Autore: McGrath Patrick
Genere: Romanzo
Traduttore: Alberto Cristofori
Pagine: 292
Prezzo: 18.50 €
Sidney, un affermato professore e studioso di poesia, una sera conosce la giovane Constance ad una festa. La ragazza, fragile e misteriosa, riesce ad affascinare l’uomo: i due, dopo una romantica vacanza a Londra, si sposano.
Inizia così il racconto a due voci della stessa storia, vista dalle diverse prospettive dei due protagonisti: un dramma familiare molto intenso che da un passato tormentato conduce ad un matrimonio difficile.
Constance, infatti, vive dolorosamente l’indifferenza del proprio padre, che gli preferisce la sorella minore Iris, allegra e spontanea. La madre è morta quando erano piccole, lasciando un vuoto incolmabile in Constance che si è occupata della sorellina e ha cercato di capire, e di convivere, con la mancanza di amore paterno: a questa assenza la donna attribuisce il proprio malessere esistenziale.
Quando il padre rivela in modo brutale a Constance che la sua nascita è frutto di un amore extraconiugale della madre, per la ragazza è l’inizio di un incubo, l’ingresso in un vortice di autodistruzione e di distruzione di ciò che le sta intorno, avendo come unico obiettivo la vendetta verso tutti coloro che, a sua insaputa, conoscevano la verità.
Da questa rivelazione, si susseguono una serie di drammi che si abbattono inesorabilmente sulla donna e sul marito, che sconvolto assiste alla follia della moglie e alla fine del proprio matrimonio.
Chi conosce Patrick McGrath lo sa bene: non bisogna aspettarsi storie allegre e divertenti, ma si deve essere pronti ad entrare nei tormenti dell’animo umano. Allo stile perfetto ed impeccabile, l’autore associa una profonda conoscenza dell’uomo e dei suoi traumi, delle sue paure. La rabbia e la frustrazione che legano i figli ai padri, i mariti alle mogli, e viceversa. Le ferite profonde che l’infanzia ci lascia, plasmando il nostro essere adulti. L’amore coniugale che può dare senso di protezione, oppure abitudine e paura della solitudine. La capacità di ognuno di noi di scendere in basso, di sondare e far emergere la parte più oscura, e peggiore, di noi stessi. La brutalità delle parole, “Io non sono tuo padre”, e l’indifferenza che sta dietro le cose non dette. Ogni rapporto ci influenza e può diventare concime per il rapporto seguente, in una catena che non sempre possiamo, o vogliamo, spezzare, anche se dobbiamo trovare in noi la forza per farlo perché, come ci ricorda Sidney, “in fondo io credo che ciascuno di noi si crei il proprio destino scegliendo se restare vittima della propria infanzia o no.”(p.279)