Giveway – Il fiordo dell’eternità

IL FIORDO DELL’ETERNITÁ

Dalla Danimarca arriva il caso editoriale protagonista della Fiera di Francoforte 2011. Il romanzo che ha appassionato editori stranieri come “Hanser Verlag” in Germania, “Gallimard” in Francia, “W.W. Norton” in USA, “Atlantic” in Inghilterra, come solo i grandi romanzi sanno fare, è capace di riassumere in sé vari generi, superarli tutti e sfidare ogni convenzione narrativa.

COME SI VINCE?
Basta commentare la frase sotto riportata entro domenica 10 febbraio alle ore 21 rispondendo sotto questo post.
La redazione sceglierà il vincitore tra i partecipanti, individuando chi ha formulato il post più originale e attinente alla richiesta (il giudizio è insindacabile). Dopo che avremo verificato l’iscrizione alla nostra newsletter, a questi sarà attribuita una copia del romanzo “Il fiordo dell’eternità” di Kim Leine – Guanda.

* I libri in palio sono messi a disposizione dall’editore in forma di omaggio secondo la normativa prevista dal dpr 633 del 1972 che regolamenta i concorsi.

LASCIATEVI ISPIRARE DALLA FRASE:

Molti dei marinai non sono mai stati in Groenlandia. Si parla molto degli indigeni e di cosa ci si può aspettare.E’ il dodicesimo viaggio del comandante “oltre il fiordo”, come lo chiama lui con un certo vanto. “I selvaggi sono in fondo brava gente” racconta mentre sono a tavola. “Di gran lunga migliori di molti bianchi, ve lo posso garantire. Ma hanno abitudini ripugnanti e oscene. Si lavano nella loro stessa urina e mangiano carne putrefatta”.

QUALI PENSIERI E SENSAZIONI VI SUSCITA?

LA TRAMA DEL LIBRO

Nel 1782 Morten Pedersen si trasferisce a Copenaghen dalla campagna per studiare teologia. Le sue azioni sono ispirate non dai suoi studi religiosi, ma da un innato razionalismo, sviluppato sulle letture di Rousseau, la cui affermazione nel Contratto sociale «l’uomo è nato libero, e vive ovunque in catene» diventerà il motto a cui impronterà le scelte fondamentali. A Copenaghen si innamora della figlia del tipografo che lo ospita, ma è una passione destinata a durare poco. La fame di conoscenza lo spinge infatti ad arruolarsi in una missione cristiana, la cui meta finale è la Groenlandia, terra degli Inuit, l’ultimo baluardo tribale ancora da convertire. Questa landa deserta e inospitale sarà la sua gioia e la sua perdizione.

L’AUTORE

Kim Leine (1961) è uno scrittore danese. Nato in Norvegia, si è trasferito in Danimarca a diciassette anni. Dopo la formazione come infermiere, ha lavorato in Groenlandia per quindici anni. Nel 2004 è tornato in Danimarca e ha consacrato la sua professione di scrittore al racconto della Groenlandia e degli straordinari incontri umani che in quella terra è ancora possibile fare. La sua curiosità l’ha spinto a indagare a fondo, fino al concepimento del romanzo Il fiordo dell’eternità, da tutti riconosciuto come il suo capolavoro. Ha all’attivo tre romanzi, affermatisi in Danimarca con un consenso unanime di pubblico e critica.

INFO:

http://www.guanda.it/scheda.asp?editore=Guanda&idlibro=7700&titolo=IL+FIORDO+DELL’ETERNITA’

E il vincitore è…

Donatella

(10 febbraio, 12:32)

Il vincitore è pregato di contattare la redazione all’indirizzo concorso@gliamantideilibri.it entro e non oltre giovedì 14 febbraio.

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  • Serena Calypso Pappy

    Credo che la citazione sopra scritta esprima l’essenza e tutto il pensiero razionalista del protagonista, egli ha studiato ed analizzato durante i suoi viaggi la popolazione indigena nelle loro più profonde abitudini e rituali, ovviamente commentando la cosa con disapprovazione ma allo stesso tempo in questa tribù ha trovato il BUONO che non è stato contaminato dalla società che Rousseau trova sbagliata, infatti quando il capitano dice riferendosi ai selvaggi “Di gran lunga migliori di molti bianchi.” Secondo me si riferisce all’autore dell’Emile.

  • Roberta Cricio

    La paura dello straniero, dell’ignoto, è sempre stata una prerogativa dell’uomo. E piuttosto che avanzare nella scoperta, si preferisce correre dietro gli echi di dicerie e superstizioni.

