Autore: Gombrowicz Witold
Data di pubbl.: 2017
Casa Editrice: Il Saggiatore
Genere: Romanzo
Traduttore: Vera Verdiani
Pagine: 224
Prezzo: 24 €
“Cosmo” deriva dalla parola greca che significa “ordine, armonia”. Tutto il contrario della situazione in cui si trovano i due giovani protagonisti, Witold e Fuks, che si rifugiano lontano dalla città e dai rispettivi problemi (per il narratore la famiglia, per Fuks il capoufficio) affittando una camera in un luogo fin da subito denso di misteri. Ancora prima di entrare, si trovano una scena orribile davanti agli occhi: un passero impiccato a un fil di ferro agganciato a un ramo. Chi potrebbe macchiarsi di un delitto così insensato? A quale scopo? Colpiti da tanta crudeltà, i due stravaganti affittuari cominciano a guardarsi intorno, alla ricerca di indizi o di possibili collegamenti. La pensioncina è modesta, la famiglia che vi abita sembra tranquilla, ma nei gesti quotidiani tradisce una certa impazienza. La fissazione dei due giovani li rende attenti al minimo segno, alle linee immaginarie che uniscono certi punti, a oggetti inutili buttati a caso ma che improvvisamente acquistano un nuovo significato, per chi sa osservare e per chi sa associare. Quando compare un elemento incompatibile con le loro teorie del tutto arbitrarie, ecco che, più che il cosmo, si affaccia con prepotenza sempre maggiore il caos.
A questo si aggiunge un altro aspetto. Nel sistema chiuso della pensione, il contrasto fra Katasia, quarantenne con le labbra deturpate da un incidente, e la bella Lena dalla boccuccia delicata, genera un sottile gioco di rimandi che fa nascere un erotismo nascosto e morboso, senza alcuna possibilità di esprimersi alla luce del sole ma che trova una via sotterranea. E ancora non abbiamo presentato la variabile impazzita che si scatena a un certo punto. Leon, il padre di Lena, si comporta in modo sospetto e parla in un modo altrettanto sospetto, con il suo perfido tirirì fischiettato a più riprese. Quando l’allegra comitiva decide di partire per una gita in montagna, pur di allontanarsi dal clima ormai diventato soffocante della pensioncina, la follia di Leon si manifesta apertamente.
«E all’improvviso, ecco risuonare: “Berg!”. […] “Come?” “Berg!” “Cosa, berg?” “Berg!” “Ah già, aveva accennato a due ebrei… a una barzelletta sugli ebrei”. “Macché barzelletta sugli ebrei! Bergamento col berg nel berg – capisce? – Bembergamento col bemberg… Tirirì»
Parola inventata di sana pianta, buona per tutti gli usi, il berg di Leon si carica di una forza (erotica) repressa che non lascia presagire niente di buono, una porta d’accesso in più al caos che si profila all’orizzonte. L’universo di Witold resta così inafferrabile, incomprensibile e destinato all’assenza di senso.
Un libro perturbante, Cosmo, l’ultimo scritto dal grande autore polacco, nel 1965, che il Saggiatore ripropone in una nuova traduzione che restituisce brillantezza a una lingua capace di scardinare il mondo così come lo conosciamo. Come avviene in altri grandi libri del Novecento, l’improbabile indagine non conduce a niente, se non a un finale incapace di risolvere la situazione. Si torna daccapo, al punto di partenza, dove, per riprendere le parole di Michele Mari, la vita continua, regolare, spietata.