Dovrebbe essere risaputo che i rivoli in cui si disperde il seme del delitto, seme di sangue e bile e liquidi accessori, sono innumerevoli, quanto, prima o poi, si annodano le trecce dell’indagine, volta, di volta in volta a scoprire di che delitto si tratta e, come scrisse il poeta, di che lacrime grondi e di che sangue o addirittura, e per avventura, se delitto vi sia o non vi sia stato. Non è sempre vero invece o magari è poco noto che le streghe, gli orchi e i troll e tutte le creature d’ombra e tenebra e golose di bambini in carne, nonostante il rischio talvolta di essere cacciate proprio da questi nel forno per loro acceso, non abitano di default casette di cioccolata, marzapane, canditi e confetti e quant’altro appetisca ai palati più golosi e infantili anzi al contrario, di quelle creature ritenute a torto supernaturali, ve ne sono che abitano villette, condomini, mansioni ordinarie – villette di preferenza ma non per forza isolate e tetre, misteriose e seducenti – ma dotate di ognuno dei conforti al vivere quotidiano : nanetti di terracotta in giardino per esempio o, in cucina, normali piani a induzione adatti a a minestrine e non soltanto minestrine, e in terrazza bei barbecue chiusi o fornetti aperti ,dalle forme panciute e dimensione imponente.
Allora : Lei era più giovane di Lui e Lui, non tanto sovrappeso quanto dotato di una pancia che avrebbe potuto accogliere un coccodrillo, a pezzi e bocconi naturalmente, Lui trovò Lei attraente. Questo benché i capelli di Lei, anche lavati ripetute volte, sembrassero, come si dice, sempre un po’ greasy, unticci ; nemmeno lei era sovrappeso, di pancia non mancava ma meno visibile e le sue gambe anche opportunamente inguaiate nella lycra, non c’era verso che non sembrassero a ics ; una ics discreta certo ma non tale che a un’osservazione distaccata apparisse tale : insomma gli ossi interni delle sue ginocchia, ossia all’incirca i femori e le tibie, convergevano gli uni verso gli altri come se in qualche momento, chissà nell’infanzia, avessero provato una misteriosa attrazione reciproca. Lei, voglio posso e comando, mise lui a dieta, adottò la tattica di indossare camicine o altri dessus trasparenti, non troppo ma abbastanza perché lo sguardo di lui, durante le loro cenette cheeck-to-cheeck, fosse attratto da quelle trasparenze e non dal cibo, dal tagliere di salumi misti alla crema catalana. Per dei giudici implacabili come i genitori di Lui ma non solo, anche a detta di amici e altri parenti apparenti, Lei risultò una ragazza carina; alcuni osarono dire una bella ragazza e altri addirittura una dal gran bel personale ; costoro tutti erano, come si usava dire, delle assai buone forchette. Per conseguenza Lui fece a Lei la richiesta o proposta di matrimonio. Lei accettò e con la concretezza doppia di una benedizione e di un certificato comunale, partirono in barchetta per il Nilo lungo il quale, su un’altra barchetta passarono del gran tempo a levare inni e lodi e sacrifici alla dea della passione, Venere Afrodite. Il viaggio era di quelli organizzati e il Nilo lungo abbastanza da lasciare che lei alla fine della navigazione risultasse incinta. Da quella gravidanza nacque una bambina, non sùbito sul Nilo, qualche nove mesi più tardi, ma senza por tempo in mezzo la bimba fu presa stretta in lane e pannolini e per la testa tuffata in un’acqua ferma nella sua santità ma priva di quei vantaggi che, con qualche errore, diedero ad Achille l’immersione nello Stige e a Sigfrido nel sangue caldo del suo drago. Alla bimba, invece di una parziale corazzatura contro le frecce e i colpi di una possibile avversa fortuna, fu rilasciato per unico vestigio un nome gonfio di attese e aspettative… Berenice.
Lei e Lui vivevano nella villetta di una lottizzazione spuntata in poco tempo su su per una stradina che gira e rigira finiva al nulla di un boschetto di faggi, senza che peraltro fossero esclusi noci e castagni ; Lei, lava lava stendi stendi stira stira, si lamentava con qualche regolarità della fatica e dell’impegno e della semiclausura che la villetta e Berenice le imponevano. Lui stava molto fuori dalla villetta obbedendo agli ordini del suo lavoro, importa niente dire quale, e agli obblighi del giardinaggio, della cura dei ceppi accesi nel camino e spesso spesso nella barbacoa o barbecue: siccome di tutti i sensi Lui da babbo preferiva il buon senso, Lui, da babbo, a riposo nella veranda della villetta ascoltava da lontano i lamenti da Didone abbandonata di Lei, nei momenti di libertà e riposo, sui piani strategici di sempre nuovi e diversi viaggi e vacanze organizzate : anche a Cartagine, fosse stato possibile. Intanto Lui babbo cambiava diligente i pannolini, arieggiava la cameretta rosa sangue stinto di Berenice e componeva con diligenza estrema complessi puzzles sul tavolo del soggiorno cui caso mai sedevano ospiti di alto o basso rango, tutti buone forchette ovviamente. Quei puzzles del resto erano la più concreta metafora delle ambizioni di Lui. Per i pasti Lui e Lei usavano sedere a una ponte di laminato plastico sostenuto da un piede di acciaio detto penisola. Ricordo del Nilo chissà.