  • Elena

    Forse per noi gente “civile” gli indigeni possono dare ripugnanza, ma sono molto meglio di noi nell’assaporare le cose che Madre Natura offre loro.
    Molte volte ce ne dimentichiamo: Stare a contatto con la terra, non può che far stare bene lo spirito!

  • agnese

    dipende molto dal punto di vista .
    Per chi consideriamo indigeni siamo noi occidentali quelli “strani” dalle abitudini indecenti.
    Si tratta di Cultura … ognuno ha la propria con usi e costumi propri… è proprio la scoperta delle varie culture che arricchisce l’anima di un viaggiatore.

  • ambretta

    La citazione è estremamente accattivante, il fiordo dell’eternità promette emozioni a 360 gradi, orrore, mistero e usi tribali tutti da scoprire. Invoglia a conoscere meglio un luogo dove notti e giorni possono avere durata lunghissima e inusuale alle nostre latitudini. Mi sono sempre chiesta come vivano gli abitanti di queste lande, e forse qui troverò la risposta. Complimenti per l’idea del giveway.

  • Luca

    Il navigante è per definizione un sognatore, lo era forse anche “il comandante”. Per docici volte è andato “oltre il fiordo”. Nessuno conosce quei luoghi quanto lui e nessuno quanto lui sa che anche lì, al confine ultimo, non vi sia nulla che dia forma all’ideale più grande: “la libertà”. Allora che si creda in un popolo capace di lavarsi nell’urina e mangiare carcasse, un popolo ripugnante. Affinchè nelle menti altrui si formulino le promesse dell’ignoto. Affinchè nella sua mente l’immagine della realtà affondi nei recessi ,almeno per per il tempo del viaggio, e affiori ancora una volta l’illusione del sogno.

  • http://www.salomondamares.it davidemasera

    Da sempre l’uomo attacca ciò che è diverso perché ne ha paura, solo che in passato lo faceva fisicamente, con aggressioni oppure con guerre di ideologia, mentre oramai si predilige l’attacco verbale.
    Meglio o peggio? Chi lo sa…

  • Antonella

    La frase tratta dal nuovo libro di Kim Leine mi fa pensare ad un attualissimo confronto tra culture. L’ incontro tra una cultura civilizzata e quella indigena è molto producente per entrambi. La cultura indigena è fonte di ispirazione per i civilizzati perchè permette loro di tornare un pò alle proprie radici, recuperare quegli odori, quei sapori e quelle sensazioni che con il progresso e le varie rivoluzioni industriali si sono persi. Il contatto con la terra, con le cose semplici ci spogliano di ogni vanità e ci mettono di fronte all’ unico senso dell’ uomo: il bisogno. Il bisogno di procurarci il cibo, di trovare una fonte per dissetarci e lavarci, di trovare dei brandelli di pelle per coprirci. Tutte azoni che col tempo la nostra civiltà ha raffinato e portato ad alti livelli, le cui tecniche potrebbero risultare molto utili anche a chi sta dietro di noi e migliorarli se loro le ritengano utili. Questo è il confronto, lo scambio di idee e di costumi che potrebbe arricchire chi si sente già al top e chi invece vive secondo natura.

  • maria

    credo che ogni forma di razzismo, di pregiudizio, di avversione verso chi si reputa “diverso” o “inferiore” nasce dalla paura che l'”altro” sia migliore di noi, e pertanto, soffrendo di un complesso di inferiorità, come unica soluzione si pensa che sia l’annientamento o, nella migliore delle ipotesi, l’isolamento.
    E’ sconcertante. E in questo caso ancora di più perchè tale ripugnanza si riversa verso popolazioni indigene. Da notare infatti l’utima frase “Si lavano nella loro stessa urina e mangiano carne putrefatta”. Io ci leggo un senso di disprezzo misto a meraviglia che solo chi ha un pregiudizio può così commentare. E il fatto che il protagonista parte in missione per poter “convertire” o forse “civilizzare” gli indigeni ne è prova.
    Io allora mi domando: chi è il vero “diverso”?Chi è l’indigeno? tutti abbiamo bisogno di essere “civilizzati” se ancora pensiamo che tra di noi c’è un “diverso”.

  • http://francescaghiribelli.blogspot.com/ Francesca Ghiribelli

    a volte la natura selvaggia e istintiva(parlo degli indigeni) della gente ci fa giudicare negativamente dall’evidenza, ma forse vale molto di più l’autenticità di un cuore imperfetto ma puro, al confronto di tanti inutili e finti perbenismi di alcune persone, che nascondono in fondo all’anima difetti ben peggiori.

