Abbiamo chiesto a Stefano Piedimonte, autore di “Nel nome dello zio” edito da Guanda, un parere sui libri a 0,99 euro.
Lei è un autore, avrà senz’altro letto della scalata dei libri a 0,99 €. Pare semplice conquistare il mercato: perché gli autori e di conseguenza gli editori non producono libri a 0,99 €?
Se ci fosse la possibilità di produrli a 0,99 € credo che lo farebbero tutti volentieri. Dall’idea che mi sono fatto, guardando i titoli in vendita, credo siano tutte opere fuori diritti; anche perché credo che, in caso contrario, sarebbe molto difficile produrre un libro con questi costi. Non nego di aver letto l’opera omnia di Edgar Allan Poe nella collana di libri a 1000 £, ma il pericolo è proprio questo: se si entra nell’ottica che questo modo di fare libri, che può essere legittimo, possa contagiare anche la letteratura contemporanea, si entra in una situazione difficile, perchè c’è la necessità di capire come si può vendere un libro a 0,99 €. Innanzitutto c’è l’anticipo da pagare all’autore, un eventuale traduttore, la distribuzione, la promozione e il marketing… mi sembra un po’ difficile rientrare nei costi e si corre il rischio di far passare per letteratura anche quello che non lo è. È evidente che la decisione che il lettore prende di acquistare un libro a 0,99 € non è paragonabile alla decisione di investire un altro tipo di somma per comprare un altro libro. La mia perplessità è legata al fatto che questi libri possano concorre con altri nelle classifiche di vendita. Quello dei libri classici è un acquisto ragionato, mentre l’acquisto di un libro a 0,99 € sembra più un acquisto istintivo, anche se è sempre meglio acquistare un libro rispetto a un pacchetto di caramelle. Bisogna comunque sempre ragionare innanzitutto sul guadagno degli addetti ai lavori, che è sempre minimo già sui libri che conosciamo; in questo caso, con i libri a 0,99 €, il compenso è garantito? Le traduzioni sono allo stesso livello delle traduzioni che siamo abituate a leggere? Anche la veste e la carta con cui viene presentato il libro non è la stessa e credo che, chi compra un libro da 1 euro, si ritrovi semplicemente un libro da 1 euro.
Forse i lettori non hanno chiaro tutto quello che sta dietro: nell’immaginario collettivo c’è l’autore che porta il libro in casa editrice, che a sua volta lo trasmette in tipografia, anche se in realtà è un processo più complesso.
Io ho parlato con qualche libraio e mi hanno detto che per loro risulta difficile anche solo pensare di faticare per aprire gli scatoloni per poi guadagnarci molto meno rispetto alla vendita di un libro tradizionale. Forse è un prodotto diverso e sarebbe opportuno che avesse dei canali di distribuzione diversi.
Quindi qual è l’elemento nuovo? Quale elemento nuovo porta la casa editrice, visto che alla fine non ci guadagna nessuno?
L’elemento nuovo secondo me non c’è, perché abbiamo già visto un’operazione del genere, durata anche molti anni; è solo la ripresa di una strategia di marketing che, a suo tempo, ha anche funzionato. Parliamo comunque di libri che, all’epoca, si compravano in edicola.
Forse la novità è che si trovano in libreria. I libri a 1000 £ o a 1 € sono sempre usciti in edicola, ma la novità di questa campagna è che sono in librerie che i giornali li considerano per le classifiche di vendita.
