Autore: Kamal Abdulla
Data di pubbl.: 2014
Casa Editrice: Sandro Teti
Genere: Romanzo
Traduttore: Daniele Franzoni
Pagine: 247
Prezzo: 15,00
Kamal Abdulla è un insigne rappresentante del mondo culturale azero. Una personalità complessa, egli infatti è uno scrittore e sceneggiatore teatrale, un rappresentante del mondo accademico, un insigne medievista, ma soprattutto un esperto conoscitore delle tradizioni dei popoli caucasici. Noi occidentali siamo stati abituati a conoscere e dare rilevanza alle gesta della tradizione classica (greca e poi romana) ed in seguito a quella cavalleresca (Artù ed i suo cavalieri ed in seguito Orlando) tra medioevo e rinascimento, l’unico esempio di tradizione che non ha radici in Occidente sono le storie delle “Mille ed una notte”. Il libro in questione sposta l’epos in una terra che è poco conosciuta dal lettore occidentale, ovvero la terra degli azeri.
L’autore immagina che un studioso azero mentre si reca a Baku scopre un misterioso manoscritto che sembra contenere importanti informazioni sulla storia del suo paese. Il manoscritto risulta mutilo, infatti lo studioso nel leggerlo scoprirà che all’esemplare manca sia l’inizio che la fine, e soprattutto frammentario poiché nella narrazione molte pagine risulteranno mancanti o illeggibili. L’elemento che rende più interessante la storia è che dentro il manoscritto troviamo non una ma due storie le quali si svolgono in due epoche diverse. Una storia è la cronaca di Dede Korkut , uno dei più grandi narratori dell’epica mediorientale, che narra l’indagine compiuta, nel IX secolo dal Khan degli Oghuz Bayindir per scoprire chi tra i suo nobili mira a dividere il suo regno tradendo la sua fiducia. Nella seconda invece scopriamo la vita tumultuosa del grande Shah di Persia Ismail che nel XVI secolo si scontrò nell’importante battaglia di Chaldiran con il sultano Selim I. Questo shah persiano risulta famoso nel mondo arabo sia per aver posto un freno all’espansione ottomana ad est che per la sua passione per le arti e soprattutto per la poesia.
Lo scopo dell’autore non è tanto quello di far conoscere la verità al lettore, ma quello di farlo entrare in un mondo diverso. Una realtà fatta di sogni ,di divinità maligne e benigne, di spiriti, di storie che creano altre storie; in cui non solo spesso non si capisce quello che vero e quello che è falso, ma spesso anche è sottile la linea che divide il mondo reale da quello dei sogni. Quello che più conta delle storie presenti nel libro è il punto di vista di chi narra i fatti, quasi come se non conti il fatto in sè quanto le sfumature che ne cambiano il contesto. L’iterazione delle storie è un elemento chiave del libro, ma questa ripetizione invece che annoiare rende gustoso il libro perchè ogni volta il fatto stesso cambia ed assume nuovi connotati.
L’abilità dello scrittore è quella di sapersi districare su piani narrativi ed epoche narrative diverse fra loro. Ogni frammento del manoscritto fittizio risulta collegato agli altri dalle interpretazioni filologiche, ma divertenti dell’autore che spiega in maniera precisa e simpatica le lacune del falso esemplare. Il linguaggio è ricco di aggettivi e similitudini che rende immediato al lettore capire un mondo distante dal proprio.