Pagine: 225
Prezzo: 18 euro
Kurt O’Reilly sta attraversando un periodo, tre mesi e mezzo per l’esattezza, di incredibile, straordinaria e inspiegabile fortuna. Le macchioline nell’occhio sinistro, sintomo di un rarissimo e mortale tumore, per lui restano solo macchioline poiché cade in quel fatato quattro per cento di casi in cui quel particolare tumore non si manifesterà mai. Il suo consulente finanziario investe i soldi di Kurt in azioni spazzatura e Kurt ci guadagna. I tassisti londinesi fanno a gara per regalargli viaggi gratis. Scampa in modo sorprendente fino al miracoloso a un colpo di fucile esploso da un tiratore scelto delle SAS. E potremmo continuare per un pezzo se non fosse che il nostro protagonista, lungi dall’essere felice di quanto gli accade, non smette di chiedersi perché? Da quale complotto cosmico deriva tanta fortuna e cosa si nasconde dietro la benevolenza che gli dei o il destino o il karma hanno deciso di riversare su di lui?
“Il punto era che le disgrazie capitavano regolarmente a qualcun altro. Tanto che sempre più spesso, rannicchiato alla fine del giorno nel tepore confortevole del mio letto, mi capitava di chiedermi come avessi fatto a evitare di nuovo le migliaia di sventure che sembravano colpire chiunque tranne me. Era senso di colpa il mio?”
Gli amici lo accusano di essere diventato paranoico. Gli ingiungono di ringraziare un Dio lontano e gentile, di godersi un periodo che tutti vorrebbero avere, ma Kurt resiste. Chiede. Si informa presso i professionisti più disparati per capire come liberarsi da quella che lui considera una maledizione. Di mestiere è un esperto di statistica, lavora per un’azienda governativa e sa per esperienza che gli eventi che gli accadono nella positiva sequenza sfrenata in cui si manifestano sono fuori da qualsiasi logica e possibilità. Non sarà il caso di immaginare che da qualche parte, nella metropoli londinese, esista un individuo a cui tutto, ma proprio tutto, va storto? D’altro canto il karma deve trovare un equilibrio e Kurt il suo antagonista, se così lo si può chiamare, per spezzare la sequenza di eventi e tornare alla normalità. Per giunta, si dice, se a un uomo togli il rischio la sua vita diventa piatta e noiosa. Svegliarsi ogni mattina sapendo che tutto sarà perfetto non è una benedizione!
Su questo stravagante assunto Fabio Bacà costruisce un romanzo esilarante, colto, sebbene a tratti la sua scrittura risulti un filo autocompiaciuta, di grande ricchezza lessicale e strampalati elenchi statistici da non tenere in considerazione perché inventati di sana pianta, ma decisamente geniali. Moderno Ulisse Joyciano si immerge in una Londra caotica e tentacolare alla ricerca del suo oscuro alter ego che alla fine troverà, ma di questo nulla possiamo dire.
Vittima e schiavo del suo telefonino, non lesina pungenti commenti a questo oggetto di cui ormai nessuno di noi riesce a fare a meno:
“L’intera popolazione occidentale sembrava aver insignito il proprio cellulare della sacralità di cui un viaggiatore medioevale investiva il crocifisso di legno al collo. Era preoccupante. Nel lungo termine, quali conseguenze avrebbe avuto la sovraesposizione a un numero colossale di informazioni false, non verificate o di incerta rilevanza?”
La risposta, ahimè, è sotto gli occhi di tutti con la storia di Cambridge Analytica e non solo.
C’è infine da aggiungere che Kurt ha una moglie, Liz, scrittrice di chiara fama con un singolare difetto: è incapace di dare profondità psicologica ai propri personaggi o almeno di questo l’accusano i suoi editor. Per risolvere la situazione, Liz è diventata bravissima a intrufolarsi, travestita per l’occasione, nei luoghi e nei ruoli più disparati al fine di carpire a vari professionisti le loro peculiarità psicologiche. I dialoghi fra Liz e Kurt, coinvolto come attore nei siparietti allestiti dalla moglie, sono a dir poco sorprendenti e fanno da divertente corollario a un libro che merita di essere letto.