. È Purgatorio, rifugio dei Ribelli, gli uomini e le donne che negli anni sono scappati alle grinfie del controllo e che progettano di rovesciare il sistema. A capo di tutto c’è l’architetto che ha costruito Inferno e che è stato il suo primo prigioniero, il padre che Alec ha sempre creduto morto…
“Canti delle terre divise – Purgatorio “ di Francesco Gungui, Fabbri editore.
Percy Jackson si è risvegliato alla Casa del Lupo, nel Campo dei semidei Romani, senza alcun ricordo a parte il nome di Annabeth. Proprio mentre sta andando a salvarlo, la ragazza scopre che tra Greci e Romani si sta scatenando la guerra, e a bordo della Argo II, la nave volante creata da Leo, cerca di raggiungere il Campo Giove insieme a Jason e Piper. Certo il natante, che ospita a bordo un drago di bronzo sputafiamme, non ha un’aria amichevole: i Romani capiranno che la loro è una missione di pace? E la pace, quanto durerà? Atena, infatti, ha affidato ad Annabeth, sua figlia, una terribile missione: «Segui il marchio di Atena. Vendicami.» Percy si ricorderà dei suoi vecchi amici, o sarà passato dalla parte dei Romani? Il gruppo di semidei dovrà scoprirlo in un viaggio per terra e per mare alla volta della splendida e terribile Roma.
“Eroi dell’Olimpo 3 – il marchio di Atena” di Rick Riordan, Mondadori editore.
Ritrovato casualmente dal figlio Huck Scarry in una soffitta, questo divertente libro è stato scritto e in gran parte disegnato dal padre Richard, uno dei più grandi illustratori di libri per l’infanzia.Un’imperdibile occasione per regalare un nuovo e inedito libro ai piccoli lettori affezionati agli abitanti di Felicittà! Undici storie in cui il protagonista è Zigo-Zago, il personaggio più bizzarro e amato dai bambini. Le sue giornate sono sempre avventurose e ricche di impegni: la scuola, il gioco, i viaggi…situazioni di vita paragonabili a quelle dei più piccoli, ma che nel tipico stile di Scarry acquistano un valore altamente educativo. Immagini tenere, allegre e divertenti per imparare sorridendo le buone maniere, l’educazione stradale, il rispetto e la collaborazione reciproca.
“Il più bel libro di Zigo Zago” di Richard Scarry, Mondadori editore.
VARIA
A partire dagli anni Novanta il calcio ha subìto una mutazione genetica, da cui è uscito trasformato in termini sia culturali che economici. L’ex grande rito identitario di massa si è convertito in uno spettacolo di portata globale, caricato di significati diversi rispetto a quelli agonistici. Soprattutto, per molti attori esso è diventato uno straordinario business da colonizzare incontrando scarse resistenze. Sollecitato dalla pressione verso una modernizzazione vera o presunta, il calcio si è scoperto facilmente permeabile da soggetti e interessi man mano più opachi, ma tutti quanti accomunati da una caratteristica: l’ansia di fare del gioco una macchina da soldi, per poi distribuirli fuori dal calcio. Con l’inizio del XXI secolo il meccanismo è stato messo a punto, e dopo l’esplosione della grande crisi economica del 2007 – che ha colpito il calcio come ogni altro comparto economico – ha trovato condizioni favorevoli per diffondersi e legittimarsi. La situazione odierna parla di interi subcontinenti in cui il calcio è sotto il controllo di attori economico-finanziari esterni al calcio stesso: fondi d’investimento misteriosi con sede legale presso paradisi fiscali, oligarchi ansiosi di riciclare denari di dubbia provenienza, potentissimi agenti capaci di controllare eserciti di calciatori e allenatori impegnati presso i campionati d’ogni angolo del mondo. Una situazione che, nella migliore delle ipotesi, vede ampliare a dismisura la zona grigia fra legalità e illegalità. In questo volume si conduce una lunga e dettagliata inchiesta su personaggi, enti e circostanze la cui azione ha fatto sì che la globalizzazione del calcio avvenisse nel segno del malaffare. Un tema a proposito del quale in Italia vige una congiura del silenzio. Come se tutto ciò non riguardasse il calcio di questo paese. E invece la colonizzazione è già iniziata anche qui.
“Gol di rapina. Il lato oscuro del calcio globale” di Pippo Russo, Clichy editore.
Il primo libro in Italia ad analizzare con passione e completezza il cinema di Hong Kong del nuovo millennio, a partire dal ritorno alla Cina nel 1997 per arrivare alla contemporaneità. Dopo i fasti dell’epoca di Bruce Lee e le onde lunghe di John Woo e Wong Kar-wai, la settima arte di Hong Kong si sta rinnovando, svecchiando il “parente” cinese e guidandolo nella sua sfida a Hollywood. Gli autori, avvalendosi di interventi inediti a loro concessi dai più importanti registi e attori cantonesi e dai più illustri critici di cinema, non tralasciano nulla di uno tra i fenomeni cinematografici più importanti del XXI secolo. Un manuale critico seminale e imprescindibile.
“Il nuovo cinema di Hong Kong” di Stefano Locati e Emanuele Sacchi, Edizioni Bietti.
Aloe non è una medicina, eppur… guarisce è un testo scritto da Padre Romano Zago che ha destato subito un grande scalpore per i temi di medicina alternativa affrontati. Vengono qui presentate le varie proprietà nutritive dell’aloe, indicate in forma semplice e pratica, l’utilizzo della pianta per la possibile cura e la prevenzione di innumerevoli malattie, tra di esse obesità e depressione.
