Autore: Veronesi Sandro
Genere: Raccolta di racconti
Pagine: 205
Prezzo: 13.00 €
Il primo racconto della raccolta, quello che come ha affermato lo stesso Veronesi ha costituito la molla per raccogliere e scrivere queste storie, è il tentativo di trasformare in letteratura un’esperienza tra le più drammatiche che si possano vivere. E’ il più doloroso e duro per il lettore, intitolato “Profezia” e dà questo nome alla coscienza di tutto ciò che ci aspetta, che è inevitabile, che ci sembra di conoscere e in realtà non sappiamo controllare. Un flusso di coscienza al futuro in cui lo scrittore, alle prese con il male incurabile del padre e le cure che ne conseguono, si rivolge a se stesso e non tralascia alcuna sensazione: le scandaglia tutte per arrivare in fondo alla sofferenza, scuotendo dall’interno le nostre convinzioni, le nostre coscienze e le nostre emozioni. La trasformazione è riuscita perfettamente: leggere queste pagine significa accedere ad una vicenda personalissima che diventa universale.
“Sotto il sole ai Campi Elisi” invece si trova al centro della raccolta ed è fortemente suggestivo. Parla di scrittori alle prese con eroi negativi, con una perfetta coincidenza letteratura-vita, sullo sfondo di una Parigi bohemienne e crepuscolare. Un decadentismo del 2000 ben padroneggiato, in cui il lettore si immerge, che rappresenta la cifra di tutte le altre vicende racchiuse nel libro.
Non a caso uno dei protagonisti si chiama Svevo e tutto in lui denota il carattere dell’anti-eroe: “Così quella mattina, tutto ciò che c’era di umano dentro l’appartamento di Svevo emanava stanchezza. Sugli specchi, dentro l’armadio o nel bagno, vedevo me stesso incapace di reagire agli stimoli dell’acqua gelida, alle vampate di lozione dopobarba o alle carezze del vestito buono” ( p86)
In tutto sono quattordici storie di uomini in crisi con se stessi e con un mondo percepito come ostile: personaggi dalle età e dalle situazioni differenti e variegate, ma accomunati da un rapporto conflittuale con la vita. Si muovono all’interno di rapporti umani falsi o aridi con un’incomunicabilità di fondo con se stessi e con gli altri, simboleggiata talora da uno spazio vuoto attorno a sé ”A me questo spazio non serve, mi bastano il letto e un bel portacenere, più il gioco delle freccette per passare il tempo” (p107)
Vivono esperienze forti più o meno macabre e crudeli, ma sempre mortifere. Il pretesto può essere un’esperienza, un oggetto (come le scarpe), una telefonata (elemento che ricorre più volte, in maniera quasi ossessiva) ma in queste vicende non c’è mai una soluzione, la soluzione è impossibile perché ogni risposta è negata all’uomo, che vive in continua ricerca.
Si arriva in un attimo, in una lettura vorticosa, all’ultima storia di questa raccolta “Baci scagliati altrove”, che ne racchiude molti degli elementi ricorrenti e contraddittori: la funzione eternatrice della poesia ma la sostanziale povertà economica dei letterati, la ricchezza che non dà la felicità, la teatralità della nostra esperienza, simboleggiata dalla scena finale che qui non posso descrivere.
La scelta del titolo è emblematica: il bacio e la tenerezza sono allontanate da sé con un gesto violento. Non c’è spazio per uno scambio o una dolce intimità. La narrazione di Veronesi spazia dalla prima alla terza persona, sempre però focalizzandosi sui protagonisti, e attraverso periodi avvolgenti e sinuosi ci spinge a seguire i percorsi accidentati nell’anima dei suoi personaggi.
Il libro è stato uno dei finalisti del Premio Chiara 2012, classificandosi secondo.