Ana Maria Machado, nata a Rio de Janeiro nel 1941, e’ considerata una delle scrittrici più interessanti e rappresentative del panorama letterario brasiliano contemporaneo. Presidente dell’Academia Brasileira de Letras, e’ autrice di numerosi romanzi e libri per l’infanzia; in 40 anni di carriera ha pubblicato più di 100 opere ed e’ stata tradotta in 18 paesi, totalizzando piu’ di 19 milioni di copie vendute nel mondo. Pittrice, professoressa e poi giornalista, ha vinto numerosi premi letterari, tra cui il Premio Hans Christian Andersen nel 2000 per la letteratura infantile. “Infamia” è il suo primo libro tradotto e pubblicato in Italia e di questo tema, così delicato, scomodo e drammaticamente attuale, abbiamo parlato con lei al passato Salone del Libro di Torino.
Infamia, raggiro, tradimento sono spregevoli comportamenti umani, antichi come la storia dell’uomo, ma estremamente attuali. Lo stesso Papa Francesco ha definito la calunnia “peggio di un peccato e espressione diretta di Satana”. Come mai ha scelto proprio questi temi per il suo romanzo?
Io volevo parlare di questo da molto tempo, pensavo fosse un problema del Brasile, ma mi sono accorta che in realtà era un problema più esteso. Ho osservato la sofferenza profonda delle vittime, il loro dolore e l’impossibilità di riabilitare l’immagine danneggiata. Ho cominciato quasi a collezionare degli articoli di cronaca. Uno dei primi casi in cui mi sono imbattuta è stato quello di un direttore di una scuola accusato di far male ai bambini. E’ stato poi dimostrato che non si trattava di verità, tutto era stato inventato da una madre, ma la scuola è stata chiusa e distrutta una vita.
L’epilogo delle due storie raccontate nel romanzo è tragico (un suicidio e il male dell’anima che diventa danno irreparabile del corpo) e non lascia possibilità di salvezza per le vittime.
Pensa davvero che non ci sia scampo o soluzione all’infamia?
Se lei trovasse un solo caso con possibilità di salvezza, io ne sarei felicissima. Non mi è mai capitato. Si può ristabilire la verità dopo molti anni, ma rimane sempre il dubbio; c’e sempre un rumore diffuso : “Sì, mi ricordo era implicato in quello scandalo”. Rimane sempre un riferimento all’accusa, la dichiarazione di innocenza non e mai così forte quanto l’accusa. La persona che inizia a far circolare la diffamazione, non ha veramente questa intenzione, ma poi per irresponsabilità e leggerezza delle altre persone la maldicenza si diffonde. Questo avviene sempre più rapidamente e in maniera incontrollabile proprio con l’uso di internet.
Nel romanzo indaga l’infamia scandagliando le pieghe dell’animo umano, quali sono state le sue fonti? Ha mai intervistato vittime dell’infamia?
Ho letto moltissimo ed ho intervistato moltissime persone. Fra i tanti, un medico accusato di non rispettare la lista di attesa per i trapianti di cuore e di avere favorito un paziente. In realtà c’era un motivo medico ben preciso, non era assolutamente vero, la sua vita e la sua immagine professionale però sono state rovinate per sempre. Nel mio romanzo c’è un riferimento a questo caso e, quando ho presentato il libro, questa persona ha voluto incontrarmi e mi ha detto di essersi riconosciuto e di avere il bisogno assoluto di parlare, di dire la sua verità.
Qual è l’arma dunque per combattere l’infamia?
Parlarne, dare la propria versione. L’infamia è un crimine commesso con le parole, al quale si risponde con le parole. Bisogna raccontare, ad un padre, ad un amico, ad uno psichiatra. Bisogna scriverne e leggere. La maggioranza degli intervistati hanno dichiarato di avere sofferto soprattutto per il tradimento e la mancanza di fiducia degli amici, alcuni di loro sono talmente provati e feriti da chiudersi in loro stessi, altri non possiedono i mezzi e non riescono a parlarne. Parlare è una via, ma la persona non viene mai più veramente riabilitata.
Nel romanzo si parla anche del sottile confine fra verità e menzogna, della manipolazione dell’informazione da parte della stampa e della potenza di internet. Da giornalista, come vive questo aspetto, la sua è stata forse una critica o una denuncia?
La velocità cambia le cose, prima le persone avevano più tempo per riflettere, indagare, ora si deve pubblicare rapidamente la notizia. C’è una leggerezza, una irresponsabilità. Io sono stata giornalista per molti anni, non tutto il giornalismo è così, nel romanzo c’è la figura di un giornalista che aiuta il protagonista a ristabilire la verità. Io non voglio semplificare e dividere fra cattivi e buoni, ma il sistema dell’informazione esige coscienza, responsabilità, cura.
Pensa di scrivere altri romanzi su questo tema?
No, ogni romanzo è un universo a sé. Ho scritto sulla Resistenza Brasiliana, le nuove forme di relaziona nella coppia; temi sempre diversi, ma che hanno al centro l’essere umano in un contesto storico-culturale.
Lei ha scritto parecchi libri per ragazzi, nel 2000 ha vinto l’ambito Premio H.C. Andersen. Si potrebbe scrivere un libro per ragazzi che parli di infamia?
Quando io ho cominciato anni fa a scrivere questo romanzo, ho pensato di scriverlo per i bambini. Ho cominciato a scrivere la storia di un bambino figlio del Sindaco di un piccolo paese il cui papà veniva accusato di estorsione. Ho scritto qualche pagina e ho capito che non poteva finire bene, il lieto fine non era possibile. Io non volevo mentire ai bambini, non potevo dare speranza. Scrivere per i bambini significa dare speranza e quindi il libro è diventato un romanzo per adulti.
Nel suo libro si parla molto di lettura, il protagonista stesso non rinuncia alla lettura nonostante una malattia agli occhi e ricorre ad un’assistente che legge per lui. Il lettore viene definito “l’intruso perfetto” in tanti diversi universi. Si denota un grande amore per la lettura, è così? Lei che lettrice è?
L’essere l’intruso perfetto è un aspetto del lettore, il lettore non lo pensa prima, ma poi dice “Sì, io stavo li”. La parola scritta, raccontata, ascoltata e letta allevia il dolore dato dall’infamia. Prima di essere scrittrice sono lettrice, ho letto talmente tanto che mi sembra di essere un serbatoio di acqua che comincia a debordare, questo mi ha portato alla scrittura.
Da lettrice e da scrittrice, può lasciare un messaggio a noi de Gli Amanti Dei Libri?
Vale la pena… leggere e vivere.