L’errante – Alessandro Bruni

Titolo: L'errante
Autore: Alessandro Bruni
Data di pubbl.: 2021
Casa Editrice: Round Robin
Genere: Romanzo
Pagine: 230
Prezzo: € 15,00

A Giorgio Ermetici, penalista quarantacinquenne di Bologna, è assegnata la difesa d’ufficio di Ibrahim, giovane marocchino accusato di essere un terrorista islamico. Ermetici è tutto fuorché un avvocato di grido: nessuna ribalta mediatica, nessun cliente importante. Come lui stesso ammette, con i casi che segue riesce a malapena a coprire le spese e a pagare Damiano, il suo collaboratore. Ermetici apprende dagli uffici della procura della vasta indagine estesa, con ogni probabilità, oltre l’Italia. La paura di non essere all’altezza lo mette di fronte al possibile giudizio della sua famiglia, soprattutto dei due figli, di dodici e otto anni. Alla fine, dopo un consulto con Argentieri, collega ed amico di lunga data, accetta. In fondo, si tratta solo di mettere il pilota automatico e accompagnare Ibrahim verso la condanna, “lasciar scorrere la giustizia, osservarla”. Il primo incontro in carcere con l’assistito, un ragazzo dallo sguardo carico di odio, rafforza nell’avvocato le convinzioni di partenza, mutuate dalla radicale diffidenza nei confronti delle religioni monoteiste e da un’idiosincrasia specifica per l’Islam: Ibrahim merita la pena.

Il protagonista de L’errante, ultima, avvincente fatica letteraria di Alessandro Bruni, pubblicata dalla casa editrice Round Robin, è una figura complessa, un uomo di solide convinzioni, sebbene pervaso da un sottile disincanto che lo distacca dalle mode politiche del momento. Risolutamente laico, ateo, anticlericale, attestato sulla linea gotica che separa l’Occidente dei diritti dal barbarico oscurantismo dell’Islam fondamentalista, Ermetici è sorretto da una vasta cultura, per quanto non esente da lacune, dovute a un’insofferenza per lo studio metodico, colpe mai del tutto saldate. Ermetici, separato da Elena, ex-moglie troppo convenzionale, dissipa i suoi scarsi denari in tre rivoli di passione: il cognac di buona marca, una escort trentenne di nome Carla (più sfogo che consolazione) e i libri, con particolare predilezione per i testi scovati presso gli antiquari. Ermetici è un personaggio destinato ad interrogarsi e a mutare, pur non rinnegando il suo fondo di inquietudine, anzi traendo da esso sostentamento, ispirazione e fiducia per proseguire nel suo percorso umano e professionale.

In bilico tra possibilità e illusioni, conteso da speranze e pregiudizi, Ermetici, trascorre le fredde serate invernali nel suo appartamentino, in compagnia dell’immancabile bicchiere, avventurandosi nella scoperta del Corano, simbolo di una fede aborrita in nome della luce della ragione. Contemporaneamente, l’avvocato disseppellisce dagli scaffali della vecchia casa, ora lasciata all’ex moglie, la copia di un prezioso volume del Don Chisciotte illustrato da Gustave Dorè, lettura in passato interrotta più volte. “Siamo nel capitolo nono, in una polverosa strada di Toledo. Un giovane vende scartafacci, cioè un manoscritto. Cervantes ne sfoglia le pagine, chiede qualche notizia al venditore e si decide per l’acquisto, dissimulando il suo entusiasmo. E poco dopo, che cosa leggo: gli scartafacci sono scritti in caratteri arabi!” Ermetici si accorge che gli intrecci tra i mondi sono difficili da districare. Cervantes, con uno spiazzante escamotage metaletterario, poggia il suo capolavoro proprio su una fonte nemica, proprio lui che a Lepanto, nella battaglia tra la Lega Santa cristiana e la flotta turco-ottomana, poi mitizzata dai sostenitori della tesi dello scontro di civiltà, aveva perso la mano sinistra… Le carte dello storico Cide Hamete Benengeli gli forniscono il pretesto narrativo per legittimarsi, associando verità a finzione.

I terroristi non sanno leggere i testi che brandiscono”, scrive Jean Birnbaum, già direttore di Le Monde des Livres e autore (di sinistra) del contestato (da sinistra) Un silence religieux. La gauche au fauce du djihadisme del 2016. “Leggere non vuole dire vetrificare il linguaggio, ma rimetterlo in moto. Leggere non significa idolatrare un testo, ma aprirlo all’infinita pluralità di senso”. Le intercettazioni ambientali, nell’interpretazione fornita dagli inquirenti decisive nell’inchiodare Ibrahim alle sue intenzioni terroristiche, rappresentano per l’avvocato Ermetici un’apertura, una via di fuga dalla monotonia, un’inaspettata occasione di svolta. Nella sua vita compare, infatti, una dulcinea araba, Maryam, bellissima traduttrice con gli occhi di due colori diversi, quasi a suggerire la compresenza in lei di Oriente e Occidente, di tradizione e modernità. Ermetici, hidalgo contemporaneo, perde ingenuamente la testa per lei.