“Aloe non è una Medicina, eppur… guarisce “ di Padre Romano Zago, Macro editore.
Cosa è un Trigger Point? Si chiamano Trigger Point perché come dice la traduzione della parola, sono “punti grilletto, che se premuti, sparano il dolore a distanza. E’ un Trigger Point il muscolo del collo che quando premuto viene sentito dal paziente nella tempia. E’ un Trigger Point quel punto doloroso del muscolo lombare che se premuto viene sentito nella gamba, è un Trigger Point quel muscolo della scapola che quando premuto viene percepito sullo sterno. La terapia dei Punti Trigger è stata ideata da terapeuti americani negli ultimi decenni e consiste nella stimolazione tramite pressioni manuali, lente e di tipo diverso in quanto a intensità, su determinati punti della struttura miofasciale muscolare (riconoscibili al tatto per la loro dolorabilità e maggior densità tessutale). In questo modo i dolori nel giro di qualche trattamento scompaiono. I Punti Trigger hanno la propria origine in seguito a uno stress, una postura scorretta, un incidente, una caduta, una malattia, una tensione emozionale, una carenza nutrizionale ecc… Ci sono punti attivi e punti latenti che possono entrare in gioco sotto determinate condizioni e ci sono punti trigger principali e punti trigger secondari. Il testo è suddiviso per fasce muscolari e zone scheletro-muscolari e le patologie che è possibile alleviare con questo testo (in autotrattamento) sono davvero molte e non sempre esclusivamente di carattere osteomuscolare (mal di schiena, artrite, sindrome del tunnel carpale, mal di testa, traumi da incidenti, sinusite, dolori da interventi chirurgici ecc.). Certo è un tipo di trattamento soprattutto sintomatico, ma nel caso di dolori cronici, ambito per cui si ricorre a questa terapia, anche un minimo sollievo può fare la differenza nella qualità della vita, tanto più senza effetti collaterali come in questo caso (a differenza dell’uso degli antidolorifici chimici).
“Il Manuale della Terapia dei Punti Trigger” di Clair Davies e Amber Davies, Macro editore.
Protagonista di questo libro è una trasformazione silenziosa che sta cambiando l’industria del nostro paese: l’affermarsi del Made in Lean Italy. Già da qualche anno, infatti, le imprese italiane stanno applicando i principi del Lean Thinking, la filosofia che ha rivoluzionato prima il mondo della produzione e poi quello della gestione. Ma quali sono le caratteristiche e i punti di forza del sistema industriale italiano che permettono di utilizzare questi strumenti per ritornare competitivi senza delocalizzare né ridurre l’occupazione? Non si tratta tanto di imitare tecniche produttive sviluppate altrove, infatti, ma di innescare un profondo mutamento che generi una nuova cultura d’impresa. Se sono noti i casi di fiat, Pirelli, Luxottica e di altri colossi, c’è molto di più: piccole e medie imprese stanno adottando in modo originale la filosofia Lean con risultati sorprendenti. Il libro ripercorre le storie di successo, l’attività dei pionieri, i principi guida e le origini, per rendere accessibili i segreti di questa rivoluzione che è già una realtà. Un percorso ricco di riflessioni e spunti non solo per le imprese, ma per chiunque abbia a cuore la competitività delle nostre aziende, la creazione di valore per i consumatori e gli azionisti, il mantenimento dell’occupazione e il benessere dei lavoratori. Riscoprire le nostre peculiarità e coniugarle con gli strumenti Lean è un’opportunità da cogliere adesso per garantire al nostro paese di vincere le sfide di un mondo globale.
“L’arte di migliorare, Made in Lean Italy per tornare a competere” di Arnaldo Camuffo, Marsilio editore.
Valentina Pitzalis è morta il 17 aprile 2011. Quel giorno mio marito mi ha cosparsa di cherosene e mi ha dato fuoco. Quel giorno la Valentina che ero sempre stata, la ragazza carina, piena di vita, prospettive e sogni per il futuro, è bruciata tra le fiamme di un inferno senza senso. Non so perché tutto questo sia successo proprio a me. Me lo sono chiesta tante, troppe volte in questi anni, così come mi sono ripetuta, ogni giorno, che lui non era un mostro, ma aveva fatto, questo sì, una cosa mostruosa. So per certo però che la persona che sono oggi è stata più forte di tutto e di tutti. Ho compreso che di fronte alle avversità, di fronte a tragedie come la mia la cosa che conta è trovare la forza di reagire. Ho scelto di reagire, ho scelto di vivere, ho scelto di cercare di essere un esempio per chi crede di non avere quella forza dentro di sé, perché io… la depressione non me la posso permettere, non più. Quello che, più di tutto, mi ha dato la forza di arrivare fin qui è stata la speranza di poter aiutare tutte le donne che vivono, magari ancora senza essersene rese veramente conto, situazioni di coppia come la mia. Sono felice di poter alzare una mano sola, sono felice di avere i miei occhi senza ciglia e sopracciglia, sono felice di avere le mie gambe coperte di cicatrici. Semplicemente, sinceramente, incredibilmente… ho trovato la forza per non smettere di sorridere e sono felice di vivere!
“Nessuno può togliermi il sorriso” di Valentina Pitzalis, Mondadori editore.