Si racconta che ordinato dal suo priore alla cura del giardino nel tempio, un giovane monaco, dopo attento lavorìo riuscì a rendere il giardino stesso bello e pulito e ordinato come l’acconciatura di una giovane dama, anzi meglio, pensò il ragazzo a lavoro terminato. Lieto e dolcemente orgoglioso di tanto risultato, e per dirla tutta anche rasato di fresco a modino, il giovane andò in cerca del maestro ma questi, come era solito ma nei momenti più imprevedibili della giornata, era entrato in meditazione, sicché c’era da attendere che ne uscisse. Per ingannare l’attesa, che non è facile da ingannare, anche il giovane sedette sul cuscino d’ordinanza* a rispettosa distanza dal priore e, lottando con se stesso per non tornare ogni volta con l’immaginazione alle proprie aspettative di lodi e soddisfazione personale, molto poco per volta, finalmente si staccò dalle sue speranzelle e gli riuscì di accoccolarsi in una quiete vigile e svagata.
Dopo alcune ore, quando maestro e allievo lenti lenti si alzarono ed ebbero compiuto gli esercizi per sgranchire le gambe**, finalmente andarono e in silenzio al giardino; il silenzio non era indispensabile ma si sa che i maestri sono di poche parole soprattutto per evitare di rispondere a domande sulle scena delle quali chi le formula ha già abbassato il sipario delle proprie risposte. Il giovane era fiero di poter mostrare al priore il suo umile ma perfetto lavoro ma questa fierezza sapeva di doverla domare con quella che altrove, in altri mondi si sarebbe chiamata signorilità. Sì, sembra perfetto, declamò il maestro con la sua voce più flautata, Ma dammi il sacco delle foglie morte. Senza pensarci su il ragazzo andò a prenderne il sacco delle foglie e lo portò al maestro. Allora, esclamò questi dando di piglio al sacco e lasciando che con un sol gesto una gran nube di foglie piovesse sul giardino, Ecco, ora è perfetto.
Ciò che la tradizione non racconta è quanto tempo impiegò il ragazzo a misurare ed apprendere l’arco di cerchio che aveva provocato la disposizione di tutte quelle foglie a terra e a duplicarne il gesto nel tempo a beneficio del maestro.