L’ElzeMìro – Dopomezzanotte-Sonderkommando


Und wenn du lange in einen Abgrund blickst, blickt der Abgrund auch in dich hinein. Friedrich Nietzsche-E se guardi a lungo in un abisso, anche l’abisso guarda dentro di te.

È sbagliato essere schizzinosi… i crematori vanno invece visitati come si visitano gli appartamenti prima di affittarli… in questo caso come prima di un acquisto… benedetti comprereste mai un immobile per sentito dire… no… così io sono andato a vedere … e ho scelto… bisogna chiedere un permesso per andare fuori dalla zona di origine la burocrazia forza tutto a un questione di domiciliazione e residenza… è un piccolo impianto di montagna ad A***… bello… oh che tra faggi e abeti erma sui campi smeraldini la fredda ombra si stampi… ah carducci l’uomo che era solo uomo come animale… un animale particolare tra l’altro… il professore… e che data l’assenza del poeta in lui non riuscì mai a scrivere un verso senza ricorrere a un salto mortale sintattico… insomma io sono andato a vedere e mi è piaciuta l’ubicazione discreta della cabina elettrica… della rimessa di scarico e transito delle bare… la bareria… la reception per i dolenti e condolenti in stile albergo tre stelle… tutta travertino che è poi la pietra da costruzione più comune in valle… ordinaria… ma verde e non nera che ricorderebbe un funerale o un architetto di condominio signorile ma non troppo… e poi nascosta… la camera dei forni… il bianco della sua divisa e fuori un bosco tutto fresco di colore… ahi Penna ecco un poeta… i pulsanti accattivanti e ubbidienti… on off… che musica ardente cliklak vruuuu… ah che flussi e riflussi esofagei di gas… il dolce mormorio della fiamma al lavoro… la fiamma è bella cari miei… e soprattutto lavoratrice… una despina flamboyante… aiutata dai bravi compagni del sonderkommando… quelli che clikano e clakano i pulsanti di accensione e regolano e amministrano… un compito due volte speciale… tre… sonder sonder sonder… giustamente erano dei privilegiati nei campi… in attesa di giudizio ma con qualche privilegio rispetto a chi veniva eliminato e passato per il camino subito… guardate che la filosofia sterminatrice è la stessa… viviamo tutti in un campo di sterminio… chi più chi meno privilegiato… chi che affoga in mare… chi nei quattrini…. chi negli acquitrini uni e trini… chi tira a campare per un tozzo di pane… chi ha il pane e si illude… si compiace di quel pane con cui andrà avanti fino a fine corsa… a giudizio inappellabile della grande ss in nero… la signorina falcia e sfalcia… ma… io penso che sfumare via in un posto gradevole sia meglio… e poi ciascuno deve fare la sua parte e dimagrire tanto da non dare lavoro in più all’impianto… meno peso da incenerire… solo ossa in fondo al fondo… poco residuo… poca spesa… poco inquinamento…

Era Galgen Humor, un umorismo da forca quello del nostro amico Ax, ac nella pronuncia. Eravamo abituati, ma mai lo fummo fino in fondo, ai suoi paradossi, alle sue citazioni, al suo prendere le cose ed esaminarle con strumenti virtuali da anatomista, da forense – del resto lui avrebbe detto che cadavere e anatomista si osservano a vicenda – da medico, benché fosse in pensione e la medicina l’avesse esercitata solo da un tavolo amministrativo, da dirigente via via sempre più alto del servizio di sanità nazionale, istituto per il quale nutriva una idealistica visione di ente angelico votato al bene pubblico. Della situazione odierna sapeva poco ma di quel poco sapeva abbastanza per non vedere ormai incrinata la coppa del bene pubblico. Detestava la categoria cui era appartenuto per anni pur standone lontano, la trovava meschina e affarista, quando non incompetente, ma contava su un nugolo agguerrito di confratelli che al contrario esercitavano come se la medicina fosse un’arte, con la perizia e l’abnegazione che lui – e anche noi pazienti – riteneva indispensabile ; condizione sine qua non si fa il medico ma il consulente estetico o l’informatore farmaceutico.

