Autore: Giancarlo Piacci
Data di pubbl.: 2022
Casa Editrice: salani
Genere: giallo, Noir
Pagine: 316
Prezzo: € 15,20
Vincenzo Cocchiara vive a Bacoli, o meglio ‘si nasconde’ a Bacoli nel vano tentativo di staccare se stesso da Napoli, la quale:
“…scintilla da lontano, sempre tra i piedi e sempre altrove. Come una zingara dai denti d’oro.” (Pag. 16)
In realtà, Vincenzo fugge da un passato milanese che, lungi dall’avergli portato la crescita personale ed economica nella quale forse sperava, gli ha lacerato l’animo di ragazzo fin quasi al punto da distruggerlo. A Milano, alla fine, è stato l’adulto, ricco e potente Giovanni Testa a salvarlo. Lo stesso Giovanni, il quale, dieci anni dopo, dal carcere di Poggioreale dove é rinchiuso, gli chiede di rendergli il favore indagando sulla morte sospetta del figlio Raffaele – suicidio oppure omicidio? – che Vincenzo non ha mai incontrato. E Vincenzo, inseguito dai demoni del passato placati solo da massicce dosi di psicofarmaci, prima rilutta ma poi, spinto dall’amico pescatore Antonio, decide di affrontare il mare in burrasca di questa insolita e, come si vedrà, assai pericolosa indagine. In suo aiuto verranno la madre vedova e un singolare personaggio, un giovane guappo dei quartieri, Stefano detto Bart.
Questa, a grandi linee, la vicenda i cui sviluppi includono la scoperta di una società, la Green Ants, che si occupa di accelerare le procedure di sfratto delle case occupate da inquilini morosi o abusivi, ma non solo; e poi i personaggi del Centro Storico napoletano che hanno riempito l’infanzia e l’adolescenza di Vincenzo e che sono, a vario titolo, coinvolti nella storia di Raffaele. Come pure l’incontro con Diana, moglie separata di costui, sirena incantatrice o vittima?
Ma ciò che davvero ci racconta in modo mirabile Giancarlo Piacci è Napoli, una città terribilmente intricata e difficile da narrare e rappresentare. Una città che ha viscere e superficie, che custodisce gelosamente segreti e misfatti, che ammalia e distrugge.
“Un giorno ci chiameranno a riconoscerla, questa città. Probabilmente tra vent’anni, quando nel mondo saremo più di otto miliardi e non ci staremo più tra queste strade. Saremo chiamati per una identificazione ufficiale. Ci porteranno all’obitorio e le toglieranno il lenzuolo che la vela da duemila anni. Noi la riconosceremo a stento, come a stento la riconosco io adesso. Avrà la cicatrice dell’autopsia al centro del petto che la attraverserà da una parte all’altra come uno dei Decumani, tuttavia diremo sicuri: «Sì, è lei, è la città».” (Pag. 161)
Napoli e Vincenzo, le sue allucinazioni, i suoi incubi a occhi aperti, i suoi ricordi e le sue angosce, s’intrecciano e si scambiano di posto. Non esiste farmaco al mondo che possa placare gli spettri che affollano la mente di Vincenzo e il turbine della città di Napoli, non esiste trucco o magia che possa risolvere i problemi di entrambi.
Vincenzo e Napoli fanno da controcanto l’uno all’altra. Intorno a loro e dentro di loro, agisce un’umanità sconfitta, violenta, assetata di spazi e giustizia, ma anche sincera e amorevole, pronta al sacrificio come alla lotta disperata.
Il racconto di Piacci si muove lento e avvolgente, passa fluido dal presente napoletano al passato milanese del protagonista e voce narrante. In questa vicenda niente è come inizialmente sembra, nessuno è davvero chi crede o pretende di essere. Proprio come Napoli. Ci potrai vivere mille anni e non potrai dire di averla compresa a pieno.