Autore: guy gunaratne
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Fazi editore
Genere: Narrativa straniera
Traduttore: Giacomo Cuva
Pagine: 288
Prezzo: 18.50
Non è tutto oro quello che luccica. Non si fa mai troppo caso ai motti di saggezza popolare eppure ci sono dei momenti nella vita in cui certe frasi molto scontate si rivelano più vere che mai. Prendiamo l’Inghiletera come esempio. Una nazione ricca, invidiabile, che ha dato i natali a personaggi tra i più influenti del XX secolo e che vanta essere la culla di quella che è la lingua internazionale per eccellenza. Inghilterra potenza cresciuta nei secoli, che ha visto, sotto la propria bandiera, nazioni intere e che vanta ancora oggi un modello di integrazione culturale unico nel suo genere. Se la guardiamo sotto questa scintillante luce, sembra il paradiso. Eppure….
Eppure esiste un’altra faccia della medaglia. Dietro il benessere, dietro la ricchezza si nasconde una grande miseria e una diffusa povertà e dietro il modello di integrazione si celano discriminazioni verso le minoranze che, cresciute negli ultimi trent’anni e alimentate da un divario sempre più grande in cui insofferenza, intolleranza e vecchi ideali fanno da padroni, l’Inghilterra è diventata una delle nazioni più colpite dalle ondate di violenza terroristica che si sono abbattute in Europa negli ultimi anni.
Ed è proprio a partire da questo cupo canovaccio che inizia la storia di questo romanzo aprendosi al lettore con la storia dell’omicidio di un soldato britannico ad opera di due ragazzi provenienti dai quartieri più poveri della City e radicalizzatisi con il tempo. Questa storia è solo una delle tante che vengono viste e narrate dai tre protagonisti Selvon, Ardan e Yusu a cui si aggiungono anche Nelson e Caroline. Ragazzi giovani nati e cresciuti nei quartieri periferici di Londra dove le minoranze sono tutte compresse e schiacciate tra di loro. Le famiglie di ognuno di questi ragazzi provengono dai vari territori che un tempo componevano l’impero britannico e si erano stabilite stabilitesi sul suolo inglese a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale in nome di una politica di tolleranza e di ripopolazione rapida dell’Inghilterra, promossa dalle autorità inglesi stesse e abolita alla fine degli anni 70 senza mai aver avviato un processo di riconoscimento e regolarizzazione dei numerosi nuovi abitanti. E così, in nome della ricostruzione rapida e dell’economia sono nate le periferie dove palazzoni di cemento si alternano a piccoli giardinetti e campi sportivi dove poter fare qualche partita di pallone. Il libro si svolge nell’arco di 48 ore in cui i tre ragazzi, da punti di vita diversi, sono narratori e testimoni delle continue tensioni che animano questi quartieri e che, unite alle grandi tensioni nazionali e internazionali finiscono per esplodere in episodi di rabbia cieca e disumana.
La nostra folle, furiosa città è un romanzo impressionante. Lo apri, inizi a leggerlo ed è uno schiaffo in faccia. Magari molte persone non hanno la visione idilliaca delle cose o delle nazioni e sanno benissimo che non solo casa nostra ha dei problemi (in questo siamo bravissimi però. Dipingere gli altri come luoghi idilliaci e noi come l’inferno fatto e finito) ma, forse perché fresco di una avventura proprio a Londra e avendo respirato un clima tutto sommato tollerante verso il prossimo, leggere storie di vita che si annidano in quartieri che non sono sicuramente segnati nelle guide turistiche è stato un bello shock. Anche definire il soldato ucciso “un soldatino” mi ha lasciato molto turbato perché in quel diminutivo ho sentito una forte sufficienza, una grande distanza dall’idea che “anche quella persona è un essere umano” e che un episodio come quello potesse essere uno tra i tanti che ti passano davanti agli occhi durante la giornata ha influito molto sulla lettura che stavo facendo. Ma questo turbamento emotivo non mi ha impedito di godermi il libro che stavo leggendo. Al contrario mi ha svegliato da un certo torpore intellettivo e, mano a mano che procedevo nella lettura, ha scosso sempre di più la mia curiosità e la mia voglia di leggere.
Ho apprezzato molto che la narrazione avvenisse attraverso gli occhi di cinque ragazzi diversi provenienti da culture diverse e che, pur essendo amici, raccontano di lingue, suoni, colori e odori diversi (che finiscono poi per mescolarsi ad altri elementi dando origine a una esplosione nella tavolozza delle immaggini mentali). In particolar modo è stato molto interessante leggere degli slang che si nascondono nella parlata popolare e “downtown” dove esistono parole diverse per indicare e indicarsi. In modo speciale ho apprezzato che questo romanzo non sia una storia completamente inventata e ricca di colpi di scena o che abbia una trama romanzata ma che gli episodi narrati siano qualcosa di verosimile. Credo che questo libro sia qualcosa che dovremmo leggere tutti (anche a seguito degli episodi di cronaca contemporanea)per capire il malessere che non si limita solo alle immagini viste in televisione o riportate sui social velocemente ma anche le storie che si nascondono dietro tutte queste sofferenze.