Autore: Riccardo Romani, Dario Torromeo
Titolo: Monzon – Il professionista della violenza
Editore: Absolutely free editore
Anno di pubblicazione: 2012
Pagine: 296
Prezzo: 16 euro
“Monzon era una specie di patrimonio comune,
buona parte degli argentini lo sentiva proprio, trattandolo con gelosia o disprezzo, a seconda dei casi.
Mai con indifferenza”
Consiglio questo libro a coloro che, come me, non amano il pugilato e non lo ameranno mai, forse perchè troppo ancorati alla cultura calcistica. Questo perché leggendo la storia di Carlos Monzon si scopre che dietro a pugni e guantoni una generazione di argentini ha esultato e si è sentita orgogliosa di avere come connazionale il pugile di Santa Fè.
La prima parte, di Dario Torromeo, racconta la storia del campione tra vittorie, soldi ed eccessi; risulta un po’ ostica e a tratti noiosa per chi non è appassionato della boxe, infatti vengono descritti quasi tutti gli incontri di Monzon, dalle sfide minori agli incontri per il titolo mondiale dei pesi medi. Inoltre molti retroscena e aneddoti, che riguardano tutto quello che ruota intorno ad un match, come organizzazione, compensi, storie degli avversari, risultano spesso poco coinvolgenti. La seconda parte appare, a mio avviso, la più interessante; infatti si scoprono alcuni aspetti della cultura argentina davvero profondi e il racconto di come il giornalista cerchi di intervistare Monzon, campione offuscato da una tragica vicenda familiare e in carcere perché ritenuto colpevole, sono le vicende che rimangono maggiormente impresse completata la lettura.
Inserita in un contesto economico-politico davvero difficile per l’Argentina con la dittatura militare, Monzon è senza dubbio un personaggio simile al ben più famoso Maradona: genio e sregolatezza, capace di entusiasmare migliaia di persone e capace di creare un senso di appartenenza alla bandiera albiceleste introvabile in altre culture.
In questo libro non si parla solo di sport, ma di come lo sport possa cambiare le persone. Nella maggior parte dei casi le migliora ma spesso, quando arriva il momento di smettere l’atleta, si sente smarrito, mancante di qualcosa che ormai è passato e non tornerà. Monzon è proprio tutto questo e la sua fine, ancora poco chiara, può proprio essere ricondotta a questa situazione.