Il perdono responsabile – Gherardo Colombo

Titolo: Il perdono responsabile
Autore: Colombo Gherardo
Data di pubbl.: 2011
Casa Editrice: Ponte Alle Grazie
Genere: Saggi
Pagine: 132
Prezzo: 12.50

Gherardo Colombo, oggi presidente della casa editrice Garzanti, è stato pubblico ministero presso la Procura di Milano e poi giudice di cassazione. Balzato agli onori delle cronache per inchieste celebri come quella di Mani Pulite, in questo breve saggio, denso di profondi interrogativi che inducono a riflettere su ogni pagina, pare intrecciare un dialogo serrato con la Giustizia. Ne parla filosoficamente, come partisse da una prospettiva platonica che ci mostra quale dovrebbe essere e quale invece non è la nostra Giustizia che risponde nella maggioranza dei casi a concezioni ferme all’antica legge del taglione. Giustizia retributiva e giustizia riparativa, questi i due grandi filoni di riferimento nell’ambito penale; la prima nasce da una cultura di esclusione, per cui il reo, avendo disobbedito alle regole, rompe la relazione con la propria Comunità e deve essere emarginato e privato di ogni diritto. La seconda che lentamente fa capolino negli ordinamenti internazionali e anche nel nostro, si fonda, invece sul riconoscimento della dignità della persona che di conseguenza è portatrice di diritti inalienabili.

Scrive Colombo a proposito del mandato di arresto nei confronti di un uomo, che è anche un padre, accusato di una rapina in banca: “ La situazione mi poneva interrogativi insolubili, perché non ero in grado di trovare la giustificazione all’aver sottratto al bambino il papà”.

La domanda fondamentale è: a chi giova una concezione retributiva della pena? Alle carceri strapiene, dove i colpevoli per misfatti molto diversi, sono soggetti alle medesime restrizioni fisiche e psicologiche che colpiscono, a cascata, anche i familiari innocenti? Questo implica davvero una piena assunzione di responsabilità da parte di chi ha commesso un reato? E le vittime? Vedono davvero riparate le proprie lesioni fisiche, morali o materiali da questo tipo di sofferenza inflitto ai carnefici? E la comunità civile che dovrebbe stingersi intorno alla vittima ed essere partecipe del processo rieducativo del colpevole, anche in vista della propria sicurezza e sopravvivenza, che ruolo può avere all’interno di pratiche giuridiche che si limitano ad escludere il reo dalla comunità stessa?

Attraverso una serie di riferimenti storici e filosofici che interpellano voci come quelle di Locke e Beccaria e con statistiche alla mano, Gherardo Colombo prova a rispondere a questi quesiti dimostrando come in quegli Stati americani che prevedono ancora la pena di morte, la delinquenza non sia affatto diminuita.  E finisce per lanciare una provocazione che è anche una speranza: il perdono responsabile. Il concetto di “perdono” viene “sdoganato” dalla sfera spirituale e, in virtù della propria intrinseca eticità, reso uno strumento capace di rispettare la vittima e responsabilizzare il carnefice. Questo processo comincia ad essere concretamente visibile nella “ricerca, prima o durante il procedimento penale, di una soluzione negoziata tra la vittima e l’autore del reato, con la mediazione di una persona competente” (Decisione quadro 2001/220 GAI, vincolante per gli Stati membri dell’Unione Europea).

Hans K., dopo tre anni di detenzione in un carcere minorile, tornato al suo villaggio e vedendo mancare ogni tentativo di riconciliazione, s’impiccò. Come scrisse nella sua lettera d’addio, “gli uomini, non perdonano mai”.

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Elena Cartotto

Curiosa e ironica mi piace andare fuori dai sentieri battuti, nei libri come nella vita. Se dovessi scegliere un titolo per raccontare la mia storia sarebbe sicuramente “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani. Il mio eroe letterario è Sherlock Holmes, l’autore con cui andrei a cena Oscar Wilde e i miei miti storici Gesù di Nazareth e Socrate. Sono un’idealista che ancora si scalda su alcuni temi sociali come dignità umana, libertà, lavoro e giustizia. Le mie passioni sono l’astrologia, la psicologia, il paranormale, la spiritualità e la musica che ci salva da noi stessi, ogni giorno. Per dirla con Vecchioni: “Ho combattuto il cuore dei mulini a vento, insieme ad un vecchio pazzo che si crede me….”.

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