Autore: Spada Sabina
Casa Editrice: Cairo editore
Genere: Romanzo
Pagine: 186
Prezzo: 13.00 €
Ilaria e Paolo sono una giovane coppia di Milano: Ilaria lavora in un’agenzia di viaggi, Paolo è un affermato architetto. La piccola Chiara ha due anni e dorme serena nel lettino a fianco di mamma e papà.
Quando la sveglia suona, sono le sette di un ordinario mercoledì di giugno: Paolo apre gli occhi, ma non ha molta voglia di alzarsi; la bimba deve essere vestita per l’asilo e i genitori devo affrontare una giornata piena di impegni. Ilaria chiede che ore sono: “«Sono le sette». Le ultime parole che Paolo abbia pronunciato. Le più banali, quelle che Ilaria ricorderà per sempre” (pag. 9).
Quella non sarà una mattina come tutte le altre: un rantolo gutturale farà saltare Ilaria sul letto. Un suono sordo, spezzato, accompagnato da un tremore spasmodico, si porterà via per sempre la vita di Paolo. Pochi attimi che annienteranno le speranze, i sogni, i progetti di Ilaria che si ritroverà con la figlioletta Chiara a vivere una vita privata del compagno che aveva scelto, in un quotidiano dolore che non la abbandona mai.
Il peso insostenibile della mancanza del marito, una bimba che chiede amore e dedizione totale, impegni di lavoro e incombenze che non possono essere rimandati all’infinito: Ilaria si sposta nel frenetico capoluogo lombardo, immersa nella «burocrazia della morte», scegliendo bara, fiori, smistando abiti, rovistando tra i documenti per chiudere conti, disdire appuntamenti. E, intanto, la vita: continuare a truccarsi, vestirsi elegante, andare al lavoro, fare un aperitivo con gli amici, una vacanza al mare con la bimba. Tutto, pur di ritrovare una parvenza di normalità per sé e la figlia.
Il dolore è un percorso in salita e da un viaggio del genere non si può uscire se non diversi, se non rinnovati: scoprirsi forte nell’attraversare questa difficile prova aiuterà la protagonista a ritrovare ancora la possibilità di essere felice. Una felicità diversa, più consapevole, meno smaliziata, in un certo senso più matura.
La casa trasparente deve il suo titolo ad una poesia di Neruda, L’assenza: «E’ una casa così trasparente, l’assenza,/ che senza vita io ti vedrò vivere/ e se soffri, amore mio, morirò nuovamente». E come spettatori osserviamo Ilaria attraverso il vetro: le sue azioni, le sue emozioni, il suo lento ma graduale riaffacciarsi alla vita.
Sono pagine emozionanti, vere, sincere, toccanti: questo romanzo affronta una delle più grandi paure di tutti noi, sopravvivere alle persone che amiamo e lo fa con una profondità che non può lasciare indifferenti. Il dolore che ti colpisce come un pugno, lo stordimento, lo smarrimento, il trascinarsi nella vita di tutti i giorni fino all’accettazione, lenta, graduale e, infine, la rinascita.
I passaggi più coinvolgenti sono i dialoghi tra madre e figlia perché i bambini, si sa, sono più aperti, non hanno tabù: papà vive sopra una stella e, dal momento che la casa ha il tetto, ci guarda dalla finestra. Con la loro innocenza, la loro gioia di vivere, regalano la capacità di superare il dolore: “«Mamma, perché hai la malinconia?» Le chiede una mattina, vedendola pensierosa. «Mi manca il papà» spiega Ilaria sincera. «Non preoccuparti, mamma. Io ci sono». Parola di bimba” (pag. 174).