Autore: Hans Tuzzi
Casa Editrice: Bollati Boringhieri
Genere: giallo
Pagine: 146
Prezzo: 12.90 €
Scorre lento il giovedì del vicequestore Norberto Melis, a Napoli per un convegno del ministero, durante il quale, nel pomeriggio, neppure il relatore riesce a sfuggire all’abbiocco. Questo giovedì del giugno 1982 apre una tre giorni napoletana che da convegno si trasforma in breve vacanza per Melis e per il “bello di via Fatebenefratelli”, Massimo D’Aiuto, che l’accompagna. Ma il convegno diventa ben presto coinvolgimento in un’indagine, dapprima di presunto incidente e poi di omicidio.
Colpisce, in questo libro di Hans Tuzzi, pseudonimo che lo scrittore e saggista milanese Adriano Bon prende assumendo il nome di un personaggio, Tuzzi appunto, proprio lo scorrere dei tre giorni che prende il ritmo di un’indagine.
Lento, appunto il giovedì, culmina con la cena nella villa di “Sua Eccellenza Lecaldano”, l’ex questore che apre la sua residenza sulla Costiera a quei personaggi che daranno poi corpo e movimento alla storia. Cena infarcita di rimandi, nelle parole degli invitati, alla cultura classica, alla letteratura, a citazioni e che si conclude con la notizia del ritrovamento del cadavere di un turista. Costui poche ore prima aveva acquistato dal celebre e anziano pianista Benatof, che non disdegna i bei ragazzi e non ne fa mistero, lettere di un carteggio finora rimasto segreto, ma che tutti pensano stia per essere reso pubblico per motivi economici. Inoltre potrebbe nascondere intimità e segreti anche infamanti. Proprio in quelle lettere, scomparse al rinvenimento del cadavere apparentemente colpito da infarto, in un lussuoso hotel, sta, è chiaro, l’enigma da svelare. Tanto più quando quell’apparente malore si rivela essere un omicidio.
Ma se il giovedì passa lento, ancor più lento se si pensa che la scena si svolge partendo dal pomeriggio, il venerdì scorre veloce e ritmato. I colpi di scena, sempre narrati come se non capitassero all’improvviso, ma fossero accompagnati dall’incedere del sole napoletano e dei movimenti sempre misurati dei protagonisti, si uniscono a una descrizione dell’ambiente e del paesaggio che sembra creare un quadro sulle pagine di questo romanzo, originariamente pubblicato nel 2005 dalle Edizioni Sylvestre Bonnard in “Tre delitti un’estate”.
E il sabato, al termine del quale si preparano le valigie per tornare a Milano, ha la brevità che è dovuta alla soluzione del giallo. Inaspettata. E che, si capisce, si risolverà come sembra quasi naturale e scontato debba risolversi. Forse.
Ogni giornata dà il titolo a ciascuno dei tre capitoli che scandiscono l’incedere di Casta Diva. E’ il tema della “Norma” di Bellini intonata alla fine del libro, ma anche collegata alla divina cantante Frida Dechend, ormai anziana ma sempre vitale come lo è stato il suo canto, che sovrasta la villa teatro del racconto. Chiamata con il nome della dea romana del silenzio, Angerona, ritenuta protettrice degli amori segreti (e di segreti in Casta Diva ce ne sono) e guaritrice delle malattie cardiache (infatti la prima morte inizialmente viene attribuita ad un infarto).
Ogni giornata si apre con un riferimento al sonno, alla stanchezza o al risveglio, quest’ultimo, il venerdì e il sabato, nel pieno dell’indagine su una morte che presto sarà seguita da un’altra e nella risoluzione del caso, sempre più presto.
C’è una frase, a pagina 69, che, a lettura ultimata, sembra racchiudere un po’ tutto il libro: “Ogni oggetto una storia, probabilmente. Tra meraviglia e nostalgia”. Si riferisce alla casa dei due artisti, Benatof e la Dechend, che condividono gli stessi spazi senza alcun legame se non quello della musica. Ma sembra davvero riferirsi a ogni pagina di Casta Diva, perché ogni pagina, con il suo incedere che accelera ma non va mai di corsa, offre sempre un particolare in più che non è tanto indizio, quanto descrizione. E che, dunque, diventa esso stesso storia.