
Autore: Mazzolari don Primo
Data di pubbl.: 2012
Casa Editrice: Chiarelettere Editore
Genere: Politica
Pagine: 100
Prezzo: 7
Riscoprire la passione politica, intesa come arte di governare nell’interesse dell’essere umano, è la provocazione morale e intellettuale che sottende a questo libello pubblicato da Chiarelettere. Si tratta di una selezione degli scritti politici di don Primo Mazzolari, sacerdote mantovano negli anni delle guerre mondiali: un prete scomodo, riabilitato da papa Giovanni XXIII, capace di parlare al cuore dei suoi parrocchiani, tra cui ci furono i miei nonni materni. Ne sentii parlare molto da bambina e riscoprire oggi il suo messaggio, quanto mai attuale, è indubbiamente motivo di emozione e riflessione. Dice don Vittorio Colmegna nell’introduzione che i suoi scritti “parlano della Chiesa di oggi, la sollecitano a essere profetica, radicata nel Vangelo di Gesù, promotrice di una testimonianza di vita sobria, semplice, ispirata al Vangelo delle Beatitudini(…); sollecitano a un impegno politico che non mette tra parentesi le motivazioni valoriali, che parte proprio da quella passione (p. IX). Infatti più ci addentriamo nei suoi scritti, più cogliamo una densità e molteplicità di esortazioni ai cristiani e a tutti gli uomini di allora, che sembrano scritte per noi oggi. Don Mazzolari parla soprattutto ai giovani, allora devastati da una guerra sanguinosa e brutale, per esortarli al cambiamento, mettendo sempre al centro il progresso e il benessere spirituale ma anche necessariamente materiale degli esseri umani.
La democrazia vuol dire non soltanto le “banche sicure, le strade sicure, ma anche il pane, anche la giustizia, anche il lavoro sicuro. Vuol dire far lavorare e avere voglia di lavorare per non essere a carico di nessuno, finché ci possiamo provvedere da noi” (p9): sono parole che oggi rappresentano ancora un’esortazione a recuperare il senso del vivere in società e del contribuire ad accrescerne i valori.
In questo quadro gli uomini politici dovrebbero essere se non poveri, quantomeno distaccati…
Purtroppo la sfiducia che consegue a situazioni di guerra, di corruzione porta ad un pericoloso disimpegno: per non farsi comandare da nessuno si finisce per farsi comandare da tutti. Le parole di don Primo sono forti e invitano i giovani al contrario a vedere nella politica lo strumento per cambiare la società e per affrontare i problemi dell’uomo.
Per fare questo occorre sviluppare una “tolleranza virtuosa”, contraria sia all’aggressività, sia all’indifferenza. Essa, muovendosi sui cardini della fede e dell’amore illuminato, non deve rinnegare nessun impegno né spegnere alcun ardore (p46). Questo significa allontanarsi dall’aggressività da una parte e dall’indifferenza dall’altra per coltivare una virtù, quella della tolleranza appunto, che viene vista purtroppo, nel pensare comune, con diffidenza, quasi che fosse qualcosa di negativo, che spegne aspirazioni e impedisce di raggiungere obiettivi.
Non è così: il messaggio importante secondo don Primo è che il pluralismo è un valore e nella diversità ci si può accordare sul bene del paese.
Da ultimo un monito: “Non ci sono conquiste definitive né per l’individuo né per la comunità. Se non ci si sorveglia si torna da capo…” (p48)