
Autore: Bufalari Giuseppe
Casa Editrice: Hacca edizioni
Genere: romanzo documentale
Pagine: 393
Prezzo: 17,00
E’ il 1953, l’anno che segna il tramonto del latifondo e della società contadina meridionale. Giuseppe Bufalari, fiorentino, oggi novantenne, arriva in una lontana masseria lucana, in qualità di insegnante e assistente sociale, e si trova a vivere i difficili cambiamenti dovuti all’avvento della modernità. Nel ’59 l’autore elabora il documento di quell’esperienza ormai già alle spalle, e il libro sarà pubblicato l’anno dopo dalle edizioni Lerici. La ristampa del romanzo da parte dell’editrice Hacca ha proposto questo recupero di qualità all’attenzione di lettori, critici e storici.
La prima pubblicazione de La masseria venne recensita da Eugenio Montale sul Corriere della Sera. Il libro ottenne un grande successo con più che lusinghieri commenti da parte dei maggiori critici dell’epoca tanto da essere anche tradotto in lingua tedesca, spagnola e svedese. In seguito a questo periodo di notorietà, una decina di anni dopo la Nuova Italia ne curò un’edizione per le scuole, poi il romanzo si inabissa nella memoria dei lettori in un oblio più che quarantennale.
Bufalari, giunto in Basilicata per preparare la popolazione ai cambiamenti imminenti, si addentra nelle campagne più sperdute verso le masserie della famiglia Torraca. Il suo è l’entusiasmo di chi vuol partecipare alla civilizzazione di una terra arretrata e superstiziosa cercando di operare i primi mutamenti nella mentalità contadina del luogo. La Riforma è alle porte ma l’autore si rende conto fin da subito che i tempi di questo cambiamento non possono che essere molto lunghi. Il paese è all’interno della Lucania e per giungervi “il sentiero serpeggiava alto sulla fiumara […]e venne una brughiera sassosa, la stessa terra arida della pianura, un bosco giallo, polveroso, e altre pietre e qualche prato di erba rinsecchita. Le montagne ai due lati cominciavano ad alzarsi. La vallata in cima doveva essere stretta e profonda davvero come un brutto colpo di rasoio”(pag.40). L’impatto è drammatico e sconvolgente. Il mondo dei Torraca è fermo nel tempo, selvaggio, senza scrupoli, permeato da odi ancestrali dove la presenza del fucile è la regola per dirimere ogni controversia. A fatica riesce a tenere qualche lezione di alfabetizzazione, impossibilitato a svolgere il lavoro di educatore che gli è stato affidato. Bufalari si accosta agli eventi con partecipazione, registrandoli e producendo delle relazioni per informare i promotori della Riforma che l’inizio immediato delle trasformazioni causerebbe notevoli problematiche distruggendo l’equilibrio creatosi tra uomo e natura, ma questo pare non interessare a nessuno.
Tutto si svolge attorno alla masseria, fulcro della vita del latifondo meridionale. L’autore crede nel suo mestiere, lo prende come una missione. Riconosce il bisogno dell’innovazione ma nel contempo ha consapevolezza che si va perdendo un mondo arcaico e profondo. Guarda a quella gente con simpatia e tenerezza. Suo malgrado partecipa ad atti delittuosi perpetrati con i sistemi più selvaggi e feroci. Il libro traccia un quadro commovente, dipinge un mondo aspro e amaro, duro, disperato. La prosa ricorda Silone e Vittorini e la letteratura italiana di metà novecento, ma soddisfa pienamente una prova di modernità in quanto originale e molto interessante sul piano documentale. Consegna al lettore un’immagine fotografica di qualità.
In pochi mesi, con la costruzione di una diga, i terreni della masseria si trasformano in un lago. Nella divisione del latifondo in piccole proprietà i contadini sono incapaci di reagire all’opera della riforma perché non hanno avuto una preparazione sufficiente. Bufalari viene sostituito e trasferito lasciando ad altri l’onere di proseguire la sua opera. A noi lettori invece l’onore di immergerci in questo capolavoro di scrittura neorealista, a metà strada tra il romanzo e il documentario. Non per nulla a suo tempo, nel 1961, ottenne il Premio Salento.