I libri che hanno più di 50’anni di vita devono rimanere in Italia. Questo è il fulcro – per l’universo librario – di quanto ha stabilito la legge 6 agosto 2015, n. 125 che ha modificato e reso ufficiale il decreto-legge 19 giugno 2015, n.78 recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali.
In sostanza fino all’approvazione di questa legge chi voleva esportare o importare un testo “antico” aveva la possibilità di farlo chiedendo un permesso – che solitamente veniva approvato nel giro di qualche giorno – alla propria regione di appartenenza. La legge 125 non ha definitivamente sottratto la competenza di erogare questa concessione alle regioni, ma ha imposto che essa venga emessa “sulla base di specifici accordi od intese” con lo Stato. Accordi che però ancora non sono stati stabiliti.
Questo ha creato quindi un vuoto legislativo che ha scatenato la protesta dell’ALAI – Associazione Librai e Antiquari Italiani – che si è vista bloccare un mercato importante come quello dell’import-export di testi antichi. Il vuoto si è cercato di colmarlo il 20 ottobre, quando il Ministero dei Beni culturali ha nominato la Direzione generale Belle arti e paesaggio, con la collaborazione della Direzione generale biblioteche, quale responsabile dell’erogazione dei permessi per esportare o importare testi antichi. Tale Direzione si è però dichiarata non preparata a sopperire a tale incarico.
Ma che pena è prevista per chi viola la legge 125? Una condanna molto pesante. Chi volesse infatti esportare all’estero o importare in Italia un libro vecchio più di 50’anni rischia da 1 a 4 anni di carcere.