  • Brunik

    Il comandante è il tipico uomo che incarna l’Occidente. Mosso dalla voglia di conoscere, approccia l’alterità partendo dall’assunto che questa, in un modo o nell’altro, gli sia inferiore: deve essere convertita e civilizzata. Probabilmente, anzi, sicuramente dotato di buon senso, egli non può non ammettere che i selvaggi siano brave persone; la sua presunzione occidentale però non gli vieta di sentirsi in dovere di compiere la missione: i “selvaggi” vanno aiutati, devono essere convertiti e devono perdere le loro “oscene” abitudini. Ancora una volta, muovendo da quello che potrebbe anche essere il migliore dei propositi, l’Occidente tenta di distruggere la cultura dell’altro.

  • Stefania C.

    La frase riassume quello che molto spesso accade ogni giorno. Ci si ferma alle apparenze e si diventa razzisti.
    Forse è una forma di difesa la nostra, ma credo sia più paura del “diverso da noi”, dell’altro.
    La storia ci insegna che il razzismo è da condannare ma è molto più radicato nella società di quanto si pensi. Emblematica è la frase “I selvaggi sono in fondo brava gente”, sembra innocente ma invece è un esplicito giudizio negativo nei loro confronti.

    Solo un pacifico confronto culturale può portare all’integrazione delle razze e al miglioramento della società.

  • cristina

    A volte, sotto alcune forme di “razzismo” é celata una sorta di desiderio di libertà. L’altro, il diverso, viene criticato perchè gli si riconosce una libertà e un vivere al di fuori degli schemi, che a noi non verrebbero mai concessi.Noi siamo imprigionati in una civiltà che ci impone molte regole. Il fatto di criticare popoli più semplici e primitivi, se così si può dire, appare come una sorta di riconoscimento,al negativo,che in alcuni posti si vive in modo più semplice e puro.Che si avrebbe a che fare con un mondo sicuramente meno problematico. Si avrebbe, in sostanza, voglia di evadere, e segretamente di essere liberi come le etnie che si stanno criticando.Una medaglia ha sempre due facce, però quella é un’altra storia…..

  • Donatella

    “Mi ispira uno scontro tra culture, apparentemente una più evoluta e una meno. Ma fondamentalmente,chi può sapere quale delle due sia realmente più evoluta o più giusta? La voce narrante vuole elogiare gli indigeni ma,allo stesso tempo, ha paura del diverso e quindi ne esalta anche i difetti”. Tutte le minoranze etniche sono soggette a questo tipo di confronto e molte etnie sono scomparse proprio grazie al dominio di uomini che, credendo di essere più evoluti, hanno distrutto e calpestato usi, costumi e sentimenti di popoli meravigliosi.

    • Paola

      Complimenti Donatella! Credo sia proprio una bella soddisfazione trovare il proprio nome a caratteri cubitali per l’annuncio meraviglioso di aver vinto un libro!
      Paola

  • Chiara

    Solo per un secondo, sorrido all’idea assurda che gli indigeni possano davvero lavarsi con la propria urina. Poi dopo il sorriso arriva l’orrore, quello della paura del diverso, del pregiudizio, del popolo superiore che si erige a portatore di civiltà e democrazia. Sembra tutto troppo attuale, troppo familiare.
    “Oltre il fiordo” ricalca un po’ l’antico “Oltre lo stretto”, e il pregiudizio è sempre lo stesso. Eppure il signore che parla, ammette che i “selvaggi” sono brave persone… cosa vorrà dire? Significherà forse che umanamente è riuscito a comprenderli, ad apprezzarli, che è andato oltre la pura estetica, oppure che li considera troppo buoni e ingenui, uomini di cui ci si può prender gioco?

  • grazia

    La maggior parte degli inuit non è mai uscita dalla Groenlandia. Si parla molto dei marinai stranieri e di cosa ci si può aspettare.E’ il dodicesimo viaggio in cui il capo incontra il comandante di “oltre il fiordo”, come lo chiama lui con un certo vanto. “Gli stranieri sono in fondo brava gente” racconta mentre mangiano. “Di gran lunga migliori di molti inuit, ve lo posso garantire. Ma hanno abitudini ripugnanti e oscene. Si lavano con dell’acqua e strane tavolette viscide e mangiano carne di animali appena uccisi”

  • Paola

    Il viaggio è la metafora della vita. Non si sa cosa ci sorprenderà, cosa ci cambierà, cosa ci lascerà indifferenti, cosa ci farà soffrire e cosa resterà come ricordo indelebile. Quasi sicuramente alla fine del viaggio non saremo più gli stessi di quando lo abbiamo cominciato, avremo qualcosa in più ma forse avremo perso qualche certezza e non troveremo più quello che prima era solo immaginazione, perché quello che abbiamo visto è semplicemente diventato realtà ed è diventato un frammento di noi; e tutto quello che poteva sembrare “strano” assume i contorni della più banale normalità! Tutto! La vita!

