Autore: Jess-Cooke Carolyn
Data di pubbl.: 2012
Casa Editrice: Longanesi
Genere: Romanzo
Pagine: 480
Prezzo: 17.60
Alex ha dieci anni e vive a Belfast. E’ un bambino molto intelligente, con una fluente proprietà linguistica, straordinaria per la sua età: un bambino molto dotato, si direbbe. Ma la sua dote principale, in realtà, è decisamente singolare: vede i demoni. Ruen è il demone che, sotto diverse forme, gli si manifesta: amico in molte occasioni, ma quasi mai rassicurante, è capace di violenza e, soprattutto, ha una grande influenza sul bambino. Ruen è inquietante e pericoloso, ma per Alex è una compagnia, un amico immaginario come spesso ne creano i bambini, specie i più sensibili e solitari: “la cosa che volevo di più al mondo era un amico” (p. 14), ci confida il protagonista.
Alex vive in un quartiere povero, solo con la giovane e fragile madre: quando la donna tenta nuovamente il suicidio, il bambino viene affidato ai servizi sociali e fa la conoscenza di Anya, una psichiatra segnata profondamente dalla morte della figlia. In Alex, Anya ritrova molto della sua piccola Poppy e soprattutto riconosce gli stessi sintomi di una tremenda malattia, la schizofrenia: aiutare il bimbo diventa vitale per la donna, anche perché forse la aiuterà a placare il terribile senso di colpa con il quale è costretta a vivere.
I due diventano amici, ed entrambi trovano nell’altro la forza per riuscire a fare i conti con il proprio passato: Anya con la malattia e la morte della figlia, Alex con la misteriosa scomparsa del padre, trauma che ha inciso profondamente su di lui: “Ruen e i suoi amici” racconta Alex “li ho conosciuti cinque anni, cinque mesi e sei giorni fa. Quella mattina la mamma disse che papà se ne era andato.” (p.13)
Qualcuno, però, lotta con tutte le forze contro la serenità di Alex: è Ruen, ben deciso a non scomparire e a sedimentare la sua influenza, chiedendo ad Alex di fare una cosa pericolosa, una cosa molto cattiva.
A cavallo tra il paranormale e il thriller psicologico, il romanzo non prende mai una direzione precisa e l’autrice preferisce lasciare un finale aperto all’interpretazione del lettore. Carolyn Jess-Cooke, infatti, affronta uno dei più grandi dubbi dell’uomo: il confine tra realtà e malattia, tra psicologia e fede, e lo fa senza dare una risposta definitiva. L’oscurità non viene mai del tutto chiarita, e il mistero aleggia fin nelle ultime pagine: come può Ruen conoscere tutti quei dettagli della vita di Anya? E chi è il bizzarro vecchietto che la donna vede (o crede di vedere) alla scuola di musica?
Mistero, dubbio, curiosità: sono queste le sensazioni che accompagnano il lettore e che lo invogliano a voltare pagina, a scoprire cosa succede nel capitolo successivo… ma non si tratta solo di mistero: l’autrice è capace di suscitare istinto di protezione e grande empatia verso il piccolo Alex e la sfortunata Anya. Due personaggi fragili ma nel contempo determinati, ai quali ci si affeziona e per i quali “si fa il tifo”, desiderando che riescano a scacciare i propri demoni, di qualunque natura essi siano.
Cose che il buio mi dice è un romanzo interessante che indaga sulla forza della paura e delle colpe e di come queste sensazioni possano influenzarci a tal punto da determinare la nostra identità. Nonostante i temi difficili e i dubbi che mi ha lasciato, e sebbene trovi che quella di lasciare il finale aperto sia una scelta azzardata per un autore, mi ha colpito e affascinato fino all’ultima pagina.