Nel gioco di relazioni, opposte e simmetriche, entrano anche Ibrahim e un’altra donna, l’italiana Enrica Lovisi. Enrica è un concentrato di umanitarismo e progressismo terzomondista d’accatto che l’avvocato trova istintivamente repellente. “Il nostro atteggiamento paternalistico, politicamente corretto, consistente nell’assicurare che non avanziamo alcuna pretesa di superiorità nei loro confronti, non fa altro che indispettirli ulteriormente e alimentare il loro risentimento”, sostiene il filosofo Slavoj Žižek in L’Islam e la modernità. È stata Enrica a segnalare Ibrahim alla questura, prima di pentirsene e di voler ritrattare tutto. Troppo tardi. “La guardo torvo. Dunque penso: questa pazza, affetta da qualche sindrome da insoddisfazione e persecuzione, prima denuncia quello che certamente è un soggetto nocivo per la nostra comunità e poi cambia idea”. Follia o paura della solitudine? Amare e uccidere sono azioni in essenza inconciliabili? La tensione verso lo straniero (tra le molte suggestioni, non sfugga il riferimento esplicito ad Albert Camus) è il necessario contrappunto di ciò che definiamo identità? “C’è una cosa che mi sfugge”, gli chiede Enrica al termine del primo incontro, “Lei da che parte sta?”

Da che parte sta quest’uomo un tempo innamorato delle invettive islamofobe di Oriana Fallaci e ora affascinato dalle sure del Corano, tanto da portare con sé il volume perfino in viaggio? Da che parte sta questo lettore incuriosito dalla storia dell’Andalusa araba che non trova assurdo il paradosso contenuto in Sottomissione di Michel Houellebecq, ovvero la potenziale convergenza tra i principi della sharia e l’interesse del maschio bianco occidentale? La domanda, un dubbio tendente a dilatarsi e incapace di risolversi in una risposta, conduce il lettore a fine romanzo, quando il protagonista ritaglia i suoi abiti su un canone di libertà incondizionata.

Alessandro Bruni costruisce la storia di Ibrahim avvalendosi di un secondo piano narrativo, una voce che è immaginazione e sogno lucido, cronaca e favola nera. Vediamo il giovane marocchino nella casa di suo fratello Mohamed, ospite scomodo affondato su una brandina, senza lavoro, senza futuro. Il cugino Hassan gli propone un affare. Ibrahim è preda dell’elemento del crimine, lo spaccio, lo sgarro, la fuga davanti alla morte, fino all’incontro casuale con Enrica. Il disadattamento attira il conforto della moschea. “Le religioni sembrano sempre più simili l’una all’altra e competono per accaparrarsi la stessa audience”, ha scritto l’islamista francese Oliver Roy a proposito del rapporto tra fede e globalizzazione.

A volte le persone creano equivoci, sembrano tutte uguali. Colpa della distanza”. Le conversazioni con Kharim, presunto reclutatore, e Ahmed, poi sparito in Siria per combattere tra le fila dell’ISIS, ruotano attorno all’interpretazione del termine Jihad. Cammino individuale per migliorare la fede interiore o guerra per espandere l’Islam? Le cinque dita della mano di Allah fanno parte di un discorso metaforico sui cinque pilastri della fede o indicano cinque obiettivi da colpire sul territorio italiano? Quando l’alcol brucia le ultime resistenze, l’allucinazione febbrile diviene incursione in geografie spazio-temporali lontane. Un’intervista rilasciata a un giornalista fa precipitare gli eventi.

Resto un infedele, eppure la lettura del testo sacro mi fa stare bene, non c’è una spiegazione precisa”. Nell’epoca in cui basta un’opinione superficiale a incendiare gli animi delle masse iperconnesse, per l’avvocato Ermetici i libri, letti in profondità, in silenzio, al riparo dalla socialità coatta, sono l’unica certezza. Da che parte stare, se non questa?

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Salentino nato "per errore" a Como (anche per ammissione di chi lo conosce), si laurea in Filosofia a Milano, con una tesi sul concetto di guerra umanitaria. Vive a Bari con Mariluna. Adora il Mediterraneo, ama Lecce, Parigi e Roma. Sue passioni, a parte la buona tavola, sono la letteratura, il cinema, il teatro e la musica. Un tempo, troppo lontano, anche la politica. Suo obiettivo è difendere, e diffondere, la pratica della buona lettura. Recensisce i libri meritevoli di essere considerati tali, quelli che diventano Letteratura, con la L maiuscola, e che gli lasciano un segno. Alessandro scrive con regolarità su Zona di Disagio, il blog del poeta e critico Nicola Vacca, collabora con la rivista Satisfiction, anima il blog di economia e di politica Capethicalism, e scrive di serie TV su Stanze di Cinema.

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