Per capire cos’è BookCity Milano, è forse meglio partire da ciò che non vuole essere. Bookcity Milano non è un festival letterario in competizione con Mantova, Pordenone o Pisa. Allo stesso tempo, BookCity Milano non è una fiera come “Il salone del libro” di Torino o la “Book Fair” di Francoforte. BookCity Milano è prima di tutto un’idea di urbanistica sociale che cerca di sensibilizzare alla lettura passando attraverso gli edifici, pubblici e privati, della città. Proprio per questo, pur partendo da Milano, capitale italiana dell’editoria, vuole proporsi come modello da esportare in ogni piccolo, medio o grande centro italiano che accolga l’idea con passione.
L’evento diventa così la celebrazione di quelli che Castells chiama “space of flows” (flussi globalizzati di persone, idee, artefatti) attraverso l’esaltazione degli “space of places” (le strutture fisiche vere e proprie), primo fra tutti il Castello Sforzesco, pensato come recinto magico, cuore della manifestazione, in grado di dare visibilità a tutti gli altri eventi della città attraverso il suo battito. Di fatto, è proprio nella città, nei suoi vicoli, nelle sedi delle istituzioni culturali che BookCity Milano vuole trovare la sua forza ed originalità, trasformando la funzionalità dell’edificio in una vocazione. Così, solo per citarne alcuni, l’Ospedale Maggiore Cagranda ospiterà la presentazione di libri legati alla salute del corpo e della mente, mentre il Politecnico Bovisa diverrà per tre giorni un polo dedicato all’architettura.
Il libro, la letteratura, l’editoria, si arricchiscono così di significati spesso trascurati, in tre giornate dedicate alla riflessione e al coinvolgimento, piuttosto che al semplice rapporto economico tra venditore e compratore. A dimostrazione di ciò, l’entusiasmo con il quale l’iniziativa è stata accolta, nonostante sia partita a livello organizzativo solamente il 10 settembre. In poco tempo il programma si è arricchito permettendo a chiunque volesse farne parte di portare sul palcoscenico urbano idee, sedi, racconti.
In un momento di crisi economica e valoriale, la celebrazione della lettura (intesa in modo poliedrico, come lettura dell’arte, dell’architettura, del libro, della società) è un modo per fermarsi e riflettere su come uscirne, trasformando la crisi stessa, come l’etimologia vuole, in una rinascita, proprio come accadde con l’Umanesimo dopo il Medioevo. In un periodo di austerità forzata, il modello proposto è anche paradigmatico di una possibile collaborazione tra pubblico, privato e cittadino. Il primo, mettendo le proprie sedi e il proprio staff a disposizione, il secondo sostenendo economicamente l’evento, il terzo attraverso la partecipazione e il volontariato (dato da sottolineare, circa trecento persone hanno dato la propria disponibilità). La forza di BookCity sta quindi nelle sue identità plurime, sta nel nudismo con il quale vuole lasciarsi scoprire dai cittadini, troppo spesso costretti dagli sfrenati ritmi postmoderni a riposare nel silenzio delle loro alcove.
Sta a noi tutti quindi, far vivere, rivivere e sopravvivere queste tre meravigliose giornate.
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Si ringrazia Maria Canella per l’intervista che ha ispirato l’articolo