Titolo: Il Grande Nord – Cultura e destino della Questione settentrionale
Autore: Stefano Bruno Galli
Editore: Guerini e Associati
Genere: storico- sociale
Anno di pubblicazione: 2013
Numero di pagine: 207
Prezzo: euro 18
È difficile poter raccomandare, con certezza, ad un largo pubblico una buona lettura di argomenti sociali, politici e storici. Questo particolare caso si trova nel libro Il Grande Nord di Stefano Bruno Galli, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università degli Studi di Milano e da sempre studioso di queste problematiche.
Galli sviluppa il suo approccio alla questione settentrionale partendo dall’Unità d’Italia e sottolinea, cosa rara, come il celebre statista che la fece, ossia Cavour, aveva, insieme al suo stretto collaboratore Minghetti, una visione federalista. Certo, il conte di Cavour non era Carlo Cattaneo, ma sapeva che era impossibile mettere insieme il Nord con le sue tradizioni comunali e con la sua solida rete commerciale in via di sviluppo industriale, con lo Stato Pontificio e quello Borbonico. Purtroppo Cavour non continuò a realizzare, a causa della morte precoce, il suo disegno con il risultato che l’Italia cadde in un abisso storico da cui non è più uscita.
Perfino un dittatore come Mussolini che cercò, anche con la forza, di tenere unita l’Italia sotto di sé, ad un certo punto, quasi per esaurimento, dovette ammettere che non era impossibile governare l’Italia, ma inutile.
Alla caduta del fascismo il giovane notaio cattolico Èmile Chanoux, cuore autonomista della Resistenza valdostana, torturato dai nazisti e morto in carcere nel 1944, si espresse nella Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine, più semplicemente nota come Dichiarazione di Chivasso. Frutto del lavoro delle due minoranze valdostane e valdesi, dava vita ad un movimento federalista di ampio respiro stemperato poi nella Carta Costituzionale con un compromesso all’italiana che realizzava uno “stato regionalista” come lo definiva Luigi Sturzo che aveva operato per questo scopo.
L’autore ad un certo punto fa un’acuta osservazione: “Sin dall’Unità il Meridione è stato senza dubbio depredato e poi – in tempi più vicini a noi – risarcito nel modo peggiore: attraverso quelle politiche assistenziali che, troppo spesso, hanno assunto un carattere diffusamente clientelare basato su una dilagante corruzione”.
In effetti ci furono diversi tentativi di riequilibrare il mancato funzionamento dello “stato regionale”. Galli ricorda, ad esempio, l’operato di Guido Fanti, comunista e primo Presidente della Regione Emilia Romagna che “individuava nel superamento del centralismo […] il rimedio più efficace alla crisi economica, politica e sociale, che cominciava ad attanagliare il paese”. Ma la visione anti-centralista, lungi dall’essere un affair solo politico, s’impose perfino su uno scrittore come Alberto Moravia che nel 1975 coordinò un gruppo di intellettuali autori del libro “Contro Roma”, dove Roma rappresentava il vecchio Stato, il vecchio “sistema”.
Il Financial Times nel Giugno del 2012 elaborava, secondo quanto riportato da Galli, una carta geopolitica del Vecchio continente individuandone il cuore in un’area che da Amsterdam raggiunge Firenze. Su quest’asse si è sviluppata la civiltà mercantile e urbana delle mille città che hanno cullato il capitalismo moderno e quindi avviato la produzione di ricchezza.
Di fronte alle immani difficoltà che sono davanti a noi, Galli non è pessimista, ma realista. Ricorda tutto lo studio fatto da Gianfranco Miglio, che fu Preside di facoltà di Scienze Politiche alla Cattolica di Milano, gli importanti studi della Fondazione Agnelli e le memorabili “picconate” di Francesco Cossiga che soleva dire che di Italie ne esistono almeno due.
Concludo con una curiosità che dà un’idea delle piccole sorprese che troverete nel libro: lo sapevate che il Barolo che qualcuno chiama il Re dei vini fu inventato dal Conte di Cavour?