Ax, Jonas Ax – e guai a leggere gionas ex – veniva dall’est europeo, non di recente, le sue origini distavano un migliaio e rotti chilometri da qui, e sulla sua nascita aveva, anche con noi amici, suscitato una nube di fumo, una sorta di contromisura atta a confondere se non nascondere. Perché non riuscimmo mai a comprenderlo ; forse perché c’è chi ama il mistero intorno a sé così da sembrare almeno qualcosa, un mistero appunto. Lui diceva peraltro che i segreti sono scatole di biscotti dal bel coperchio ma vuote. Per anni, dacché entrò a far parte del nostro circolino di intellettuali, per così dire, il suo cognome, così raro per noi, fu oggetto di congetture finché ammise che sì era ungherese di origine ma che la sua famiglia era di lingua tedesca, vai a sapere perché, di una minoranza che tra le vicissitudini dell’impero prima e della prima guerra mondiale era passata di qua di là di un loro Piave – almeno così si era capito – e poi all’amministrazione rumena e il rumeno era la sua lingua, la madre del sua linguaggio ; peraltro parlava senza accento quattro idiomi differenti, e scriveva di elezione in tedesco, ma non solo, sapevamo che aveva da anni in lavorazione un romanzo fiume, in rumeno questo, di cui tutti dicevamo come si farà a leggerlo, traducilo Jonas; e poi mirabili poesie, quasi mai in metro libero, anzi formalizzate spesso nel sonetto che, è la madre di ogni forma rispettabile e per bene… il sonetto col suo metro di undici sillabe è come la cravatta ben annodata e le scarpe ben lucidate… l’abito che fa il monaco… e che lo accompagna alla cella anche di carcere… alla tomba o al capestro… il segno che c’è un signore annidato nella penna… un freiherr amici miei… non un pennaiuolo o uno stracciaculo uno sgurattone di questi che dicono io e vanno a capo… lor signori ignorano la rima… vanno a capo… capo indiano… cap’ecazzo. Diceva cap’e cazzo che lo avreste preso per napoletano e pen na iuo lo con la sillaba iuo in mezzo ; e stracciaculo e sgurattone, parole che nessuno di noi conosceva, che aveva introdotto lui nel nostro lessico familiare e con la veemenza di un predicatore, a vederlo e sentirlo, un domenicano mezzo sangue dagli occhi di ghiaccio e i capelli fini fini di un biondo che un tempo si diceva platino, un Emmerich per chi conosce quei romanzi di – di non mi ricordo più chi – cui peraltro nell’immaginazione somigliava : piccolo, pelloso, skinny di natura, il volto rasato pelo per pelo, sempre elegantissimo ma di un eleganza sobria oltre ogni dire, da chierico appunto, dal che deducevamo che il denaro di cui sembrava poter contare – più di noi che tranne il fabbricante di serrature P*** appartenevamo a una modesta piccola borghesia modestamente benestante – fosse il frutto di qualche eredità ; di qualche castello carpatico, transilvanico, draculescu venduto a prezzo di rinunce o a un principato o a una contea.

