
Data di pubbl.: 2017
Pagine: 45
Prezzo: € 7,00
Paolo Polvani è un poeta attento al reale e la sua poesia lo racconta con un’aderenza al vero.
Nei suoi versi il poeta pugliese con la consapevolezza dell’impegno civile racconta il mondo in cui vive con una sensibilità al pianeta ignorato degli ultimi, dei derelitti, degli uomini e donne senza voce.
Il mondo come un clamoroso errore ( pubblicato nel 2017, terza ristampa nel 2024) è il titolo esplicito del suo libro.
«… il mondo come un clamoroso errore, / un enorme abbaglio, un solo, / unico sbaglio».
Il poeta è testimone del suo tempo, guarda in faccia i crolli e le ingiustizie e con una parola sempre chiara, osserva e annota sul suo taccuino quello che vede di questo mondo ingiusto che è appunto un clamoroso errore dove le ingiustizie si moltiplicano sotto gli occhi di un’indifferenza che non fa prigionieri. Un’indifferenza che si abbatte soprattutto sugli ultimi della terra.
Polvani scrive di Aziz: «Al suo paese Aziz è un ingegnere. / Qui fa il lavavetri a un incrocio, / ai semafori di via regina Margherita. / È abituato ai dinieghi Aziz, / li scorge / oltre il parabrezza, a volte / somigliano a minacce. / Nessuno gli ha mai detto: Buongiorno ingegnere».
Polvani nella sua poesia si preoccupa del suo prossimo, questo fa di lui un poeta civile sempre attento e sensibile al destino degli altri che nel clamoroso errore di questo mondo è sempre in pericolo.
Gli altri siamo noi nelle poesie di Paolo Polvani e in ogni suo verso troviamo sempre empatia, attenzione, cura.
«Forse importa alle banche un uomo che brucia? / Una grossa fiammata non ammorbidisce il ruggito degli autobus / e i semafori / perseguono nel loro muto ammiccare. / La comunità dei colombi ne risulta / parecchio infastidita. / L’uomo in fiamme percuote stupidamente l’aria, / annaspa, affoga nella piazza, è tragico / ed è buffo. C’è una lettera. La vampata / iniziale è la firma. La solitudine / è ogni ricordo».
Polvani lontano da ogni forma di compiacimento mette il dito nella piaga, denuncia con parole urticanti il naufragio dell’umanità, la morte della pietà, la fine totale di un civiltà che ha smesso di pensare e di amare.
Il poeta fa sentire la sua voce indignata, non si rassegna è invita tutti noi a cercare la parola che zampilla, la parola capace di magia, la parola chiara che brilla, che accende la scintilla che sia capace di proclamare un mondo nuovo.
Perché non possiamo più sopportare di vivere in un mondo che è un clamoroso errore, dove sono tanti i sommersi e dei salvati nemmeno l’ombra.
Migranti, derelitti, operaie che vanno in bicicletta, anziani in difficoltà.
Paolo Polvani con la poesia racconta la galleria di perdenti, con grande umanità partecipa alla vita vissuta dei marginali, fraternamente scrive: «e adesso ce lo possiamo dire, che no, non ci salveremo».
Non siamo capaci di spostare lo sguardo oltre la nostra confort zone: abbiamo bisogno di una parola che tutti abbraccia, ma scegliamo sempre l’indifferenza perché è più comodo vivere questo nostro mondo come un clamoroso errore.