
Data di pubbl.: 2024
Pagine: 217
Prezzo: € 18,50
Donato Carretta era il direttore del carcere Regina Coeli. Nel settembre del 1944 si recò al Palazzo di Giustizia per testimoniare contro il questore di Roma, che svolse un ruolo fondamentale nel massacro delle Fosse Ardeatine. C’era molto nervosismo e tanto caos e un fiume di gente. A un certo punto l’udienza fu sospesa e la massa si scagliò contro Carretta, accusato di essere un fascista torturatore.
Il povero direttore fu linciato e assassinato e il suo corpo fu appeso alle finestre di Regina Coeli.
Walter Veltroni ne La condanna si occupa del caso Carretta che definisce un caso di giustizia popolare o, meglio di ingiustizia popolare, nell’ Italia in piena guerra civile.
«Al crocevia di tutto questo odio, quello vero e quello isterico, si è trovato un piccolo uomo, uno che voleva accusare un fascista ed è stato scambiato per lui. Uno che mente lo menavano avrà ripassato ogni istante della sua vita per capire cosa avesse fatto per meritare una punizione ben maggiore di quella che sarebbe arrisa ai tanti capi e capetti del fascismo, bastonatori e distributori di olio di ricino, che dopo pochi anni sarebbero stati ineffabili prefetti, avvocati del Foro, parlamentari di grido».
Veltroni punta il dito contro la ronda della rabbia del populismo, antico male italiano che oggi nell’epoca dei social dà il peggio di sé.
Giovanni è il giovane giornalista di ventiquattro anni che lavora in un giornale e grazie all’anziano caporedattore Fabiani, che diventa la sua giuda, viene a conoscenza del caso Carretta.
È proprio il giornalista che affida al giovane il compito di scrivere un articolo su quel brutale linciaggio.
Il giovane dimostra di aver una coscienza e crede nel giornalismo che deve sempre raccontare la realtà, proprio come gli ha insegnato Fabiani.
Così con la precisione del reporter e l’abilità dello scrittore, Giovanni con curiosità professionale si butta a capofitto nella storia di Carretta e riesce a ricostruire la fenomenologia di quella condanna che è finta in un brutale e insensato linciaggio.
Nella ricostruzione di Giovanni ritroviamo il contesto della Roma del 1944, città appena liberata dall’occupazione nazifascista e la particolare ferocia della giustizia sommaria della follo che si accanisce in una giornata di settembre davanti al Palazzo di Giustizia sulla persona di Donato Carretta.
Giovanni, che quando guarda è un cronista, quando pensa è uno scrittore, è riuscito a ricostruire la vicenda tragica di Carretta senza mai stancarsi di cercare il senso delle cose, agendo sempre in piena libertà, senza pregiudizi e senza condizionamenti. Proprio come gli ha insegnato il suo mentore Fabiani.
«Nei fatti di quegli anni non ci sono torti e ragioni che si equivalgono. Aveva torto chi ha privato gli italiani della libertà, aveva ragione chi l’ha restituita-Per questo la storia di Carretta è orribile e non va nascosta, né si devono trovare giustificazioni di sorta. Chi ama la libertà non può accettare che un uomo venga linciato e straziato, senza un capo d’accusa, un processo, la possibilità di difendersi.
Questo lo fanno i dittatori e i regimi».
Con La condanna Veltroni ci porta alla nostra contemporaneità: la giustizia sommaria e becera della folla che linciò Carretta somiglia molto al vento del populismo che soffia pericoloso sulle nostre teste.