Entrambi, Lui e Lei, al mattino avevano il fiato di grotta del carnivoro. A motivo di ciò si baciavano assai poco e soltanto dopo avere bevuto tanto ma tanto caffè o divorato i dolci voluttuosi con cui chiudevano ogni abbondante pasto o ingollato molto whisky, ma solo la sera. Allora l’istino li abbarbicava uno all’altra ancora come ai tempi del Nilo. Lui si estasiava al guardare Lei scofanarsi esagerate porzioni di tartare di manzo. Lei amava guardare lui mentre infilzava costolette sugose sul barbecue della terrazza ; e che bello che bello per Lei vederlo digrignare la carne senza lasciarne nemmeno una fibra attaccata agli ossi.
Nell’intanto Berenice cresceva e crebbe al punto da essere comunicata e cresimata in corrispondenza del suo primo flusso di sangue. Poco più tardi Berenice scoprì gli amorazzi infantili e i filarini o flirts. Così saltando da un amore all’altro, da quello del principio a quel di mezzo arrivò a quello considerato da Lui e Lei, mamma babbo e da tutto il consorzio dei parenti buone forchette, considerato il definitivo. Così che un nuovo Lui, un lui del tutto simile al Lui-babbo e pronto a diventarlo, a Berenice chiese la mano e tutto il resto. La mano porse a Lui Berenice con tutto il resto. A seguire, una crociera di nozze su una gigantessa del mare. Ma a Berenice una sera, osservando il cameriere che con gesto preciso e affilato puliva per lei un dentice al forno, apparve alla mente di colpo l’occasione in cui aveva visto uccidere da Lei, dalla mamma, una gallina ; con la sua bella risata argentina le aveva bucato – o prima o poi non ricordava Berenice – il condotto uditivo e appesa poi per le zampe a uno stenditoio apposito accanto al barbecue per farle buttare tutto il sague. Il cane, perché Lui e Lei avevano nel frattempo comprato un robusto lupo da guardia, il cane accorse per leccare il prezioso liquido rosso prima che la terra, ovvero le piastrelle di grès della terrazza lo inghiottissero. Poi fu la volta – di nuovo la mente di Berenice fu sopraffatta dal ricordo – in cui Lui-babbo e in compagnia di due vicini di villetta, invitati a cenare, aveva scelto un coniglio dalla conigliera e, mentre chiacchierava del meno più che del più così senza parere, stretto il coniglio per le sue zampe posteriori lo sbattè con veemenza contro il tronco di un leccio robusto che, a voler giudicare dalle macchie scure sulla corteccia era il tronco preposto alla bisogna. Ciò che il coniglio provò per un secondo, a parte una paura così intensa e improvvisa da fagli espellere, tra risate e ohi ohi la sua ultima cacca, fu un dolore acuto al capo che gli mozzò il fiato e non glielo restituì ; infatti poi non sentì più niente. Lui babbo, lì seduto stante in cucina, spellò il coniglio a dovere, ne gettò la pelle nell’umido, lo stese sul grande tagliere di servizio a pancia all’aria, ne forzò il torace per appiattirlo, stirò e divaricò ben bene le zampe in fuori, poi, con il più capace dei coltelli, lo aprì da quell’ano birichino alla gola, lo svuotò di ogni particola di interiora che gettò pure nell’umido, sì, poi cosparse i resti del coniglio di sale e pepe, ne massaggiò la polpa di burro e olio, riempì la carcassa di odori, si dice così di tutto quello che gli odori copre, mise il tutto in forno a 180 gradi e quando un’ora dopo il coniglio era diventato una splendida mummia sfrigolante e, come si dice in cucina, dorata a puntino, fu servito in tavola. Con quei ricordi in testa e mentre la nave andava seguendo un filo di orizzonte oscuro a nord, in quel momento la sposa Berenice respinse il dentice, prese a brucare insalata e a sgranocchiare pane di segale imburrato e ordinò patate, bè quelle al forno, e uova al tegamino. Al ritorno in porto Berenice chiese il divorzio e le fu accordato.
Passarono così giorni e giorni, al termine della conta dei quali Lei e Lui, i babbi, morirono. Ma chi sia stato l’assassino e chi la vittima e quale infine il delitto è difficile da scoprirsi.
L’immagine di apertura è di Nigel van Wieck – Coat-check girl