Autore: Biondillo Gianni
Casa Editrice: Guanda editore
Genere: giallo
Pagine: 191
Prezzo: 14.50 €
Parlare della crisi economica si può fare in vari modi, con drammatici articoli di cronaca o con impersonali saggi di economia. Ma si può anche cercare di capirla guardando dentro i pensieri di chi questa crisi la sta subendo: è ciò che fa Biondillo attraverso Giovanni, sceneggiatore, stritolato dai problemi e da persone prive di scrupoli che da essi traggono vantaggi. Egli infatti riceve una cartella esattoriale, alla quale reagisce secondo la propria morale.
“Forse un altro ci avrebbe fatto una risata e tutto si sarebbe risolto con una scrollata di spalle. Ma per Giovanni, ossessionato dai dettami morali del padre, duri e senza sconti, cresciuto nel cuore dell’etica protestante, era un segno del divino questo. Hai chiesto troppo, hai voluto uscire dal ruolo che il mondo aveva previsto per te…”(pag. 63).
Sulla vicenda tocca al commissario Ferraro indagare: torna in campo, in modo fortuito e rocambolesco, mentre è al mare a fare il bagno con la figlia. Incappa in una barca, vuota, con vestiti e un messaggio: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Non fate troppi pettegolezzi “. Sono le parole di Cesare Pavese, rivela Giulia al padre. A quel punto i due sono, loro malgrado, inevitabilmente coinvolti e lei, adolescente, sorprende nell’affrontare lucida e sollecita una situazione dura: con il suo comportamento e le sue parole si rivela un appoggio fondamentale per la comprensione della vicenda. Dal canto suo l’investigatore vive un sempre ambivalente rapporto con ciò che gli succede: un po’ curioso, piedipiatti, un po’ scocciato dagli eventi che gli capitano. Una lettura amara e realistica in buona parte, con un’invenzione giallistica ad effetto al suo interno.
Biondillo, con lo stile diretto e coinvolgente che lo caratterizza, ci parla anche di adolescenza e della quotidianità di un rapporto familiare spezzettato e a tratti doloroso, le cui vicende si snodano mentre prosegue la storia di un dramma: “Com’era bello questo cicaleggio senza meta, questo perdersi nella chiacchiera, come era felice Ferraro di riuscire ancora a ridere con la figlia, timoroso che da un momento all’altro iniziasse a chiudersi, a deprimersi, a guardarlo torvo, come è di default a quell’età(…)” (pag.139).
Da leggere perché Cronaca di un suicidio è un libro che parla dell’oggi dal dentro, che non ha bisogno di toni lamentosi, di appelli o anatemi per evidenziare alcuni limiti del nostro sistema, ma fa giungere chiaro il messaggio sulle conseguenze della disperazione.