Nel cuore del quartiere commerciale di Hong Kong ci sono librerie molto particolari. I loro clienti vengono prevalentemente dalla Cina continentale e vogliono restare anonimi in quanto si recano in questi negozi per acquistare libri che a Pechino sono banditi. “Vengo qui per saperne di più della Cina, per apprendere cose su cui non so nulla. A volte sono molto deluso dal mio Paese. Vorrei che migliorasse, che fosse più democratico: ma temo che questo non accadrà mai”, racconta un lettore che non vuole svelarsi.
Ex colonia britannica, dal 1997 parte della Cina, Hong Kong beneficia di una libertà di espressione sconosciuta nel resto del Continente. Il cofondatore di una di queste librerie, Paul Tang, non ha mai avuto problemi col governo cinese ma non è sempre così.“Gli editori o gli autori con cui parlo mi raccontano che spesso ricevono telefonate da parte del governo per evitare che possano scrivere cose contro. E spesso provano a bloccare l’uscita di alcuni lavori”. Per questo esiste un ente generale per la stampa e l’editoria che controlla i lavori degli scrittori cinesi, e gli scrittori sono obbligati ad adattarsi ai dictat governativi.“Io non scrivo libri solo per i lettori della Cina Continentale – rivela uno scrittore – Così mi tocca scriverne due versioni: una epurata e l’altra integrale. Non sfido con questa versione la censura, la ignoro semplicemente”. Ironia della sorte l’etichetta “Bandito in Cina” è ormai molto richiesta a Hong Kong, e alla fine molte copie finiranno nel Continente nonostante i divieti.
Fonte: Tmn-news