L’ElzeMìro – Il Natale del funerale

silence-1890                                          Fernand Khnopff (1858-1921) – Le silence

Pericolose e maligne sono quelle tristezze soltanto, che si portano tra la gente, per soverchiarle col rumore.

Rainer Maria Rilke – Lettera a un giovane poeta 12 agosto 1904

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Trascurata la morte in casa della gatta, fatto che a lungo manterrà dalla memoria mezzo cancellato e a forza, questo del bimbo è il suo primo morto. Il primo di cui ha visto la spoglia all’obitorio, a dir il vero tutta vestita, composta nella cassa e immobile come chi in una barca stesse prima di immergersi trattenendo il fiato; ma una volta che sia chiusa là dentro, e a dispetto di certi miti incerti, dal buio di quel mare riemergere si narra ch’è impossibile; ecco la morte è soprattutto buio; di questo tra gli eventi ancora all’aurora del suo orizzonte, o già al crepuscolo, concluderà essere l’unica possibile definizione. Natale. Finora ha immaginato il morire come esito eroico o malaccorto di una battaglia, l’inatteso destino d’Achille o di Sigfrido; qui invece senza Dunant né Nightingale pietosi, senza Omero né mitologìa, senza gloria di campo di battaglia, la morte secca ha preso il nonno per polmonite, conflitto invero tra opposti eserciti di streptococchi e penicilli ma niente, pam, un singolo sussulto e per me si va dolente per l’al di là di niente. Primo morto, primo funerale; non sa come comportarsi, come sostenere lo sguardo di chi, tra gli adulti tutti, gli ha offerto espressioni condolenti il cui senso ha faticato a trovare nel suo vocabolario in gestazione, senza riuscirci; condoglianze, eppur si dice.

Mattinata precoce di nevischio. Silenzio da trapassato remoto. Seduto accanto ai genitori nel pulmino che al cimitero reca i prossimi del nonno dietro al furgone nero con la bara, il bimbo guarda fuori. Carico di detti e contraddetti, di maturati dolori e possibili rancori, lento attraversa la città il convoglio, ubbidiente al codice stradale, ai semafori ma più spesso, siamo in anni assai lontani, agli incroci sono le guardie comunali nei loro cappotti lunghi e neri doppiopetto luccicanti di bottoni che lasciano il passo al piccolo corteo con un saluto militare e civico. Che incredibile privilegio, pensa il bambino senza dire, e tutti quegli uomini là fuori, recano a quel tempo lobbie di feltro scuro alcuni, coppole altri, tutti che scoprendo il capo come cavalieri, salutano, il bimbo pensa onorano, al suo passare il nonno, non c’è da dubitarne; Oh che Iliade, dice il bambino e con la mano destra accenna dal finestrino chiuso un salutino. E fatto invece il segno della croce, si affrettano le donne alla spesa del giorno che le attende.

le-silence-de-la-neige-1916                                      Fernand Khnopff – Le silence de la neige -1916

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Georges Rodenbach – Bruges-la-Morte – Espace Nord – Bruges la morta – Fazi

György Ligeti – Requiemhttps://www.youtube.com/watch?v=wIZG1IcpR-4

Lev Tolstoj – La morte di Ivan Il’ičAdelphi

RTSR – Rainer Maria Rilke. L’exil helvètehttps://www.youtube.com/watch?v=4-A-YCqAxjY

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Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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