Diva futura – Fabio Viola

Titolo: Diva Futura
Autore: Fabio Viola
Data di pubbl.: 2014
Casa Editrice: Indiana
Genere: Romanzo
Pagine: 144
Prezzo: 9,5

“Ragazzo, te lo dico perchè lo so con certezza. È difficile amare qualcuno per cui non si provi un po’ di pena. L’amore contempla anche quello” (p. 118)

Una donna giapponese di più di quarantanni e il suo fidanzato italiano che lavora come insegnante ad Osaka sono i protagonisti di questo breve romanzo. Lei è un’impiegata con una passione forte per la musica; canta in un piccolo gruppo “jazz”, ma il suo sogno sarebbe quello di diventare una pop-star internazionale. Lui è il classico italiano che ha lasciato frustrato il suo Paese di origine con la sperenza di non farci più ritorno, non tanto per ragioni serie o familiari, quanto per un generale senso di sconforto. Maki, con nome artistico di Maky, ha girato qualche video musicale pubblicato su YouTube, e insiste con il suo fidanzato per tornare in Italia e tentare la sorte. Lui, primo a non crederci sia nel sogno di Maki, tantomeno nella possibilità di avere una speranza in Italia, per non rischiare di perderla, asseconda ogni suo gesto, ogni suo tentativo (anche stupido) di ambire al successo.

Così inizia il viaggio dal Giappone prima verso Roma, dove Maky viene presa come cantante di uno sconosciuto gruppo ragge  e successivamente  Milano, che diventa palcoscenico di teatrini squallidi prima in uno strip-club e poi alle audizioni di The Voice, dove la cantante viene invitata a lasciar perdere. Ma è proprio durante il primo ed unico “concerto” nel locale a luci rosse, che un manager giapponese del mondo dello spettacolo intuisce le potenzialità più di immagine che canore di Maki e da quel momento il sogno potrebbe diventare realtà… tornando però nel mondo del sollevante.

Nel romanzo, semplice per contenuti, trama e dialoghi, emergono gli aspetti caratteristici della cultura giapponese ed italiana: da una parte l’impegno smisurato per raggiungere gli obiettivi, la testardaggine ostinata verso qualcosa di fortemente ambizioso, le decisioni secche e difficili da cambiare: dall’altra il senso di rassegnazione se la strada si fa “in salita” fin dall’inizio, il valore delle relazioni dove non importa quanto uno sappia fare, ma quanto uno conosca (gente o mezzi) per arrivare al successo e la scaltrezza di non espoersi mai, ma di stare tra il nero ed il bianco, in modo da essere flessibili se le cose dovessero andare in un modo diverso da quello pensato.

“La musica non esiste. Non c’è più questa cosa sociale e culturale che tu dici musica e la gente annuisce. È un fatto privato e per pochi; è per gente che la segue in segreto, magari anche con passione ma con il terrore che gli si tolga l’esclusiva. Non pensate più alla musica, questo è il mio consiglio” (p. 52)

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