Autore: vigdis hijorth
Data di pubbl.: 2020
Casa Editrice: Fazi
Genere: Romanzo drammatico
Traduttore: Margherità Podestà Heir
Pagine: 374
Prezzo: 18.50
Havlaler e Bratevein. Due città che si affacciano sul mare del nord come tante. Ma per Berlijot sono due posti carichi di dolore. Lei, seconda di quattro fratelli, è sempre stata la pecora nera della famiglia, quella da escludere. Ha sempre fatto quello che poteva per accontentare la madre, una donna isterica e piena di ansie che vive un matrimonio infelice da cui si rifiuta di uscire, per essere all’altezza delle sue aspettative, immagazzinando dolore e delusione dentro se stessa anno dopo anno fino all’inevitabile presa di coscienza che le cose in casa non sarebbeo mai cambiate. Che non ci sarebbe mai stato riconoscimento per lei nemmeno da parte di suo padre o da parte dei suoi fratelli. Con dolore ha deciso di tagliare i ponti e limitare il più possibile i contatti con quella parte della sua vita che la faceva soffrire così tanto senza però, nelle sue scelte, influenzre i suoi figli, lasciati liberi di frequentare i nonni. Il fragile equilibrio personale ed emotivo raggiunto da Berlijot ha una durata di 23 anni, un periodo di tempo molto lungo in cui i contatti con i fratelli e i genitori sono rari e sporadici. Fino a quando, improvvisamente, viene alla luce un testamento scritto dai genitori ancora vivi che prevede una generosa eredità per le sorelle minori della protagonista (Asta e Astrid) e quasi nessun bene per Berlijot e suo fratello maggiore Bard. Eppure il padre aveva sempre dichiarato che avrebbe trattato i figli in modo equo e uguale, spartendo le sostanze di famiglia in modo equo. Bard non riesce a credere all’ingiustizia e riprende i contatti con Berlijiot proprio mentre anche le sorelle e la madre si fanno sempre più pressanti riportando la protagonista a rivevere nuovamente faide e gelosie, incomprensioni e dolori che sperava aver dimenticato.
Non esistono famiglie perfette. O meglio, quelle che lo sono, le famiglie mulino bianco come qualcuno le apostrofa, sono molto rare. Basta girare qualche canale in televisione o scorrere le pagine di alcuni quotidiani per rendersi conto che le faide tra fratelli, nate da incomprensioni e gelosie, sono quasi all’ordine del giorno. Faide che portano con sé una grande tristezza e dolori inenarrabili.
Vigdis Hijort sembra dare voce a questo dolore non attraverso la notizia o il racconto sensazionistico, ma portando all’esterno il grande dialogo interiore che si scava lentamente nell’anima di Belijot ogni volta he il telefono squilla per una chiamata, un messaggio o una email appena ricevuta. Berlijot che, nel suo dolore ormai cupo e rassegnato, sembra osservare la realtà che la circonda non da protagonista da semplice narratrice. Certo, a volte le parole dei familiari la feriscono, ma sono ferite si nascondono in fretta, coperte da anni di delusione e dolore che le trasformano in lacerazioni di un anima anestetizzata che osserva il tormento come se non fosse il suo.
Eredità non è un romanzo che si può leggere a cuor leggero. Non è una novella, non ha un finale allegro, non parla di riscatto e non muove grandi temi di giustizia sociale ma che ci riporta prepotentemente alla nostra realtà. Eredità mostra semplicemente una realtà che è molto comune e molto nascosta, un dolore che è umano e dell’umanità moderna sempre spinta nel freudiano tentativo di essere visti da genitori e da parenti eletti come stelle polari del propria vita e da cui si ricerca un affetto e un riconoscimento che, molto spesso, non si otterrà mai, dimenticando che anche queste persone sono esseri umani feriti a loro volta e bisognosi di carezze e cure, malgrado l’apparenza.
Perché consigliare, allora, la lettura di un testo freddo come il ghiaccio eterno del nord (quando ancora era eterno) e così incisivo e doloroso? Le risposte sono molte. Eredità ha una bellezza tragica che vale sicuramente la pena di leggere sia per lo stile di Hijort sia per la particolarità di questo scritto. Eredità è anche un invito, ora che questa quarantena è terminata e che il nostro mondo si affaccia su nuove realtà, a riuscire a leggersi dentro a dare una voce ai propri pensieri e a trovare conforto. O un nuovo modo di vivere.