Autore: fey weldon
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Fazi
Genere: Romanzo drammatico
Traduttore: Maurizio Bertocci
Pagine: 201
Prezzo: 14.00
“Vado a vedere Casablanca”. Ecco le ultime parole che Alexandra Ludd, famosa attrice teatrale ha sentito pronunciare da suo marito Ned nell’ultima sera in cui i due si sono sentiti. Ma il giorno successivo a svegliare Alexandra, che ancora si trova a Londra, e a richiamarla nella bella casa di campagna è una terribile notizia. Ned è morto. Suo marito. Il padre del piccolo Sasha. Sollecitata dalle amiche, Alexandra torna in fretta e furia a casa e cerca di capire cosa sia successo a Ned. Si era sentito male? Era morto nel sonno? Nemmeno l’autopsia eseguita dal medico legale riesce a fugare i dubbi e le paure di Alexandra. Ma mentre la promettente attrice teatrale deve iniziare a organizzare il lutto, mentre ancora è stordita dal dolore e cerca di affrontare il lutto, qualcosa di incredibilmente doloroso si fa largo nella sua vita. All’inizio è solo un chiacchericcio. Qualche occhiata, qualche parola di troppo pronunciata qua e là. Ma basta poco a far crollare la donna e a gettarla in un prostrante e doloroso momento di crisi. Chi era davvero Ned? Il brillante critico teatrale, il marito fedele e adorante, il padre del piccolo Sasha oppure c’è qualcosa di più in lui? Cosa nascondeva nella sua vita e quale è stata la causa della sua morte? E sopratutto, chi è Lucy Lindt e cosa aveva a che fare con suo marito?
Ho trovato molto interessante la lettura di questo romanzo tanto che alla fine della lettura non ho saputo nemmeno io se il testo mi era piaciuto o se non mi aveva convinto. Di una cosa sola ero certo: questo romanzo ha decisamente catturato la mia attenzione tanto da non poter non parlarne.
La storia in sé sembra essere un copione già visto e già lettto. Una donna che crede di vivere con il marito perfetto scopre alla morte di lui cose che non voleva sapere. Sembra quasi l’inizio di un trafiletto di cronaca che si può trovare su qualche rivista scandalistica, niente di più. Però in quello che sembrava essere una trama un po’ banale salta fuori un grande romanzo introspettivo in cui non riesci mai a capire chi stia dicendo la verità e chi stia mentendo. In alcuni momenti non saprete nemmeno se quella che state leggendo è l’effettiva realtà della storia o solo un brutto sogno della protagonista, talmente realistico da farvi credere che sia la vita vera.
Graficamente ho trovato affascinante quanto disturbante la scelta dell’autrice di separare numerosi momenti della storia dagli altri con degli spazi bianchi. Non so se fosse questa la sua intenzione, ma la sensazione che ho avuto è stata quella di essere entrato con prepotenza nella vita di Alexandra Ludd, di essere lei e di avere ogni tanto attimi di lucidità in quella che era la nebbia grigia del mio dolore.
A fare da cornice a tutto questa “presa di coscienza” della verità c’è anche la descrizione di quello che è il mondo piccolo borghese di provincia dove tutto è sulla bocca di tutti ma nessuno sa nulla, in una fastidiosa quanto curiosa fiera dell’umano che mostra tutte le sue pecche, le sue debolezze e le sue meschinità che non si fermano davanti a nulla, non ha pietà del dolore, della morte o della memoria e che deve abbattere tutto e tutti nascondendosi comunque dietro a una rassicurante maschera.
Un libro strano quello di Fey Weldon che di sicuro ha il dono di arricchire e di turbare chi lo legge facendogli fare una esperienza decisamente intensa quanto controcorrente.