Autore: Ferrio Stefano
Casa Editrice: Feltrinelli editore
Genere: Romanzo
Pagine: 204
Prezzo: 15
Finalmente lontani da contratti milionari, processi televisivi, scandali e “cassanate” dell’ultim’ora con “La Partita” di Stefano Ferrio si torna a respirare l’aria leggera del vero calcio.
Siamo sul finire degli anni Settanta nella pigra provincia veneta, i Juke box suonano Battisti e i Bee Gees, le ragazze sfrecciano su rombanti Fantic Motor e nel campetto delle Missioni Estive si sta disputando una partita memorabile. I protagonisti? Giocatori di Calcio. Sì, perché Il Russo, Polentina, Renzo Muraro, Marco Ziviani, Davide Dal Toso, Tobia Marchi, Edo Cazzaniga, Caio Gastaldon, i cui nomi non ricordiamo certo negli annali sportivi, sono, prima di tutto, coloro che il calcio lo giocano; con rigore, passione, partecipazione.
Sono poco più che ventenni, pieni di ideali e di determinazione e si fronteggiano in due squadre molto diverse. Da una parte l’Inghilterra – un’Inghilterradella provincia veneta, ma non perquesto meno Inghilterra di quella vera – e dall’altra il Bar Fantasia.
Maglie tutte bianche e col numero rosso sulla schiena gli uni e maglie gialloro ispirate al Brasile gli avversari. Fisici, sanguigni e geniali i primi, eleganti, tecnici e sicuri gli altri. Così sicuri da risultare strafottenti e quasi imbattibili. Tante sono le sconfitte subite dall’indomita Inghilterra, ma, quel pomeriggio di giugno, qualcosa accade.
A sette minuti dalla fine un tiro al volo disegnato da Dio sembra regalare la vittoria all’Inghilterra, ma repentinamente un tiro a campanile inventato dal diavolo fa perdere la palla tra le steppie: partita sospesa e impegno a rigiocarsela trentatré anni dopo. Nasce La Partita Interrotta.
Trentatrè anni di esistenza trascorrono. Matrimoni, separazioni, figli naturali, figli adottivi, sfolgoranti carriere in medicina e nell’avvocatura, una vocazione, ma anche la detenzione, la scoperta di un cancro, il male oscuro della depressione, la morte in un Paese lontano senza l’affetto dei familiari. Quei ventenni, figli del proletariato o rampolli della borghesia, che hanno vissuto gli anni della lotta di classe e della contrapposizione ideologica ritrovandosi insieme su campi di calcio improvvisati e con due maglie come delimitare della porta, ora sono uomini fatti, temprati dalla vita.
In tutti loro una promessa è però ancora viva. La promessa diventa atto di fede verso la propria gioventù e la Partita Interrotta si disputa.
Molte cose sono cambiate. Lo zoccolo duro dell’Inghilterra risponde all’appello del magnetico caposquadra Beppe Rosso, ma le file del Bar Fantasia non sono più così salde e accanto a loro si fa strada una nuova grottesca squadra. Tipi muscolosi dalla giovanilistica fotogenia e dall’ossessivo culto dell’immagine compongono l’Altomare No Profit; la squadra dei tempi moderni. Attimi di concitazione in campo, si propone una triangolare e per alcuni istanti La Partita Interrotta rischia di rimanere tale per sempre, ma poi il grande richiamo del calcio mette tutto a tacere. Si rimescolano antichi compagni e vecchi nemici, nuova formazione e si scende in campo. Poco conta a questo punto il risultato di questa straordinaria partita, è un raggio di sole a chiudere il gioco; un raggio di sole ed un incredibile, magico, poetico ultimo tiro di uno speciale giocatore.
Per scrivere il suo romanzo Stefano Ferrio pesca nei suoi ricordi di ragazzo di provincia e si ispira a due episodi della sua adolescenza (due partite disputate rispettivamente alla fine della terza media e dopo l’esame di maturità) e nel suo racconto si respira tutta la forza e l’autenticità di una genuina passione. Il suo è un atto d’amore sincero e non strumentale per il più popolare degli sport, un inno al cameratismo che da questo gioco può scaturire. Campi di fortuna, trasferte improbabili, muscoli doloranti, sacrificio, lotta, unione e tanta goliardia: questa l’anima vera e pura del calcio.
Un linguaggio immediato, frizzante ed uno stile sincopato e carico dell’adrenalina delle grandi telecronache sportive accompagnano il lettore ed impossibile sarà per ognuno, tifoso o detrattore di questo sport, non ricordare quella partita disputata da ragazzi in campi polverosi o sull’asfalto e con il basculante di un garage come porta unica.
“E’ esattamente questo il senso della sfida che siamo chiamati a giocarci. Se lo faremo interpretando meglio di loro la parte che ci è stata assegnata… Se lo faremo dedicando ogni stilla del nostro sudore non a mille noti campioni ma ad un gioco reso immortale da milioni di giocatori sconosciuti, vinceremo. Nel nome degli infiniti e oscuri portieri che pregano, terzini che picchiano, mediani che sanguinano, laterali che inciampano, centrocampisti che annaspano e attaccanti che non sanno mai come girarsi verso quella stramaledetta porta. I nostri compagni, in campo e nella vita. Quelli a cui si deve la misteriosa, stupenda e democratica bellezza del Calcio.”