Autore: Ezio Sinigaglia
Data di pubbl.: 2019
Casa Editrice: TerraRossa edizioni
Genere: Narrativa
Pagine: 312
Prezzo: 15,50 €
Ripescato dall’oblio senza apparire obsoleto o anacronistico.
Il Pantarèi è stato pubblicato per la prima volta nel 1985, poi, il nulla. Strano che un libro così avanguardistico sia rimasto sepolto, ma l’Italia è anche questa. Il panorama letterario convive volentieri con l’odore della muffa e delle marchette, quindi, non mi meraviglia che un’opera così sia rimasta nascosta per più di trent’anni. Non esiste una vera e propria trama in questo romanzo, questa è una storia che vive al di là del tema, del soggetto e dell’intreccio. Tutto è sospeso, ma ciò che non viene mai meno è la tensione narrativa; il vero tema di quest’opera è il dubbio. Daniele Stern, il protagonista de Il Pantarèi, è malato di indecisione acuta, ha seri problemi con la sua identità, è un inconcludente alle prese con la metafisica, anzi, con la sua metaesistenza… e credetemi, tutto questo vale più di una trama e di un tema ben confezionati.
Il romanzo è morto, viva il romanzo. Ma cos’è diventato oggi? Forse un manufatto che non ha più lo scopo di tramandare una storia ma solo una divagazione su un argomento che la coscienza prova ad analizzare? Domande alle quali non possiamo rispondere.
Daniele Stern, quindi, è un uomo pronto a scrivere una storia in un momento in cui di romanzi non ce n’è bisogno. Intanto, passa il tempo a stilare articoli su Musil, Proust, Céline, Kafka, Joyce, Faulkner e Robbe-Grillet; tutte persone che hanno sovvertito le regole del genere, che hanno distrutto le strutture primordiali e le ragioni per le quali il romanzo nacque.
Pertanto, che senso ha scrivere? Altra domanda che non avrà mai risposta.
Il Pantarèi ha anche la sua parte melodrammatica, romantica, romanzata. Daniele è un uomo innamorato e insegue la sua donzella. Ha un’opera nel cassetto, ma forse non la completerà mai. D’altronde, è così inutile dar voce a una storia che potrebbe perdersi nel mercato editoriale che consuma velocemente ogni sillaba. Daniele, inoltre, è anche preda dei suoi autori preferiti e le sue peripezie le racconta con un linguaggio simile al loro, in cui la realtà viene sovvertita e lo spazio-tempo è un miraggio creato dalla coscienza. Certo, se Bertrand Russell avesse letto quest’opera si sarebbe incazzato a morte con Ezio Sinigaglia. Mi permetto di affermare questo, perché Il Pantarèi si presta tanto all’ironia, agli sbalzi d’umore e alla fantasia.
Siamo davanti a una letteratura sperimentale in cui un giocoso flusso di coscienza, capace di diventare onnisciente, cattura il lettore per trascinarlo in questo continuum interrotto bruscamente da corto circuiti che ci fanno vedere solo per un attimo nuovi mondi. Visioni che appaiono oltre l’orizzonte degli eventi di qualche buco nero che se ne sta nello spazio a divorare la materia e se stesso.
Il libro di Sinigaglia è un viaggio nella non letteratura, nel non senso e nell’antimateria. Nulla è anacronistico in queste pagine, neanche quella macchina da scrivere con la quale Daniele lavora di notte. Niente è così lontano. Il Pantarèi è perfetto anche oggi, perché il destino del romanzo è rimasto immutato… forse è morto, forse è ancora vivo ma non ce ne siamo accorti, forse sopravvive da tanto tempo in uno stato di incertezza su cui il mercato editoriale ha posto le sue basi, non permettendo sperimentazione alcuna.
Certamente, colpisce che uno dei libri migliori che finora ho letto sia datato 1985.