  • Gianluca D.T.

    La critica del Comandante agli indigeni credo sia una forma per sottolineare la supremazia della sua “gente ” sugli indigeni stessi.
    Ogni viaggio è forse la riscoperta per lui di far parte invece di una elite, di un popolo intelligente che sa vivere bene.
    Forse però dentro di se non ne è proprio così sicuro, come si può evincere dalla frase “Gli stranieri sono in fondo brava gente”.
    Sembra combattuto tra ciò che vede, gli usi e costumi degli indigeni, e come invece appaiono.

    Il Comandante rappresenta un pò l’uomo in generale, pronto ad erigersi nella sua superiorità sugli altri, ma spesso non sicuro delle sue scelte.
    Basterebbe guardare il mondo e gli altri con occhi diversi, liberi da pregiudizi e ipocrisie per far si che il mondo stesso sia migliore e sia diverso!

  • Maria Antonietta

    Risveglia la mia passione per l’antropologia.
    Non suscita sensazioni negative, è risaputo che ciò che è diverso è difficlmente accettato.

  • http://lepaginestrappate.wordpress.com Chiara M.

    Ricordo il fascino e lo stupore – a volte anche l’incredulità – dopo molte letture o film che narravano abitudini e miti di popoli lontani, magari, come in questo caso, adattati a climi che mi appaiono incompatibili, e adagiati in ritmi propri che sembra non possano intrecciarsi coi miei. Di ciò che è lontano si parla, e molto, come fanno questi marinai. E ciò che non si conosce ma di cui si parla diviene il fecondo substrato per la leggenda e a volte per la paura. Urina e carne putrefatta… la leggenda e la paura si fondono.
    Ma, nonosante l’orrore e il timore, ancora una volta non ci si può esimere dal superare “le colonne d’Ercole” della conoscenza umana. Qui “i fiordi” di una terra ostica ma non per questo meno affascinante.

  • Alice

    Mi fa pensare che si cercherà sempre un modo per criticare chi fa qualcosa in modo diverso da ciò che reputiamo “regola”, ma in fin dei conti chi siamo noi per determinare delle “regole” e considerarle corrette anche per gli altri? Ognuno ha i suoi criteri e se vogliamo che i nostri siano rispettati dobbiamo iniziare rispettando quelli degli altri; non arrivando in terre nuove, pronti a colonizzare e cambiare tutto in base a ciò che si pensa giusto, senza nemmeno conoscere davvero gli abitanti nativi. Magari quell’urina era solo acqua sporca, quella carne putrefatta forse era solo carne di animali che non conoscevano, o magari cucinata in modo diverso, se no non penso sarebbero nemmeno sopravvissuti gli indigeni, a lungo andare…
    Il fiordo è lì, pronto a collegare i nuovi arrivi, le paure degli europei, e ghiacciarle sul posto… “Oltre” potrebbe esserci di tutto, basta volerlo risalire senza volersi imporre, senza fermarsi alle apparenze di usanze non nostre e non conosciute…

  • Ele Saia

    Essere cittadini del mondo è anche saper convivere con realtà molto diverse dalle nostre, con abitudini che a volte ci appaiono bizzarre, con gusti che per noi sono rivoltanti: ma è proprio questo il bello di essere diversi, di essere tanti e di essere uomini.

  • gionata

    Mi viene da pensare alle gite scolastiche e ai primi viaggi con molti miei amici dove spesso le abitudini alimentari e di costume erano oggetto di scherno e sorpresa mentre solo successivamente le bellezze naturalistiche e monumentali venivano apprezzate. Da giovani del resto si è anche ancora molto ignoranti e i nostri elementi di confronto sono la cucina e le abitudini. La cosa che però è da sottolineare è che ciò accadeva, anche visitando luoghi civilizzati e spesso anche dello stesso Paese.

  • pdp

    i soliti discorsi dei colonizzatori, portatori della civilta, ove il loro modo di vivere è sempre il migliore, denigrando usi e costumi dei nativi.
    qui ci troviamo di fronte all’avanzare verso nuovi mondi, verso civiltà quasi sconosciute, sempre dipinte a tinte fosche …………… il comandante racconta la sua versione …….. chissà cosa penseranno di lui i selvaggi?? ……

  • Augusto

    Mi suscita il pensiero di una società e di una cultura che per secoli si è crogiolata nella sua presunta superiorità ma che ha finito per perdere il contatto con i valori e il rispetto dovuti alla natura e ai suoi cicli e che preda della propria aridità spirituale si è limitata ad imporre il suo punto di vista, le sue tradizioni e la sua autoproclamata autorità ideologica.

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