Nell’ambito di Bookcity, la grande rassegna letteraria ed editoriale che nel fine settimana del 21-24 novembre ha animato la città di Milano, particolare spicco ha avuto il ciclo Assaggi di Women for Expo, progetto di Expo 2015 in collaborazione con Ministero degli Affari Esteri e fondazione Mondadori, finalizzato alla nascita di un network di donne di tutto il mondo sul tema dell’alleanza tra cibo e cultura.
L’Agorà, l’avveniristico “pagliaio” di Expo Milano 2015 ideato da Michele De Lucchi e allestito nel Cortile delle Armi del Castello Sforzesco, in tre giorni ha accolto ben 23 conversazioni con scrittrici, giornaliste, attrici, storiche, fotografe che ci hanno regalato i loro pensieri e hanno voluto condividere le ricette della loro vita, cibo, non solo per lo stomaco, ma anche per la mente e per l’anima.
Il sabato 23 scorso, in una Milano dalle temperature polari, ci siamo fatti scaldare il cuore e lo stomaco dai racconti e dagli assaggi culinari di cinque donne straordinarie. Donne molto diverse per personalità e professione ma che, in pieno spirito del progetto, hanno fatto rete creando una bellissima armonia di intenti.
La partenza è stata con una grande sportiva, Josefa Idem. Campionessa olimpionica plurimedagliata, donna delle vittorie, Josefa ha iniziato parlando delle sue “apparenti” sconfitte. “Fare la ministra è stato il più bel lavoro della mia vita, ma continuerò a star bene anche in salopette, con il cappello di paglia in testa e a fare le marmellate”, scrive nel suo libro- autobiografia “Partiamo dalla fine” (Ed. Mondadori) e con grande saggezza ci dice che “per star bene nella vita occorre non identificarsi con un ruolo, ma recitarlo, bisogna avere la patria dentro a se stessi e un luogo interiore in cui tornare, vivendo le melodie della vita”. Colpiscono la sua forza e la sua serenità d’animo, e la sua tempra da combattente prende la scena quando parla di lotta alle “quote celesti”, come lei le chiama in maniera provocatoria, e propone un premio per ogni donna: “bisognerebbe dare un premio alle donne che devono lavorare e sottostare ai tempi ed alle esigenze di un datore di lavoro; io potevo organizzarmi negli allenamenti, fare ciò che volevo e se vincevo mi mettevano pure su un podio”.
Ci scalda il ricordo affettuoso e nostalgico del brodo miracoloso della suocera Anna che, con grandissima cura e amore, rovesciava piano piano la pentola per togliere il grasso della carne e offrire una cucina più sana possibile. “Io sarei stata sotto la pentola con il pane a raccogliere il grasso che colava” confessa Lella Costa che con la sua consueta effervescenza prende il testimone. Attrice, doppiatrice e scrittrice di successo ha da poco pubblicato il saggio sull’ironia “Come una specie di sorriso”(Ed. Piemme) e con lei sul palco l’ironia non manca. Ci parla di ossessione femminile per la bellezza, della sua sorellanza elettiva con Santippe, moglie di un fin troppo maieutico Socrate, dei nuovi improbabili menù dei ristoranti, ma ci dice anche del grande talento per la vita delle donne “conquistato o innato, guadagnato o subito, ma indispensabile per il pianeta” e del “necessario cambiamento di prospettiva” che le donne possono offrire.
Della grande capacità delle donne, fin dalle origini, ci racconta anche Eva Cantarella, grandissima studiosa dell’antico e scrittrice. “ Le donne hanno inventato l’agricoltura soppiantando un’alimentazione basata esclusivamente sulla carne, hanno prodotto i primi veleni e i primi medicinali”. Eva Cantarella ha la straordinaria abilità di rendere vivo il passato, narrandolo in maniera assolutamente contemporanea e totalmente rapiti ascoltiamo che i primi chef dell’antichità erano greci o siciliani della Magna Grecia, degli elementi di rottura e continuità della cucina antica con quella moderna, del pullulare di osterie e botteghe nella vecchia Pompei “Pompei è viva” (Ed. Feltrinelli).
Prima di lei sul palco la giovane scrittrice Silvia Avallone che, dopo lo straordinario successo del suo romanzo d’esordio “Acciaio” (Ed. Rizzoli), è nelle librerie con il nuovo romanzo “Marina bellezza”, (sempre Rizzoli) e ci racconta con energia e determinazione della nascita dei suoi personaggi. Eroi epici in una provincia che ha il sapore del “far west di Sergio Leone” che vanno letteralmente a conquistarsi il futuro, inventandosi una nuova Italia e riappropriandosi con coraggio dei vecchi mestieri. E’ così che fa Andrea, il protagonista, che lasciando il posto da bibliotecario precario diventa pastore transumante. Cresciuto in una famiglia alto borghese e perbenista, comunica la sua decisione ad un pranzo familiare domenicale che, in un trionfo di polenta, spezzatino e bonnet, si trasforma in un vero e proprio inferno di tensioni e ipocrisie.
A chiudere la maratona del sabato mattina, Daniela Hamaui, giornalista e direttore editoriale di “D” di Repubblica e donna dalle scelte coraggiose e innovative. “Quando sedici anni fa ho fatto “D” in mezzo ai servizi fotografici c’erano anche articoli molto duri sui bambini soldato o la fame nel
mondo perché penso che le donne amino sapere quello che accade loro vicino, nella loro famiglia, ma anche il lontano. Se tu dai alle donne gli strumenti giusti per capire, con loro puoi parlare di tutto”. Con il racconto della sua professione Daniela Hamaui ci dà un grande esempio di coraggio e apertura al cambiamento e ci intenerisce quando parla della cucina mediorientale della madre e della sua condizione di privilegiata per essere cresciuta nella cura e nel rispetto del cibo e dell’alimentazione“ho mangiato la mia prima merendina confezionata quando sono diventata maggiorenne perché in casa c’erano solo torte fatte in casa, marmellate fatte in casa, cose sulle quali mi madre metteva tutto il suo amore”. Si fa portavoce di una straordinaria ricchezza culturale e umana e ci propone per l’assaggio uno squisito hummus di ceci che ci porta a sapori lontane.
Il ciclo di incontri della mattinata di Assaggi di Women for Expo si è chiuso. Ancora oggi siamo sazi nel corpo e nell’anima.