Autore: Hoppe Felicitas
Data di pubbl.: 2014
Casa Editrice: Del Vecchio
Genere: Romanzo
Traduttore: Anna Maria Curci
Pagine: 198
Prezzo: 14.00 €
“Giovanna brucia, e io sto seduta nell’aula universitaria“. Quasi seicento anni ci separano dal 30 maggio 1431, dal rogo di Rouen che pone fine alla vita di un’eretica appena diciannovenne. Giovanna d’Arco, simbolo della Guerra dei Cent’anni e di tutta un’epoca, ha conosciuto innumerevoli rappresentazioni artistiche nei secoli. Eppure Felicitas Hoppe ha trovato il modo di raccontarne la storia in una chiave molto originale. Non è semplice riassumere la trama di un romanzo enigmatico, che gioca a nascondersi, in fondo privo di azione. Una dottoranda in storia è impegnata nell’esaurire il suo argomento di studio, Giovanna d’Arco. Il dottor Peitsche (o almeno questo è il suo soprannome, “frusta”) la segue nel suo percorso, che precede l’esame con un professore anche lui avvolto da un’aura di mistero. Peitsche sembra molto indaffarato a creare copricapo di carta per i personaggi storici legati al processo che condannò Giovanna al rogo. Ci sono il re, il vescovo, il frate, l’usciere, ognuno inchiodato per l’eternità a un ruolo fisso. Ogni copricapo, infatti, reca una scritta che racchiude tutta l’esistenza del suo portatore. “CENERE ALLA CENERE” si legge sulla testa di Massieu, l’uomo con il triste compito di disfarsi delle spoglie di Giovanna, gettandole nella Senna. Non sappiamo quale frase sia riservata alla Pulzella d’Orléans.
Nelle parole della dottoranda tutto muta di segno. Ogni cosa è riconducibile a Giovanna: un viaggio in treno, un calcio di rigore, perfino un balcone. Con un doppio senso possibile in tedesco ma non in italiano, le voci che guidano Giovanna in vita sono anche i voti del verdetto che la condanna. Riecheggia la sancta simplicitas con cui pochi anni prima di Giovanna un altro presunto eretico, Jan Hus, aveva accolto una vecchierella che aggiungeva una fascina al suo rogo. Ecco che la ricerca si fa urgente, la studiosa si identifica con l’eroina fino a fondersi con lei. “Giovanna brucia, e io...” ricorre più di una volta, ma tutto il romanzo è contrassegnato da espressioni che ne richiamano altre, che rimbalzano da un capitolo all’altro, con quelli che sono esplicitamente definiti “salti nel ragionamento” e che comportano passaggi repentini da un verbo al passato a uno al presente.
Cercare una categoria in cui inserire quest’opera si rivela un’operazione inutile in questo caso. Felicitas Hoppe è riuscita a sfuggire all’ansia di classificare il proprio lavoro, che esce dai binari del romanzo storico per addentrarsi in luoghi poco esplorati. Non stupisce che un libro tanto insolito sia pubblicato da una piccola casa editrice, perché richiede una grande attenzione. La stessa attenzione che il libro richiede al lettore.