Autore: Gianluigi Schiavon
Data di pubbl.: 2015
Casa Editrice: Girladi editore
Genere: Noir
Pagine: 216
Prezzo: 13 €
È un tutore della legge ma ogni tanto ha bisogno di commettere qualcosa di illegale, ama Tchaikovsky e ha una vita maledetta, piena di sbagli che gli rodono dentro. Lui è il commissario Lucien Bertot, protagonista di questo avvincente poliziesco targato Giraldi.
Tutto ruota intorno a un misterioso delitto avvenuto davanti all’ingresso della cattedrale di Quimper, in Bretagna, dove è custodita la pala di Emile Hirsh, raffigurante L’ultima cena di Cristo. Insomma, gli ingredienti del giallo ci sono tutti. Nella storia narrata da Schiavon si affacciano altri personaggi e ognuno di loro verrà scandagliato, messo a nudo. Ma chi è il vero assassino e quale intrigo si nasconde dietro questo cruento omicidio? La risposta è ovvia: leggete il libro.
Ma andiamo al perché questo noir merita più degli altri la nostra attenzione. Ammetto che appena ho ricevuto quest’opera mi sono trovato spiazzato per il semplice fatto che il noir e il poliziesco non rientrano tra i miei generi preferiti. Un disgusto provocato anche dal recente fenomeno scandinavo. Tant’è che uscire indenne dal periodo in cui i truculenti thriller nordici hanno invaso il mercato e i cinema italiani è stato davvero duro. Ma non tutti i mali vengono per nuocere, perché almeno ho potuto scoprire e apprezzare scrittori del calibro di Dürrenmatt e Scerbanenco.
Schiavon, per fortuna, è lontano mille miglia dagli stereotipi attuali. Si concentra sui personaggi, ne delinea il profilo psicologico e sa posizionarli con astuzia nella storia. Il suo è un romanzo corale al vertice del quale troviamo Bertot, indiscusso protagonista che però non sovrasta gli altri con il suo egocentrismo. L’autore, infatti, lo porta allo scoperto al momento giusto, quando serve, quando il lettore non se lo aspetta.
Il nostro poliziotto, tutt’altro che eroico, si confonde anche con gli altri personaggi che si trovano confinati in questo limbo, nel bel mezzo della Bretagna, sospinti lì casualmente dalle vicissitudini della vita. La fuga dell’assassino si incrocia con quella di tutte le altre comparse, tant’è che alla fine di questo libro non saremo tanto interessati alla soluzione del mistero, ma al dramma esistenziale dei protagonisti.
Insomma, in questo romanzo non ci sono né killer professionisti, né psicopatici, né detective armati di Magnum e virilità. Qui c’è qualcosa di ben più profondo che aggiunge al genere quella vena esistenzialista che arricchisce un genere, ormai, inflazionato.