Per paradosso i suoi modi ci inducevano a immaginarlo più direttore di albergo di lusso che dirigente del servizio sanitario. Un ripiego come ripiego ci era sembrato lo stesso atto di studiare e laurearsi in medicina di cui tuttavia, se interrogato su temi specifici, dimostrava una sapienza che era frutto peraltro di studi fatti nella prestigiosa facoltà di Vienna e in tempi studiosi… insomma era più vecchio di noi di qualche anno, il primo ad essersi pensionato. Quel discorso lo ricordo qui con precisione per averlo stenografato – sono ragioniere di formazione – e trascritto come tutti gli altri. Il nostro circolino si dava arie di agape rivoluzionaria ; la sede era lo studio di R*** un professore di qualcosa di elettronico che ci ospitava nel suo studio ; ecco R*** era un bell’uomo, un rumeno anche lui, pingue e in tutto e per tutto simile al ritratto più noto di Carlo Marx per i pensieri del quale era quasi morto nelle segrete di Ceausescu ; dotato di un humour brillante sghignazzava ricordando la sua cella, sotto il livello del mare ma nemmeno una cozza entrava con l’alta marea solo topi… che mi avrebbero mangiato se non fossi riuscito sempre ad affogarli. R*** era stato in carcere per avere commesso l’errore di studiare in Germania e di tornare in Romania a insegnare, si era sposato e aveva avuto un figlio con una strana patologia renale. Fu quello a levarlo di prigione. Riuscì ad accompagnare il figliolo in un viaggio della speranza in Occidente e aveva disertato senza tanti complimenti per la moglie ; del resto aveva saputo che era stata lei a denunciarlo. Il figlio sta bene adesso e vive come vive la maggior parte dei figli di media borghesia con qualche possibilità economica. Fa il giardiniere che è un gran bel mestiere. R*** ogni tanto buttava nel piatto qualche mezza frase in rumeno. Ricordo la domenica pomeriggio in cui Ax suggerì la conclusione di una conversazione molto accesa : andò alla lunga lavagna da dimostrazione di R*** e scrisse, bisogna reinventare l’uomo. Frase ad effetto che come ognuno può con facilità constatare non ebbe nessun effetto sulla condizione e dell’uomo e della donna. Ax si beava di questi aforismi, di queste boutades, e in realtà oltre che poeta eccelleva, e qualcosa gli era stato pubblicato, in francese, Abuses sans pouvoir ed. Du Sud, andato fuori commercio da tempo, appunto in questo tipo di produzione che sta a metà via tra la saggistica e l’affermazione gratuita. Ora lei signor procuratore che mi sta leggendo mi dirà che mi sto dilungando ed è vero ma credo che sia indispensabile che io mi dilunghi anche se mi avvio alla conclusione di questo caso inspiegabile. Dunque Ax.

Come le ho fatto intendere il nostro amico aveva tutto del personaggio, non saprei dire se di Cechov o di Ibsen o di Strindberg anche se non escluderei che Ionesco e in tempi più recenti credo o che la Christie ne avrebbe rimaneggiato i caratteri in qualche Poirot : non saprei dire se ne avrebbe fatto un assassino, un assassino molto particolare, uno che induce a uccidere qualcuno di specialmente odioso, sé stesso. Ubbìe. È chiaro, preciso, che le trascrizioni dei discorsi che si tenevano ogni seconda domenica pomeriggio – non ha idea della quantità di tè e caffè e di dolci che consumavamo e di cui spesso Ax era demoniaco produttore fai-da-te in casa sua e tra le più grasse e tedesche che si possono immaginare, ricordo un Kaisersschmarren da coma diabetico – allo studio di R*** ; e, le volesse leggere queste trascrizioni, non ho difficoltà a produrgliene benché dubiti che le possano essere utili se non a capire appena un po’ meglio i contorni del personaggio Ax… il bordo del buco nero. Nonostante fabbricasse per noi quei dolci, per sé tratteneva nel piatto una porzione così modesta che le dico, consumava in forse mezz’ora, alternando, impegnandosi senza sosta in… silenzi. Ax interveniva pochissimo nella conversazioni, gli piaceva leggere certe sue cose e ascoltava con pazienza estrema le sciocchezze che gli proponevamo come, diciamo come recensioni di prima linea. Ricordo bene che alcuni di noi, una professoressa di canto al conservatorio, la signora C***, di tutto chiedeva il perché e il che cosa vuol dire e lo faceva con una impudenza e un’aria da adesso-ti-sistemo-il-pupo forse insita nel suo carattere più che nella sua professione ; ciò la rendeva molto indisponente ma il nostro circolo preferiva essere gentile con lei e poi la professoressa quando non montava in cattedra per contestare Ax era un donna simpatica, molto esuberante, un donnone, a vederla più una pastaia di strepitosi tortellini che una docente ; peraltro con Ax si intendeva per via della musica che Ax maneggiava, come argomento e non solo : suonava discretamente il violino. Mi sono perso.

