Autore: Sottrici Flavio
Casa Editrice: Nomos edizioni
Genere: saggio
Pagine: 109
Prezzo: 9.90 €
“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.” (Incipit Articolo 81 della Costituzione Italiana)
Come è si è potuti arrivare ad una situazione così disastrosa dell’economia italiana e dei conti dello Stato, avendo nella nostra costituzione proprio un articolo che non solo promuove, ma obbliga il legislatore ad avere il pareggio di bilancio? Chi deve vigilare sull’effettivo rispetto della Costituzione da parte dei nostri politici? Perché quest’articolo non è stato più osservato a partire dalla fine degli anni Sessanta?
Il saggio di Flavio Sottrici, ex-presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, cerca di dare una risposta a queste e a molte altre domande che un qualunque cittadino italiano dovrebbe porsi in un contesto socio-politico ed economico così difficile come quello in cui tutti viviamo. Il testo non è né un trattato di giurisprudenza, né di economia, ma un mero tentativo di ripercorrere tutti i passi dello Stato italiano dagli anni di Einaudi ad oggi in relazione anche ad altri Paesi sviluppati sia dell’Unione Europea, sia di oltre oceano. Vengono dettagliatamente elencate le cause che hanno portato a questo clima di crisi e sfiducia nei confronti dei politici italiani, la situazione del debito pubblico ed il meccanismo perverso di tassare sempre più il popolo per tamponare questo tsunami finanziario del Bel Paese.
“Il nostro debito è cresciuto troppo: quando ha superato il 90 – 100% del Pil, il Paese ha cessato di crescere e il debito si è autoalimentato, bloccando ogni ragionevole sviluppo e creando di conseguenza masse di disoccupati e di sottoccupati. […] Il mercato interno si riprenderà solo se venti milioni di salariati avranno denaro da spendere e se i disoccupati si ridurranno ad un livello fisiologico” (pag. 31).
In molti capitoli vengono più volte proposte soluzioni (più o meno drastiche, più o meno condivisibili e più o meno attuabili), come l’uscita dall’Euro per tornare alla Lira, oppure il consolidamento del debito pubblico con relativo decremento dell’interesse sul debito (chi di noi rinuncerebbe agli interessi maturati su un qualsiasi investimento per il bene del Paese?), oppure ad una rivalutazione e ridistribuzione dei poteri del Senato, portandolo ad essere puramente un organo di controllo del rispetto delle leggi e dei conti dello Stato, costituito però da membri (a vita) che non siano soggetti ad elezioni e dunque a voti.
“Per fare in modo che l’articolo 81 venga rispettato nella pienezza della sua formulazione, è necessario che il potere che decide le spese sia gestito da uomini che non debbano sollecitare la benevolenza degli elettori” (pag. 45).