Autore: Hans Tuzzi
Casa Editrice: 2022, Bollati Boringhieri
Genere: romanzo giallo
Pagine: 189
Prezzo: € 15,00
Autunno 1994. Norberto Melis, vedovo dell’amata moglie Fiorenza, si è dimesso dalla polizia. Troppi, per i suoi gusti, gli intrighi e le connivenze con una politica becera e cialtrona. Ma ciò che siamo non si può rinnegare e l’arrivo nel nuovo appartamento di Melis di Sua Eccellenza rimette il nostro in pista con uno strano incarico: trovare, infine, il colpevole di un omicidio commesso ben otto anni prima nel paesone Veneto di Brassanigo, sulle sponde del fiume Goravizza. Omicidio per il quale era stato sospettato e poi scagionato, Filippo Artuso, al tempo giovane economista – vicino al partito di opposizione – oggi candidato ideale al ruolo di ministro il cui passato, però, va smacchiato una volta per tutte.
“E lui era lì…Per cosa? Per scagionare uno nemmeno sospettato. Per la giustizia? Forse, sì, anche. Ma, più, per i giochi di potere. Per la politica.” (Pag. 55)
E siccome Melis non può indagare nelle vesti di poliziotto, eccolo presentarsi con una nuova identità: Nereo Mani, giornalista freelance, a Brassanigo per raccogliere informazioni al fine di scrivere un libro sull’omicidio per strangolamento della giovane Mariastella Biason:
“In un paese dove pochi leggono, tutti sono felici di parlare, se il loro nome finisce in un libro.” (Pag. 19)
Il paese veneto lo accoglie malmostoso. Nessuno, pare, ha davvero voglia di rivangare non solo l’efferato delitto, ma la palude di conoscenze, amicizie, matrimoni traballanti, tradimenti, amanti e divorzi che sembrano essere il pane quotidiano della borghesia ricca e imprenditoriale del luogo.
Eppure Melis non desiste, a costo di pestare i piedi un po’ a tutti, aiutato, si fa per dire, dal giornalista de Le voce di Brassanigo Lelio Malinghetti a sua volta osteggiato dal direttore Bepi Bernardi, al servizio non certo della verità, ma dei maggiorenti del paese.
Melis, alias Nereo Mani, riprende le fila di questo cold case di provincia. Parla con l’anziano e ancora affascinante Beniamino Bratti, capo della setta degli Ortiliani; con la testimone oculare Vanda Gallavresi, professoressa in pensione – unica ad aver visto uscire dal palazzo del delitto un uomo giovane con una giacca a vento molto simile a quella di Filippo Artuso e una sacca a tracolla; con Miss Parrish dalla quale ha preso dimora e che, intrigata dal mistero, lo mette in contatto con altri, interessanti personaggi.
Scava con sagacia nelle vite di ciascuno e alla fine scoverà il vero colpevole con quali risultati non è possibile qui svelare. Di sicuro, si dice Melis, se i morti sono altrove, indifferenti al tempo atmosferico e alle offese subite:
“… noi vivi no, noi dobbiamo punire la colpa per vivere nella certezza del diritto.” (Pag. 189)
La prosa di Tuzzi è ricercata, colta e straordinaria. Il suo Melis diverso da ogni altro poliziotto si sia mai incontrato in un giallo. Musica e citazioni sempre in grado di stupirci o farci sorridere. Magnifica e crudele la ricostruzione di una provincia ricca e un po’ pacchiana, ma furba e ipocrita, asservita al potere e all’omertà.