Il vero lavoro dov’è e soprattutto se Tizio vende il libro a 1 € allora perché Caio vende il suo libro a 18 – 20 €? Allora Caio ci guadagna almeno 17 €! La domanda che mi pongo io è questa: fermo restando che divulgare la cultura è sempre un’ottima cosa, ma siamo sicuri che a questa cifra tutti gli addetti ai lavori guadagnino quello che devono guadagnare? Io ho dei dubbi. Io conosco, oltre al mio, anche altri editori e mi pare che nessuno giri per strada con le tasche piene di soldi, quindi mi sembra che o abbiano scoperto una cosa veramente innovativa oppure dobbiamo farci qualche ulteriore domanda. Nel momento in cui saranno garantiti tutti i compensi adeguati alle persone che lavorano per vendere i libri a 1 €, allora ben vengano, però oggi mi sembra un po’ difficile. Ritengo che sia opportuno e dignitoso che un autore che non ha altro lavoro, come nel mio caso, che ha un suo seguito, possa campare dignitosamente con la propria attività e mi sembra un po’ difficile poterlo fare a queste cifre.
Quindi è opportuno sottolineare che sono un’altra cosa: è il classico, qualcosa che può rientrare nell’immaginario del lettore.
Esatto, mi sembra giusto quello che stanno facendo alcuni giornali, che stanno stilando delle classifiche a parte per questa collana, separandoli dai libri che hanno tutt’altro costo. Adesso, senza parlare nell’editore nello specifico, a me è capitato anche di comprare libri venduti a basso prezzo e di trovare delle traduzioni incomplete, in alcuni casi inventate. Il rischio è questo: che questi libri diventino la palestra per giovani traduttori inesperti. Io credo che se ci fosse la possibilità di vendere libri a 0,99 € e di vederli subito nelle posizioni alte delle classifiche, tutti gli editori lo farebbero, perché sarebbero felici di vedere i proprio titoli andare così bene. Invece si continuano a vedere libri a cifre più alte che, tra l’altro, sono anche prezzi ragionevoli. Siamo in periodo di crisi e, teoricamente, la cultura non dovrebbe avere un prezzo, ma in questo caso vendere un libro a 15 € non mi sembra una follia.
Certamente, il rapporto ore di intrattenimento e prezzo è sicuramente molto conveniente.
Faccio un parallelo: a me piacciono molto i videogiochi e a Napoli c’è questa moda di modificare le console di gioco per poter utilizzare anche giochi non originali, scaricati o piratati. Molto spesso, queste persone modificano la propria console, comprano 20 giochi piratati e poi ne provano solo un paio. Il rischio di questa collana forse è questo: comprare numerosi volumi perché si hanno i soldi in tasca senza poi mai leggerli. Forse si rischia un po’, in questo caso, di snaturare la letteratura.
Lei come autore si sente in pericolo?
Sinceramente no. Non voglio correre il rischio di cadere nella celebrazione del mio editore, però non mi sento in pericolo perché l’editore ha dimostrato di tenere molto a me e ai miei libri. Al tempo avevo ricevuto molte richieste da diverse case editrici e io avevo avuto la possibilità di scegliere la Casa Editrice Guanda, perché ha sempre dato l’impressione di credere molto in me e in quello che scrivo. Se avessi un altro editore forse mi sentirei in pericolo, ma così no.
Cosa si aspetta invece come lettore?
Io oggi non li compro più. Non perché li ritenga scadenti, ma perché preferisco rivolgermi a un altro tipo di prodotti editoriali. A me piace avere un bel libro tra le mani; forse è una sensazione un po’ feticistica, ma un libro inizia a darti sensazioni nel momento in cui lo tieni tra le mani, quando vedi la carta e la copertina. Non bisogna trascurare la copertina, la fattura del titolo, che possono segnare il destino del libro. Oggi non ne compro più, forse perché ho già letto tutto, ma oggi do un valore maggiore ai libri e credo che valga la pena di spendere 15 € per un libro perché, rispetto a quand’ero ragazzo, le mie priorità sono cambiate. Però è comunque molto apprezzabile, perché alcuni testi possono arrivare a molte persone. Secondo me questa è un’operazione molto valida se resta nel confine dei libri fuori diritti. Il pericolo grave è quello che questo sistema di commercializzazione dei libri contagi anche l’editoria e i libri contemporanei.