Ah i dolci, Ax mangiava in realtà sempre molto poco, se uscivamo per qualche ragione a cena tutti insieme, o declinava l’invito o, se lo accettava, gironzolava intorno al piatto ordinato più che addentrarsi nel suo contenuto. Odiava la pizza che, È un modo barocco e costoso di mangiare pane formaggio e pomodoro… un much ado about nothing… più che un alimento una chiacchiera di scugnizzo che chiede soldi… In quelle riunioni culinarie, il suo maggiore divertimento era indisporci con le sue macabrerie, per il puro gusto di mettere alla prova o i nostri stomaci o la nostra immaginazione. Il discorso che le ho ricopiato in apertura di questa lettera, ricordo che avvenne d’inverno in una sera di tormenta. Oh se nevicava, così tanto che quando uscimmo dalla trattoria fummo costretti ad aiutarci a vicenda a fare uscire le macchine incastrate dalla neve nel parcheggio. Fu divertente. Ax che non aveva auto, si allontanò verso la fermata di un autobus. Non so perché mi colse la sensazione che non lo avremmo rivisto presto. Inspiegabile. Inspiegabile fu anche il fatto che in quel periodo, Ax prese a dimagrire con metodo, pensammo tutti al cancro ma lui rideva della nostre ubbìe ricordandoci che bisogna presentarsi al giudizio de, lo maggior corno de la fiamma antica sgrondati di grasso e inutile ciccia. In un’occasione seguente ci raggiunse, per la verità me per primo che poi ne parlai a tutti ; mi telefonò dall’ospedale dove era stato ricoverato – a forza ‘sti babaloni – per un grave deperimento organico, mi spiegò. Ci organizzammo in modo che ognuno di noi andasse a trovarlo in ospedale, non presagivamo nulla perché chi va in ospedale dal malato, per quanto sia grave la sua condizione tende a travestirla di ti-trovo- benone, e altre amenità. Come ebbe a dire Petrolini sul letto di morte, D’Aspetto sta bene sì, è Petrolini che muore.

Mi pare adesso quando andai io a trovarlo. Era steso nel letto in uno stato che da ignorante avrei definito semi-catatonico, magro che non si può dire, un osso dentro un pigiama ; del tutto simile a quegli sventurati che sì i sonderkommando arpionavano per spingerli chissà se ancora vivi nelle bocche dei forni a ciclo continuo. Ma Ax rispondeva ancora ai comandi, mi intrattenne come se con la mia presenza avesse ricevuto un’iniezione di vitalità. Mi parlò dei colleghi che lo avevano in cura come di dementi del tutto convinti che fosse la dieta cui si atteneva, minimalista forse sotto le 500 calorie al giorno chi lo sa, fosse la causa del suo stato. È la vita che ammazza caro mio da quanto lo dicoe poi sai non ho mai capito perché mi sono lasciato nascere… e qui mi citò un suo conterraneo, Émile Cioran, di cui però io non sono capace di ripetere l’aforisma, per certo di massimo nihilismo. Lascio perdere e salto alle conclusioni. Non l’ho scritto subito ma fu la fine fine fine di Ax ad entrare nel novero dei misteri, o meglio dei prodigi se mi consente di usare questo termine desueto, un po’ vieillot per dire.

Accadde questo, che nel corso di una notte il corpo di Ax prese a sparire. Non posso dire altrimenti, Ax non morì come tutti ci attendavamo, di fame, o forse sì ; quello che successe però non fu che venne trovato il suo cadavere ischeletrito nel letto con tutte le conseguenze funeste che il decesso porta con sé. Non fu così. Pare che Ax entrasse in agonia rapidamente nel tardo pomeriggio del 31 dicembre. Poco dopo la mezzanotte – si immagina signor procuratore, il personale di guardia che in qualche modo festeggiava l’anno nuovo? – di colpo, gli strumenti che lo tenevano al guinzaglio di medici e infermieri presero ad agitarsi ; la capo sala corse nella stanza, dove Ax aveva strepitando ottenuto di essere alloggiato da solo, ma non trovò nulla. Ax si era dissolto, di lui rimaneva una polvere cinerea. Nessuno potè mai capire come fosse potuto accadere. Resta che Ax finì come in fondo aveva preconizzato : senza che il forno crematorio dovesse faticare tanto ad estinguerlo.

L’immagine di apertura è di Nigel van Wieck – Coat-check girl

Pasquale D'Ascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi di questa rivista  sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito

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