
Data di pubbl.: 2023
Pagine: 314
Prezzo: € 26,00
Gaetano Salvemini è stato un grande italiano. Nato a Molfetta l’8 settembre 1873, da convinto uomo del Sud deciso a riscattare la sua terra dalla miseria, ancora oggi può considerarsi uno dei più illustri meridionalisti e soprattutto è il padre del socialismo liberale.
Aderì al Partito Socialista Italiano nel 1897, sposando la causa della corrente meridionalista e iniziò la sua collaborazione con Critica sociale, la rivista fondata da Filippo Turati, sostenendo il suffragio universale e il federalismo, considerata l’unica via per risolvere la questione meridionale.
Nella sua attività cercò sempre di sensibilizzare il movimento socialista al meridionalismo. Salvemini individua la causa principale del Sud nella mancanza di una classe media autonoma dal potere politico, ma critica anche il movimento socialista che difende i lavoratori del nord e trascura i diritti dei contadini del meridionali, mentre lui auspicava un collegamento sulle due realtà.
Mi piace definire Gaetano Salvemini un grande socialista che sposò una certa idea di sinistra distinta e distante da quella marxista e comunista.
In occasione dei 150 anni dalla nascita di Salvemini esce da Bollati Boringhieri La filosofia di un non filosofo. Le idee e gli ideali di Gaetano Salvemini, una biografia intellettuale e soprattutto un saggio sull’esperienza politica di uno dei più importanti e originali intellettuali del nostro Novecento. L’autore è Sergio Bucchi.
Un volume prezioso che prima di tutto mette a fuoco il pensiero di Salvemini (democrazia, liberalismo, socialismo) e ricostruisce nei dettagli la sua azione politica, che oggi può considerarsi ancora un punto di riferimento.
Il titolo del saggio di Sergio Bucchi si rifà a un prezioso suggerimento di Norberto Bobbio. La non filosofia, esibita da Salvemini, in polemica con il neoidealismo dominante fu in realtà una filosofia saldamente ancorata nella tradizione empiristica, o meglio, secondo la sua stessa definizione una forma di empirismo «disincagliata dai semplicismi e dalle spavalderie degli illuministi e dei positivisti».
In La filosofia di un non filosofo Bucchi prende in esame il senso complessivo dell’esperienza culturale e politica di Salvemini, partendo dal suo universo ideale che ruota intorno ai concetti di storia, democrazia, e soprattutto si sofferma sul suo modo diverso di guardare a un nuovo socialismo.
In due articoli del 1920 Salvemini condanna sia il socialismo rivoluzionario del suo tempo, sia il socialismo di Stato, quello burocratico per intenderci. Che tende ad asservire il movimento proletario a un dispotismo di una classe sociale – la burocrazia – infinitamente peggiore della borghesia. Il socialismo nel quale crede Salvemini era quello riformista, il cui ideale e il cui metodo non hanno esaurito il compito nella storia. Infatti, Salvemini può considerarsi il padre di una generazione di antifascisti democratici tra cui Ernesto Rossi, Carlo e Nello Rosselli. Con loro fonda il periodico clandestino Non mollare.
Sono molte le battaglie che Salvemini fece in prima persona da socialista, da laico e da meridionalista. Come non ricordare la denuncia del malcostume politico di Giolitti al quale dedicò Il ministro della mala vita, un libro coraggioso e documentato che inchioda lo statista liberale alle sue responsabilità.
Quando nel 1911 uscì dal Partito Socialista, per dissensi con Filippo Turati, Salvemini fondò L’Unità, giornale da cui continuò la sua battaglia federalista di appassionato meridionalista.
Durante il fascismo fu esule, prima in Francia, dove con i fratelli Rosselli fondò il movimento Giustizia e Libertà, poi in Gran Bretagna, e infine negli Stati Uniti dove insegnò all’Università di Harvard.
Da sostenitore della laicità si impegnò per una scuola laica libera e mai posta sotto la sorveglianza della gerarchia ecclesiastica. Che cos’è la laicità”. Diceva il politico pugliese: “La scuola laica non deve imporre agli alunni credenze religiose, filosofiche o politiche in nome di autorità sottratte al sindacato della ragione. Ma deve mettere gli alunni in condizione di potere con piena libertà e consapevolezza formarsi da se le proprie convinzioni politiche, filosofiche, religiose”, così scrive Gaetano Salvemini.
Da socialista, fu un uomo moderno che sapeva vedere già oltre il suo tempo essedo dotato di uno spirito riformista autentico capace di coniugare il socialismo con il liberalismo.
Gaetano Salvemini si è distaccato dal Partito Socialista di Turati nel 1911 però all’XI congresso, svoltosi l’anno precedente, preparò una relazione sul problema della riforma elettorale al quale il partito, sino ad allora, non aveva prestato molta attenzione. Scriveva in quella relazione: “Un partito deve saper classificare e graduare le proprie esigenze … dando ad una riforma o ad un gruppo di riforme … la precedenza sulle altre. Un partito che non sa fare questa scelta … è un partito che non sa quel che si voglia, che vuole troppo e non stringe nulla, al quale manca il senso della realtà e la capacità di adeguare l’opera alla realtà stessa.”
Liberalismo, democrazia e socialismo sono i lemmi principali del lessico salveminiano. «Tutte le battaglie di Salvemini – scrive Bucchi- per un’Italia più civile, più moderna e più giusta furono da lui combattute nel nome di quegli ideali. Ma ancor prima che un lessico politico, quei tre ideali così lucidamente scanditi riassumono le linee di forza di un vero e proprio sistema di pensiero».
Il lessico politico di Gaetano Salvemini oggi è ancora attuale.