Autore: Carrisi Donato
Data di pubbl.: 2011
Casa Editrice: Longanesi
Genere: Giallo & Thriller
Pagine: 453
Prezzo: 18.60
Scrivere un thriller non è mai facile. Bisogna essere in grado di costruire una buona trama e saper disseminare nello svolgersi degli eventi tutti gli indizi necessari senza, però, svelare troppo.
E’ necessario riuscire a coinvolgere il lettore fino all’ultima pagina, creare suspance e dare ai personaggi il giusto spessore.
Purtroppo negli ultimi anni a parer mio sono pochi gli autori che, dopo aver scritto un primo romanzo valido, siano poi riusciti a mantenere gli stessi standard anche nel secondo.
Nel caso poi in cui l’opera prima sia stata – grazie al passaparola dei lettori – un bestseller, diventa ancora più difficile e spesso si resta delusi.
Donato Carrisi, classe 1973, laureato in giurisprudenza e con una specializzazione in criminologia è riuscito nell’impresa.
Se il suo primo thriller “ Il Suggeritore” è stato un vero e proprio successo presso il pubblico – grazie al fenomeno del passaparola – anche “Il Tribunale delle anime” non è da meno.
Gli ingredienti ci sono tutti: un’ambientazione suggestiva, un investigatore la cui vita è circondata da un’ aura di mistero, una poliziotta giovane ma già segnata dal dolore, una scomparsa inspiegabile ed un serial killer.
Roma, la Città Eterna, nella sua veste più uggiosa fa da sfondo alla narrazione.
La sparizione di una giovane studentessa, il suo rapitore in coma all’ospedale con la scritta “uccidimi” incisa sul torace e la morte sospetta di un fotografo freelance sono gli elementi che vanno a comporre l’intreccio.
Un sapiente alternarsi di flashback con momenti di narrazione al tempo presente, mantiene costantemente viva l’attenzione del lettore.
“C’è un luogo in cui il mondo della luce incontra quello delle tenebre. È lì che avviene ogni cosa: nella terra delle ombre, dove tutto è rarefatto, confuso, incerto. Noi siamo i guardiani posti a difesa di quel confine. Ma ogni tanto qualcosa riesce a passare… Il mio compito è ricacciarlo indietro.”
Marcus è un prete, un investigatore della Penitenzieria Apostolica Vaticana che non ha memoria del suo passato e il suo compito è aiutare la polizia a risolvere quei casi in cui il mistero va oltre lo scibile.
“Arrivava sulle scene del crimine con le sue macchine fotografiche con l’unico scopo di fermare il tempo. Tutto veniva congelato nel bagliore dei flash. Nulla, dall’istante sancito dall’obiettivo, sarebbe più cambiato. La prima lezione che Sara Vega aveva imparato è che le case non mentono mai.”
Sara Vega lavora alla scientifica, è una foto- rilevatrice e attraverso l’obbiettivo della macchina fotografica affronta la morte e ne indaga i misteri svelandone le incongruenze.
I loro destini, apparentemente lontani, si incroceranno fatalmente mentre cercano di risolvere l’inspiegabile scomparsa di Lara ( la giovane studentessa ) in una corsa contro il tempo, affrontando una partita a scacchi non solo fra di loro ma anche con un “Deus ex machina” che sembra prevedere ogni loro mossa e guidarne i passi.
Il risultato finale, come in un puzzle costruito ad arte del quale non si riesce a comprendere il disegno nel suo complesso fino a quando non s’ inserisce il tassello decisivo, coinvolge il lettore fino all’ultima riga dell’ultima pagina.
E come nella migliore tradizione di un buon thriller, quando si chiude il libro ed il mistero oramai è svelato non si è soltanto soddisfatti di quello che si è letto ma non si può che pensare: “ non lo avrei mai indovinato”.