Autore: Georges Simenon
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Adelphi Editore
Genere: Reportage
Traduttore: Federica e Lorenza Di Lella
Pagine: 377
Prezzo: € 18,00
Georges Simenon, come reporter, ha attraversato l’Europa nei primi mesi del 1933 in lungo in largo, da nord a sud, da este a ovest.
Lo ha fatto per conto della rivista Voilà, fondata da Gaston Gallimard nel 1931 e espressamente dedicata al reportage d’autore.
Tra le pagine di questa rivista si possono leggere grandi penne tra cui anche quella di Simenon.
Da questa esperienza nasce Europa 33 (traduzione di Federica e Lorenza Di Lella) che Adelphi manda in libreria.
Quando inizia questo viaggio Simenon racconta che non sapeva esattamente cosa cercare. Lui voleva prima di tutto vedere, rendersi conto della situazione e dei contesti europei.
Simenon nel suo errare incontra un’ Europa malata: «Io sono partito con uno scopo più modesto, quello di vedere il volto dell’Europa di oggi. C’è stata un’Europa di prima del 1914, poi un’Europa squarciata dalle trincee e in infine un’Europa del dopoguerra.
Ma forse è ancora un’altra Europa, questa Europa del 1933 che sonnecchia sotto la neve e che, come chi dorme male, è scossa da bruschi e terrificanti sussulti».
Fuori dalla logica patinata delle cartoline illustrate, Simenon è il reporter che testimonia con una scrittura netta e realista, fatta di immagini, dialoghi e scatti fotografici, lo stato dell’Europa così com’ è sospeso tra le due guerre.
Quello che interessa a Simenon è mettere a nudo i fatti e le persone che racconta, così come farà sempre nei suoi romanzi.
Ogni reportage può essere letto come un romanzo breve. Le sue parole, accompagnate dalle fotografie che scatta in viaggio, documentano dal vivo l’Europa che lo scrittore si trova di fronte.
Lui non fa altro che raccontarla così come la vede con una schiettezza che spiazza e che disarma ma che non mente mai davanti a tutte le contraddizioni che si trova a denunciare.
Quando scrive viaggiando per l’Europa del 1933, Simenon mantiene uno sguardo fotografico.
Nelle strade ghiacciate e fredde di Vilnius lo scrittore annota la fatica di quel paese coperto dalla neve, e noi la sentiamo addosso mentre leggiamo.
Con grande compassione Simenon dedica una parte cospicua dei suoi reportages ai popoli che nell’Europa di quegli anni hanno fame.
Umane profondamente umane le pagine che scrive e che toccano da vicino noi lettori per quel carico di pietas che solo un grande scrittore può avere.
Il racconto della sua visita in un dormitorio di poveri a Varsavia è un frammento autentico di grande letteratura e di straordinaria umanità.
«Se il mio racconto vi sembrerà angosciante, consideratelo un brutto sogno», con queste parole Simenon inizia la sua discesa agli inferi tra i poveri di Varsavia.
Avverte il lettore che in quel dormitorio pubblico ha trovato un labirinto di corridoi e un esercito di uomini che non hanno più la forza di lottare. «Nessuno ride. Nessuno parla. Si vedono solo sguardi che non sono neanche minacciosi, ma sono vuoti e gelidi. È peggio!».
Simenon non fa sconti con la sua scrittura quando ci mostra in faccia la povertà con tutto il suo campionario di miserie e con tutte le deformazioni che possono martoriare un corpo umano.
Del suo vagabondare per l’Europa, Simenon ci lascia una testimonianza preziosa: l’esperienza di uno scrittore e di un uomo che ha raccontato quello che ha visto senza mai tradire la vocazione al vero che scaturisce da una serie di informazioni di prima mano, raccolte in prima persona senza mediazione sul campo.