L’ElzeMìro – Temi e variazioni 8

                                                        mupan-7

                                                                       Mu Pan (Taiwan,1976) Il giardino delle delizie in terra- Coll. Sólo(?)

                                             Le meraviglie del futuro 

                                                                                      da William Shakespeare – La Tempesta  – AI/S2

Occhio signore/ Voi in ispecie con le lenti progressive/Qui più che altrove meditate il passo/ Ch’è infido e tale da farvi sciddicàri/ Il tempo misurate, But how is it/ That this lives in thy mind? What seest thou else/In the dark backward and abysm of time?* continua declamando versi cari assai a tutti cui sieno cari tempo e misura; il Nano tutto ossequi e osservanza delle norme di sicurtà, tutte sue, attento attento e non a torto, per una scala erta, tòrta e sciddicùsa – dice – da’ più alti piani del Ministero di Necessità, giù verso il suo imo ci conduce, verso i più bassi e riservati, suoi scantinati ovvero; dado di bella fattura, architettato senza finestra alcuna e con l’idea di riprodurre un qualche èdro, un cristallo armonico, sul Ministero la luce lampeggia che sia del giorno o nella notte di fari in moto solitari – occorre immaginare – restituendo a chi lo guardi, gradevoli giochi di colore, dovuti alla materia della copertura; isolato nel mezzo alle colline, dalla città lontano acciò nessuno s’interessi ad arrivarci da curioso, siamo dei privilegiati a poterne visitare i cosiddetti suoi forzieri. Oh oh signor mio bello ecco ci siamo, annuncia il Nano prima, indicando poi con lo staffile, di gusto e forme porno, che dalla mano destra giù gli penzola a riposo, pronto a ubbidire tuttavia all’imperativo del suo minuscolo padrone, Ecco costì la porta del forziere; grazie a un combinatore elettrico la porta, sobria, d’autorevole metallo, tagliafuoco per intendersi come ce ne sono tante, si apre con uno tlack e un trlrl muto poi, basta spingerla e doce doce si spalanca, siamo nel forziere. Lo sfolgorìo d’una geenna ci sorprende e ci avvilisce, gabbie non stracolme ma popolate d’umanità in fermento; tutto un vocio scomposto, un affanno, un querelarsi o al contrario, accenti di esaltazione. Quest’è il deposito dei capri/ capri espiatori mio signore /selezionati di continuo… séclusi qui/e dal ministero in attesa dell’appello…/Altro non faccio che non far mancare/ loro il necessario e gl’assicuro /tutto da bere e da mangiare e tanto vino /che… cercate di capire… è funzionale/ a stordimenti tali da indurli/alla programmata tentazione… Con lo staffile senza preavviso il Nano mena grandi e ripetuti colpi alle sbarre d’una gabbia; alcuni capri lì rinchiusi sommossi dal più anziano tra di loro hanno aggredito l’inferriata, quello e poi tutti slanciano oltre mani e braccia; ne coglie e ne colpisce a caso lo staffile sì che il più anziano con un soffio da felino e una raucedine di sfida, di paura non è certo, mostra li pugni ma li ritira offesi. Scusateli signore c’è dell’orgasmo qui/ch’ alla stagion dei fiori ùsmano nell’aria i capri/lu sciàuro fimminìno… Quegli il vedete, /è il più maturo e gallo della checca è detto /ché tutte se l’ingroppa e ne feconda /Ma è segnato… non salirà mai su /finché finché finché… I capri lavati /e pettinati a gironi alterni/tutti sono dovuti all’incubatoio…/Voi capite quelle stanzette là/del fornicàio… Con un’occhiata da uno spioncino cinque o sei capri con una sola o uno con più femmine; capiamo bene e non guardiamo oltre. Da là il capro… quando compiuto esce/esce di un bel completo rivestito/e che sia del gusto suo è il compito /del reparto sartoria… Poi viene immesso /ipso iure al mondo e che con esso si confonda…/ne venga catturato al volo… Voi voi /sapete quel che si dà… È tutto qui/signore… Se ben vi sta possiam tornare in suso…/  

Schermata 2017-05-09 alle 10.56.35

* Ma come accade allora/ Che in mente ti sia vivo? E che vedesti ancora?/ Del tempo tra le quinte negre e negli abissi.

NOTA. Sciddicàri, sciddicùsa e sciàuro fimminino sono denotazioni siciliane per scivolare, scivolosa, odore femminile

 BARTURO 10

Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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