
Autore: Marco Vichi
Genere: giallo
Pagine: 505
Prezzo: 18.50 €
Il commissario Bordelli è affascinante: somiglia a Lino Ventura, piace alle donne e le donne piacciono molto a lui. Se ne innamora sempre e ne incontra tante, belle.
Ha un’amica, la prostituta Rosa: gioiosa, infantile, materna.
Firenze è la sua città, una Firenze degli anni Sessanta in pieno boom economico in cui la guerra è ancora un ricordo fresco e sono vive le contrapposizioni ideologiche che ne sono seguite.
In questo romanzo, che è il proseguimento di “Morte a Firenze” e “La forza del destino”, Vichi fa affiorare l’interiorità del suo commissario, indagando in profondità una particolare fase della vita di un uomo, quella che precede la pensione.
Durante l’alluvione che ha colpito Firenze nel 1966 Bordelli si è trovato alle prese con un caso che lo ha duramente provato per le implicazioni personali che ha portato con sé. La depravazione e la crudeltà si sono mescolate in modo inaudito e sono arrivate a colpirlo nei suoi affetti più cari, tanto da spingerlo a lasciare la polizia e trasferirsi all’Impruneta. Nel frattempo ha trovato il modo di farsi giustizia da solo, tentando di chiudere il conto con la malvagità, ma non con il dolore che lo ha colpito e che lo segnerà per tutta la vita. Spera di incrociare la donna che lo ha fatto innamorare più delle altre, o forse no: spera di non sapere cosa le è accaduto e soprattutto con chi sta ora.
Non possiamo rivelare troppo dei fatti, perché vanno scoperti leggendo e soprattutto entrando nei pensieri del protagonista, cosa che a Vichi riesce in modo magistrale.
Bordelli e’ un personaggio malinconico senza rimpianti e la sua essenza è negli amici che lo circondano che con lui condividono una stesa filosofia di vita, anche se realtà completamente diverse.
Il romanzo vive anche di paesaggi nelle lunghe camminate del commissario sulle colline attorno a Firenze e di interni nella casa di campagna che ha occupato da poco. Quest’ultima diventa il luogo in cui si costruisce un’ amicizia profonda quando Bordelli dà rifugio al colonnello Bruno Arcieri, che si trova in pericolo. Ne nasce un profondo legame fatto delle piccole cose quotidiane di cui si nutre una vero rapporto.
E qui si gioca la gran parte del romanzo, condivisa con Leonardo Gori, creatore per l’appunto del personaggio sopra citato le cui pagine si intersecano con quelle scritte da Vichi in un dialogo a distanza.
Più che un giallo è un viaggio nell’importanza della memoria: una conclusione degli ultimi episodi della vita di Bordelli per poi ripartire da dove tutto era iniziato. Il giallo comunque è presente ed in modo tutt’altro che marginale. Un caso difficile e appassionante, infatti, tormenta il commissario: la vittima è un uomo amato e grande amante, apparentemente senza nemici, colpito mortalmente con un fioretto conficcato nel petto.
Bordelli faticherà a trovare il suo lato oscuro e questa fatica accompagnerà il suo percorso nell’amicizia e nei ricordi. In questi trova anche spazio la madre, che in questo caso è facile sovrapporre alla madre dell’autore, Paola Cannas, recentemente scomparsa: entrambe scrivevano poesie e tramite le poesie si apre un’altra scoperta e un altro scavo interiore, ancor più intimo e profondo.