
Autore: Carvelli Roberto
Casa Editrice: Ediciclo
Genere: saggio
Pagine: 92
Prezzo: 9,50
Nella collana «Piccola filosofia di viaggio» delle edizioni Ediciclo si inserisce lo scrittore Roberto Carvelli con il saggio La gioia del vagare senza meta. Piccolo eserciziario della flanerie. Perché un termine francese quando in italiano abbiamo a disposizione una vasta terminologia? Forse che non esiste un corrispettivo?
L’autore ci spiega che cos’è la flanerie e di conseguenza chi è il flaneur. Un termine elegante questo che ci riporta ad autori francesi quali Baudelaire, Rousseau… E se apriamo un Garzanti troviamo due significati: in una prima accezione andare a zonzo e bighellonare, nella seconda gingillarsi e perdere tempo. E anche i dizionari francese-italiano ci indicano che il flaneur è un perditempo. Tuttavia Carvelli accompagna il termine a ragionamenti filosofici sull’utilità del girovagare a piedi in città o parchi senza una meta precisa con il solo intento – ovviamente non deciso a priori – di lasciare andare il cuore e lo sguardo, abbandonandosi a cosa capita.
E accomunare la flanerie al viaggio? Dice l’autore:“La flanerie non ha tutta quella popolarità, non è utile, non serve, non produce profitto. Con la flanerie non si mangia né si conquista la stima altrui. Non potete inserirla nel curriculum, nei profili di referenze amorose insieme a “salutista”, “amante dei viaggi….” (pag.9). Allora qual è la sua importanza, perché parlarne e come può convivere oggi con la modernità e la frenesia? Carvelli intende farci riconoscere la seduzione delle strade che percorriamo e, sposando la filosofia proustiana, dirci che quel che conta in un viaggio a piedi non è tanto l’arrivo quanto cosa scopriamo tra il punto della partenza e il termine del nostro andare, magari anche sbagliando strada. Questo atto del camminare, apparentemente senza uno scopo, riporta a casa un individuo trasformato, più sereno e ricco di storie.
Il flaneur è una figura che muove i primi passi nella Parigi del 1800. Non è un barbone né uno sfaticato bensì un acculturato che vaga per la città senza una meta precisa. Osserva tutto ciò che lo circonda con attenzione e meraviglia. E’ un creativo perché sa osservare senza frenesia ogni cosa e apprezzare la solitudine di questo viaggiare senza meta. La flanerie ha una valenza terapeutica. E si nasce flaneur o lo si diventa? In questo piccolo saggio troverete citati innumerevoli autori che in questo modus vivendi hanno trovato materia per i loro libri. Dunque… se anche voi a volte siete flaneur ( e magari non l’avete mai saputo) non vi rimane che abbracciare questa lettura che vi permetterà di riacquistare uno spirito diverso quando vi immergerete nella folla.