Titolo: Limonov
Autori: Emmanuel Carrère
Editore: Adelphi
Pagine: 350
Anno di pubblicazione: 2012
Nella parabola esistenziale di Eduard Savenko risiede l’ideale di vita avventurosa che tutti sognano. O almeno, quella che sognava l’autore di questo libro, il giornalista francese Emmanuel Carrère, che più volte ha ammirato da lontano la “carriera” del filibustiere russo fino a ottenere l’intervista da cui tutto scaturisce.
È Carrère stesso a testimoniare il suo “inseguimento” all’oggetto del desiderio narrativo: conosciuto a Parigi come bohemien alla moda (“il Jack London russo”), ritrovato al funerale di Anna Politovskaja in Russia come fuorilegge rispettato, infine braccato a Mosca. Limonov si concede alla curiosità del giornalista diventando in un colpo solo soggetto, oggetto, mezzo e fine dell’opera e forse dell’esistenza di Carrère, in una congestione semantica che mai si disbroglia nelle 350 pagine del romanzo.
Limonov è tutto, è niente, mai via di mezzo, mai mediocre. Ragazzino ribelle al sistema comunista (e ancor più al padre, ufficiale dell’NKVD) nell’Ucraina anni ’60, porta i suoi sogni di fama e grandezza negli Stati Uniti per poi ritrovarsi quasi contemporaneamente a fare il cameriere d’alto borgo nei salotti buoni newyorkesi e il pompinaro nei bassifondi di Harlem. Fugge in Francia con l’avvenente seconda moglie negli anni ’80, ergendosi a poeta punk e pubblicando libri più o meno chiacchierati; infine torna in Russia dopo il disgelo piovuto su Gorbacev, giocando alla guerra (anche nei Balcani) e mettendosi a capo di una frangia fascista-insurrezionalista (l’NBP, Partito Nazional-Bolscevico) che tutt’oggi imperversa lungo la linea sottile che separa, nella Russia di Putin, politica e terrorismo.
Cultore dell’avventura e della sperimentazione, Limonov è stato un mito per generazioni di spiantati prima in URSS poi in Occidente, e un mitomane di stili di vita borderline, tra esaltazione e caduta, dove essere conosciuti, o meglio “famigerati”, non è importante: è l’unica cosa che conta.
Il romanzo storico-biografico di Carrère è ambiguo, e lo è proprio per il fatto di non esserlo: la storia non astrae, non ci si ferma mai a riflettere criticamente sul personaggio Limonov (“sospendo il giudizio”, si affretta a far presente l’autore nelle prime pagine) o sulle sue vicende, presentate tutte come episodi di una vita avventurosa ai limiti dell’inverosimile e quindi, chissà perché, desiderabili. Eppure il libro fila via liscio, la penna francese (a tratti sembra di leggere I tre moschettieri!) scorre libera sulla pagina e rapisce il lettore, costruendo un’opera convincente nella tecnica e vincente nella sostanza, che verosimilmente eternerà nella memoria letteraria perfino la maleodorante figura di Eduard Savenko.