Autore: Olivier Guez
Data di pubbl.: 2018
Casa Editrice: Neri Pozza
Traduttore: M. Botto
Pagine: 202
Olivier Guez, nato a Strasburgo nel 1974, giornalista, sceneggiatore e scrittore, ha vinto con questo libro nel 2017 il prestigioso Premio Renaudot. Romanzo storico o storia romanzata poco importa. Il racconto di Guez, preciso e accurato, riguarda la parte più complessa e intricata della vita dell’angelo della morte di Auschwitz e non solo: il dottor Josef Mengele.
Lo incontriamo alla dogana portuale di Buonos Aires, pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, due valige saldamente strette in ciascuna mano, gli occhi castano-verdi che scrutano la folla di espatriati in fuga dall’Europa, scesa, insieme a lui, dalla nave North King. Al doganiere mostra un documento della Croce Rossa Internazionale, completo di permesso di sbarco e visto d’ingresso, a nome Helmut Gregor cittadino altoatesino di professione meccanico. E nonostante al controllo una delle valige risulti piena di siringhe ipodermiche, vetrini, campioni di sangue, appunti e schizzi anatomici, il frettoloso medico portuale convocato dal doganiere, lo lascerà passare credendo alla sua bugia: quella di essere, oltre a un meccanico, un biologo dilettante. E’ il 22 giugno del 1949 e Josef Mengele, alias Helmut Gregor, ha raggiunto il santuario argentino.
Da questo momento Guez, con un procedimento assai simile a quello dei migliori profiler, si cala nel personaggio Mengele, o Gregor se preferite. Ne immagina i momenti nella nuova terra dove ha trovato rifugio, i ricordi di anteguerra come l’incontro con la prima moglie Irene; il modo in cui costei è riuscita a sbarazzarsi della sua ingombrante presenza sottraendogli anche l’unico figlio; la sua scelta di non farsi tatuare sotto l’ascella il numero di matricola come ogni altro ufficiale delle SS, scelta grazie alla quale è riuscito a farla franca con gli Americani che lo hanno scambiato per un soldato semplice e liberato. Ora Gregor/Josef si gode la Buenos Aires dei Peròn in pieno boom economico e medita sulla possibilità di ritagliarsi un ruolo attivo alla corte del dittatore mentre prende contatto con la vasta comunità di ex-nazisti che già abita il Paese. Intanto non abbandona la speranza di tornare, un giorno non lontano, nella sua amata patria dalla quale gli giungono costantemente notizie della sua famiglia di origine, nonché cospicui aiuti economici per tirare avanti mentre si accontenta di lavori non certo alla sua altezza.
Per undici anni la vita di Mengele scorrerà piuttosto tranquilla, almeno fino al 1960 e all’arresto, sempre in Argentina, di Adolf Eichmann da parte del Mossad. Solo allora la paura di venire scoperto, arrestato e giustiziato lo spingerà a far perdere di nuovo le sue tracce:
“Eccolo prigioniero della maledizione di Caino, il primo omicida dell’umanità: errante e fuggiasco sulla terra, chi lo incontra lo ucciderà.” (p.91)
Così si chiude la prima parte del libro e se ci è sembrato che Guez si limitasse a raccontare in modo asettico la storia di un uomo crudele, ma pur sempre umano, iniziando la seconda parte precipitiamo negli abissi del male e incontriamo il Mengele più noto al mondo:
“Mengele è il principe delle tenebre europee. Il medico orgoglioso ha dissezionato, torturato, bruciato bambini. Quel rampollo di buona famiglia ha mandato alla camera a gas quattrocentomila uomini fischiettando. A lungo ha creduto di cavarsela facilmente, lui…che si considerava un semidio, lui che aveva calpestato le leggi e i comandamenti e causato, imperturbabile, tante sofferenze e tanta tristezza agli uomini, suoi fratelli.” (p. 100)
Quegli stessi abissi nei quali lentamente sprofonderà lo stesso Mengele fino al suicidio per annegamento in mare nel 1979.
E se il modo secco e piano in cui la storia è narrata può trarre in inganno, bisogna invece ammirare il distacco che l’autore è riuscito a conservare mentre s’immergeva con cura spasmodica di fonti e particolari nella vita di un essere orribile e mostruoso per un malinteso amore per la scienza e un’assoluta mancanza di empatia e rispetto per la vita altrui. Rimane da considerare con sgomento come Mengele, Eichmann e altri ‘vampiri’ che la storia, la genetica e il destino producono al solo scopo, o così sembrerebbe, di affliggere l’umanità, morendo si portino nella tomba il terribile e irrisolto mistero di quella duplicità presente sempre, seppure in gradi variabili, nella natura umana.